L’aguzza punta della Torre Grigia appariva perennemente avvolta da una luce tenue, il mistico prodotto di migliaia di grimori accumulati nei secoli dagli stregoni di Alfheim. Le nubi convergevano su di essa, senza tuttavia riuscire mai ad avvolgerla, per l’energia creata dagli stessi antichi proprietari della biblioteca. Eppure forze di un diverso tipo, dotate di un volontà più forte, continuavano a scalarne le pareti: “Di nuovo, Bjørn il Barbuto? L’implacabile fame della tignola ha colpito ancora?” Alla luce della sfera fiammeggiante sulla spalla di Gorm, di due scrutarono la mensola ad altezza delle loro lunghe orecchie, contenente i volumi con le cronache della seconda Era. Con gesto titubante, colui che aveva parlato sollevò la copertina rilegata in pelle di basilisco, per scoprire il nugolo all’ombra del quale soggiaceva, minacciosamente, l’energia della Maledizione degli Insetti. “Sia dannata la sua anima, per molti secoli a venire!” Inveì il barbuto sapiente, agitando la sua bacchetta all’indirizzo immaginario dello spirito del vecchio Rettore, allontanato per aver praticato in gran segreto la negromanzia. “Per la sua vendetta e per quello che oggi, nonostante tutto, saremo costretti a fare.” Gorm, sapendo bene ciò di cui stava parlando il suo collega, annuì pensosamente, già chiudendo gli occhi mentre ricordava le parole della formula segreta per creare la vita. “E sia, SUM VATES: osso ad osso, sangue a sangue, membro a membro; così siano saldamente uniti. Senza coda egli provenga, dalla notte primordiale. Per proteggere il sapere dei viventi.” Asserragliate in un nugolo vibrante, le tarme svolazzarono da quelle pagine chiazzate, percependo il pericolo a cui stavano per andare incontro. In quel preciso istante, con le mani raccolte a coppa, Bjørn soffiò all’interno di esse. Dove prima non c’era nulla, un operoso demone muoveva i primi passi, ricoperto dalla schiera dei suoi piccoli, già pronti…
Osservando la forma dello pseudoscorpione per la prima volta, sarebbe in effetti lecito pensare di trovarsi innanzi ad un pericolo della natura: scintillante essere chitinoso, dalla forma che ricorda quella di una pera, le due chele mantenute in alto, pronte a colpire chiunque abbia l’arroganza di pararsi sul suo incedere d’aracnide predatore. Almeno finché, macrofotografia permettendo, non si arrivino a comprenderne le dimensioni: dai due agli otto millimetri, col caso estremo e tropicale di una specie solamente (Garypus titanius) che sia in grado di raggiungere il millimetro di lunghezza. Ciononostante, alle proporzioni del suo ambiente d’appartenenza, questo vicino parente di ragni, scorpioni e zecche risulta perfettamente capace d’imporsi contro un vasto ventaglio di creature, grazie alla rapidità maggiore alle aspettative ed il veleno prodotto da una ghiandola sotto le chele, capace di paralizzare le sue vittime per poi dissolverne lo scheletro, al fine d’iniziare la laboriosa digestione. Suddiviso in oltre 3.300 specie quindi, quest’ordine dal chiaro successo biologico ha da tempo immemore dominato gli spazi umidi del sottobosco, sotto le cortecce, nel cavo degli alberi, nelle caverne. Finché per puro caso o esercizio magico della Parola, non gli capitò di scoprire l’ambiente umano almeno in apparenza creato per il suo massimo beneficio: la biblioteca. Ricca di quei tomi, e delle tarme che li abitano, niente meno che ideali per saziare il suo bisogno di cibo pressoché costante…
Chiamati anche book scorpions (scorpioni dei libri) in funzione di una simile propensione alla lettura, questi aracnidi cosmopoliti risalenti al periodo Devoniano ma poco conosciuti, probabilmente per le loro dimensioni estremamente ridotte, rientrano nella categoria rara degli artropodi non soltanto innocui per l’umanità, ma persino in grado di arrecare benefici alla nostra inconsapevole civiltà. Di un colore generalmente marrone e sempre dotati di 8 zampe, i due lunghi pedipalpi chelati e l’essenziale coppia di cheliceri per sezionare e fagocitare il cibo, essi possiedono inoltre l’ausilio di una coppia di ghiandole serigene nella parte posteriore del corpo, usate per tessere un bozzolo simile a una cupola impiegato a più riprese, durante la muta compiuta tra una fase e l’altra della loro crescita verso il raggiungimento dell’età adulta. La più celebre e diffusa specie, soprattutto in Europa, del Chelifer cancroides è stata quindi riportata nutrirsi primariamente di psocotteri (tarme) e acari della polvere, trovando residenza ideale nei luoghi antropogenici e polverosi, come potremmo chiaramente immaginare essere un’antica torre elfica della stregoneria. Con il secondo ambiente preferito rintracciabile, di contro, nei bagni delle case moderne, le cui caratteristiche di umidità latente ma contenuta risultano perfette al fine di favorire la loro riproduzione.
Una caratteristica di tali artropodi risulta essere, ad ogni modo, proprio l’adattabilità climatica, essendone state catalogate specie anche al di sopra del Circolo Polare Artico, come il Wyochernes asiaticus, molto diffuso nonostante il nome nella parte settentrionale dei territori canadesi, come recentemente (2015) dimostrato in uno studio di Christopher M. Buddle, biologo dell’università di McGill. Tutti gli pseudoscorpioni nonostante la varietà di forme e proporzioni, così chiamati unicamente per la somiglianza superficiale con l’aracnide molto più grande e dotato del famoso aculeo caudale, possiedono quindi un corpo formato da dieci segmenti, ricoperti da una quantità doppia di placche simili a un’armatura, chiamate tergiti e sterniti nelle parti rispettivamente superiore ed inferiore. Importante elemento di distinzione tra maschio e femmina risulta essere, a tal proposito, la complessità delle placche posteriori del maschio dotata di un certo numero di organi sensoriali, necessari al fine di condurre con successo il proprio rituale d’accoppiamento. Questi piccoli esseri infatti, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, tengono particolarmente all’aspetto romantico di un tale incontro, mettendo in atto una vera e propria danza durante la quale lui dovrà posizionare a terra il dono genetico noto come spermatoforo, prima di dirigere con attenzione, e un certo senso dello stile, la sua lei a posizionarvisi sopra in maniera per portare a termine la fecondazione. Una volta deposte le sue uova, quindi, la femmina farà di tutto per non abbandonarle, portandole con se all’interno di un’apposita sacca attaccata al suo addome, dalla quale riusciranno quindi a scaturire, dopo un breve periodo, tra i 20 e i 40 neonati, che continueranno a restargli attaccati fino al raggiungimento di un grado ragionevole d’indipendenza. Gli esemplari adulti quindi, attivi soprattutto nei mesi caldi, continueranno a praticare un simile approccio agli spostamenti attraverso l’adozione del sistema biologico della foresi, consistente nell’attaccarsi ad insetti dalle dimensioni maggiori (soprattutto coleotteri o scarafaggi) al fine di farsi trasportare in giro, verso luoghi auspicabilmente lontani dalle nostre case.
Tuttavia come si dice, a mali estremi… E così piuttosto che avere le tarme nascoste tra i mobili delle nostre case, non sarebbe forse meglio affidarsi a creature che non mangiano la carta, bensì coloro che potrebbero a loro volta, mangiare la carta?
Questo avrebbero potuto contenere, tra le locuzioni generatrici, le invocazioni dei due antichi stregoni, mentre continuavano a chiamare nelle stanze della Torre il piccolo spirito famelico dei boschi: “SUM VATES! SUM VATES!” E ad ogni colpo di bacchetta, nugoli di tignole allarmate, del tutto incapaci di comprendere che cosa, esattamente, stesse agitando pinze implacabili all’indirizzo della loro svolazzante società segreta. “Oggi abbiamo alterato sensibilmente l’equilibrio che governa il rapporto tra le dimensioni intersecantisi al vertice della sapienza, mio caro collega Bjørn. Ricorda la legge dello scambio equivalente.” Il vecchio mago, pensieroso, giunse le mani per proporre l’unica possibile soluzione: “Pseudoscorpioni ovunque, d’accordo: allora ecco una soluzione. Hai presente il koala gigante? Del resto, se continua a moltiplicarsi, finirà per mangiare fino all’ultimo germoglio di soia…”