Il mistero vittoriano del piccione con la noce incorporata

Chimera: una creatura nata dall’unione, spesso innaturale, tra due esseri o entità distinte, per l’effetto dell’interazione tra le forze magiche dalle inumane circostanze. Belva che domina i boschi, remoti picchi, la savana, ma talvolta anche il pollaio, come nel caso della viverna, creatura leggendaria nata dall’uovo di un serpente che sia stato covato, accidentalmente, da un pollo. Ed è forse da considerare confinante a questo, il caso ad oggi poco noto di un uccello simile al piccione delle rocce (Columba livia) ma più grande e forte, il cui codice genetico sembrerebbe aver interagito in qualche modo imprevedibile con quello di una pianta. O per essere più precisi, il frutto assai particolare di quest’ultima, particolarmente noto per la notevole durezza del suo guscio, al punto da richiedere l’impiego di uno schiaccia-cose. Eppure ci fu un tempo, non così lontano, in cui simili esseri riuscivano letteralmente a dominare, con le loro prestazioni fisiche e mentali, l’intera scena assai competitiva degli uccelli cosiddetti portatori, ovvero creati dagli umani come antesignani del concetto post-moderno di un’e-mail. E in effetti “Attenzione, il messaggio fa riferimento a un allegato; verificare il suo corretto abbinamento” può rientrare già nel modus operandi di un perfetto meccanismo comunicativo, mantenuto funzionale sulle piume di un guerriero quale il mondo, prima, non aveva mai veduto solcare i cieli: l’English Carrier o per usare l’espressione maggiormente descrittiva, unico e solo uccello dotato del cosiddetto “becco di noce”.
Che poi potremmo anche chiamare, volendo, becco di cervello o a sbuffo, a meno di prendere ad esempio il famoso pesce d’aprile dell’unico canale di YouTube sull’argomento, in cui l’allevatore MelEngElis ha letteralmente scelto d’abbinare a incastro, almeno temporaneamente, il più famoso dei frutti secchi alla rilevante parte fisica dell’uccello. Creando una visione surreale i cui commenti sono stati, in modo scaltro ed arbitrario, interdetti. Laddove basta nei fatti prendersi il tempo di approfondire il suo canale, per trovare alcuni eccezionali esempi di questo prodotto raro ed altamente pregiato di allevamento, per trovare la cui origine è richiesto risalire, nella nostra trattazione, a quello che potremmo definire il naturalista più influente di tutti i tempi: Charles Darwin in persona. Le cui passioni personali, ancor prima d’intraprendere il viaggio esplorativo nonché esplorazione tassonomica con la nave della Royal Navy HMS Beagle, includevano l’allevamento, custodia e studio del piccione domestico, una delle creature le cui variazione indotte al codice genetico sembravano reagire maggiormente ai desideri e le particolari scelte degli umani. Così compare finalmente, tradotto in chiare e semplici parole, il concetto di questo essere surreale nel suo saggio del 1868, La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico scritto nella sua maturità e destinato ad ottenere, entro l’epoca immediatamente successiva, un successo assai maggiore del precedente ma “troppo ambizioso” e spesso “improbabile” Origine delle specie. Ove si parla, tra gli altri di un “Magnifico uccello, di grandi dimensioni, dalle piume corte e di colore scuro, dotato di un lungo collo e forte becco. La cui pelle caruncolata attorno agli occhi, le narici e sotto la mandibola, presenta uno sviluppo prodigioso.” Stiamo parlando, in altri termini, di null’altro che un ipertrofico bargiglio!

I piccioni portatori sono disponibili in molte colorazioni diverse, inclusa quella immediatamente riconoscibile delle stesse C. livia che giorno dopo giorno, sorvolano le nostre piazze e viali.

E sareste stati in effetti perdonati nel pensare che la strana “noce” dell’uccello fosse stata fin da subito un tratto determinante della razza, magari anche a discapito della buona salute e l’autosufficienza dell’uccello. Il che nei fatti, come sempre nella selezione artificiale non rientra neppure nell’equazione progettuale, benché nel presente caso almeno l’obiettivo di partenza si configurasse verso una visione molto più utilitaristica dell’intera faccenda: come creare, attraverso una ragionevole serie d’incroci, una creatura che potesse trasportare il sopracitato “allegato” alla sua zampa più lontano, e più velocemente, di qualsiasi altra. A tal fine e per quanto ci è dato di desumere, benché fonti storiografiche risultino singolarmente ardue da reperire, il Carrier Pigeon Inglese (da non confondere con il ben più semplice p. tras-portatore, mera definizione non circostanziale del qui presente obiettivo aviario) potrebbe derivare dall’unione dei tratti genetici dell’originale piccione delle rocce europee, oggi estinto, con razze di derivazione medio-orientale come il suo cugino persiano anche detto “Baghdad” o “Dragoon”. Varietà preliminari dell’odierno standard riconosciuto dall’Entente Européenne d’Aviculture et de Cuniculture (EE) nonché la National Pigeon Association (NPA) statunitense sono inoltre rintracciabili con interpretazione creativa già in testi del XVI e XVII secolo, benché sia ritenuto assai probabile che tali esemplari fossero ancora ben lontano dalla straordinaria resistenza e capacità di volo di un piccione con il becco a noce di epoca vittoriana. Come fin troppo spesso capita, tuttavia, il tratto maggiormente “distintivo” della razza finì presto per dominare i cataloghi ed incrementare il prezzo dei singoli esemplari, con la scena degli appassionati che già all’epoca di Darwin valutava e selezionava i singoli pennuti non più sulla base della loro prestanza fisica, bensì la grandezza dell’insolito ornamento sfoggiato sul becco. Il che avrebbe portato, attraverso le decadi, alla reinterpretazione della razza non più come uccello volatore, bensì una sorta di status symbol dell’allevatore, mantenuto al sicuro e negli agi della voliera ricevendo tutte quelle cure di cui ora, all’improvviso, sembrava avere imprescindibile necessità. Qualsiasi tratto anomalo ed imposto dagli umani del resto, vedi il muso accorciato di talune razze di cani o la corporazione tozza e poco agile dei gatti cosiddetti munchkin, comporta dei sacrifici mai desiderabili per la creatura oggetto della nostra ammirazione, prima tra tutti l’immediata e inevitabile dipendenza dal suo padrone. E così il moderno Carrier Pigeon, la cui noce appare straordinariamente sovradimensionata rispetto a quella originariamente nata come effetto collaterale degli incroci continuati fino all’epoca della Rivoluzione Industriale, può presentare una lunga serie di afflizioni di salute tra cui difficoltà respiratorie, per non parlare dell’occasionale difficoltà a nutrire i suoi stessi piccoli dato l’ingombro del surreale orpello. Il che non riesce a privarlo, del resto, di una conformazione fisica straordinariamente imponente (fino a 47 cm di lunghezza) e slanciata, capace di farne un volatore teorico di molte volte più prestante del suo punto di partenza naturale, così come un grosso levriero può agevolmente superare nella corsa i lupi per cacciare i quali, originariamente, era stato concepito. Pro e contro, punti forze e debolezze: i primi che connotano le seconde, e in qualche modo accentuano, fino al limite massimo, l’innato potenziale della natura.

Ancora oggi mantenuti in alta considerazione, nonché valutati cifre niente affatto indifferenti, questi piccioni tendono a restare sconosciuti fuori dall’ambiente professionale d’allevamento. Forse a causa di un fraintendimento in merito alla loro stessa raison d’être.

Sorpresa… Istintivo senso di repulsione, per una caratteristica fisica che appare in qualche modo strana ed innaturale, persino affine all’aspetto di talune malattie animali? Ogni preconcetto, in questo caso, andrebbe abbandonato. Poiché contrariamente a ciò che vuol dettarci l’istinto, il piccione con la noce fatta eccezione per l’assurda e letterale chimera di MelEngElis è un animale al 100% conforme allo scopo per il quale fu originariamente fatto nascere nella sua gabbia. Esattamente come qualsiasi altro appartenente alle nutrite schiere frutto dell’umana addomesticazione.
Incluso gatto (non certo un magnifico leopardo!) cane (poveri lupi “trasformati” in barboncini!) pesce rosso (MA una carpa è tutta un’altra cosa!) e canarino (piu…piu…più.)
Poiché nulla è più superfluo che il concetto, idealmente omni-pervasivo, del Bello. Che quasi sempre andrebbe subordinato, contrariamente all’usanza assai diffusa, all’odierna ed utile visione soggettiva del Piace.

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