Uccide il fiume per salvaguardarlo, macchina trapanatrice dei fondali

Poco a poco, l’impianto idroelettrico lungo il corso del fiume As ad est di Bethlehem provincia sudafricana dello Stato libero, stava perdendo potenza, per la più semplice, ma inesorabile delle questioni: il progressivo accumulo di sedimenti, sabbia, detriti poco prima delle chiuse, in grado di rallentare sensibilmente lo scorrimento delle acque. Lo stesso passaggio delle chiatte trasportatrici, usate dalle aziende agricole locali per la consegna di macchinari, appariva nel frattempo minacciato, causa riduzione progressiva del pescaggio possibile tra quelle rive. Fu allora, dunque, che un consorzio formato da investitori dell’industria con sensibili interessi nell’intera faccenda mise in campo uno strumento la cui forma ed efficienza, in senso lato, apparivano capaci di trascendere ogni aspettativa pregressa. Ora nella nostra descrizione dimostrativa, vagamente ispirata alla realtà, potremmo attribuire una simile impresa alla compagnia specializzata Dredging Africa, effettiva responsabile di operazioni simili nella regione; oppure una delle poche altre, capaci di ricevere dai produttori (per lo più europei ed asiatici) un esemplare perfettamente funzionale di battello CSD, smontarlo nei suoi singoli componenti e trasportarlo via terra fino al luogo d’utilizzo designato. Potreste del resto rimanere sorpresi nel conoscere quanto limitate, nei fatti, siano le capaci di spostamento acquatiche di quella che nei fatti sembra una barca, ha la forma di una barca, ma il cui singolo motore fa ruotare un qualche cosa di molto diverso da un’elica. Ovvero quella testa distruttrice, il cui rombo sconvolgente, durante l’impiego, sarebbe in grado di far sollevare il sopracciglio a un Dio sopito dei Fulmini e delle Tempeste.
Thor delle mondane circostanze idriche? Perché no. Oppur Trivella che vorrebbe ritornare giù nell’Ade. La Cut & Suction Dredger o come dovremmo chiamarla in italiano, draga tagliatrice/aspiratrice, benché sia piuttosto raro vederne una in funzione nel nostro paese. Letterale piattaforma da 10-15 metri con un tubo e una pesante Verga, azionata da un’impianto diesel (generalmente) al cui termine trova posto un’escrescenza bulbosa a forma di fungo ricoperta da inquietanti denti diamantati. Ma poste da parte eventuali analogie di tipo fallico, questa tipologia di macchinario risulta avere nei fatti una funzione ben precisa: quella di raschiare e triturare in mille pezzi il sostrato solidificato sotto i flutti, risucchiandolo e facendolo portare via come una sorta di testa di serpente filtrante. Il tutto mentre opera in maniera che potremmo, sostanzialmente, definire affine a quella di un metronomo sovradimensionato. Dev’esser stato quindi un attimo di significativo trionfo e senso di liberazione! Quando all’altro capo del lungo tubo galleggiante, sospeso lungo l’estendersi del bacino fluviale, hanno iniziato ad accumularsi piccole colline letterali di sabbia fluviale pronta per la processazione, pronta a diventare una preziosa materia prima da impiegare nel campo delle costruzioni. Oltre all’energia, il guadagno…

L’osservazione di una trivella dragatrice all’opera non può prescindere da un certo grado di perplessità, almeno finché un rendering come questo non permette di prendere atto del canale di trasporto nascosto al suo interno, capace di veicolare il materiale detritico via dal fondale.

Dal punto di vista del suo funzionamento la draga aspiratrice, concepita per la prima volta nel 1857 negli Stati Uniti dalla compagnia omonima General Moultrie e successivamente perfezionata a partire da 10 anni dopo per la costruzione del canale di Suez, è basata su un principio piuttosto semplice: quello di una pompa centrifuga, a tenuta idrica, collocata nel cuore di una piattaforma in grado di stabilizzare se stessa. La quale, venendo mossa con sistematica ripetizione, rimuove l’indesiderato da quei luoghi ove ruspe o bulldozer non potrebbero, semplicemente, mai riuscire ad arrivare. È nella sua versione contemporanea nata e sviluppata nel corso del primo terzo del XX secolo, tuttavia, che questo particolare strumento assume un aspetto e funzionalità particolarmente riconoscibili, oltre che funzionali. Tra cui gli essenziali pali verticali (spuds) situati nella parte posteriore dello scafo, piantati nel fondale stesso che dev’essere dragato mediante l’impiego di un impianto idraulico, uno alla volta durante lo spostamento, quindi fatti avanzare, poi ruotare per lasciarne uno soltanto, con lo scopo di fungere da perno. Perché è quello il punto, essenzialmente, in cui le cose iniziano ad entrar nel vivo: con la collocazione in posizione contrapposta di due àncore convenzionali, situate a un capo e l’altro dell’area scelta per la messa in opera del meccanismo. Dopo aver tirato un gran respiro d’aspettativa, segue quindi l’immersione della testa demolitrice, generalmente costruita da compagnie specializzate nella trivellazione, capace di smuovere qualsiasi tipo di fondale fino a 15, 20 metri di profondità di media, affinché il dragaggio possa raggiungere l’obiettivo desiderato. Sotto la testa dell’appendice inferocita, infatti, trova posto proprio l’altro capo del sopra-decritto tubo, capace d’iniziare a veicolare i materiali ostruenti fuori dal problematico ingorgo situazionale.
Chi può potrebbe mai affermare che il dragaggio tramite tagli & suzione, a questo punto, sia un’impresa poco consigliabile o in qualche maniera indesiderata? Alcuni, senz’altro, tra coloro che mantengono in alta considerazione la biodiversità e l’ecologia di un particolare tratto di fiume; sarebbe assai difficile, del resto, immaginare un felice destino per tutte quelle creature ittiche o detritivore che sopravvivono in mezzo a quegli accumuli che tanti problemi stavano creando all’industria dell’energia umana. Il che non può prescindere, del resto, dalla cognizione che in numerosi casi pregressi il dragaggio tramite CSD si sia piuttosto rivelato benefico per l’ambiente, permettendo il recupero e la conservazione di determinati tratti fluviali: un letto sommerso ripulito in maniera distruttiva, d’altra parte, è pur sempre meglio di un corso che finisce per disperdersi nella radura, causa l’ostruzione completa del suo percorso scavato attraverso secoli, dalla natura. Il che non può certo prescindere, del resto, da tutto quel vasto e prevedibile ventaglio di situazioni in cui l’alterazione di uno stato pre-esistente, tramite simile pompe, sia stata operata ad esclusivo fine di ricerca di un profitto immediato e a discapito del bene collettivo, inteso come esistenza continuativa di particolari risorse del nostro fortissimo, ma al tempo stesso delicato pianeta.

Può sembrare strano che un battello varato alla fine del 2018 non presenti ancora una lunga storia operativa, ma occorre considerare come la Spartacus abbia ricevuto la sua trivella, nei fatti, soltanto il maggio scorso. E certe cose richiedono tempo, nonostante tutto…

La più grande draga a suzione della storia è invece la recentemente varata Spartacus della Dredging, Environmental and Marine Engineering NV (DEME) compagnia con sede in Belgio specializzata in questo tipo di operazioni. Con una lunghezza di 164 metri e una profondità raggiungibile dalla sua trivella di 45 metri, essa dovrà risolvere quel tipo di problemi le cui proporzioni, normalmente, sfuggono completamente alla concezione umana, permettendo soltanto di alzare le braccia al cielo; come ad esempio, l’aumento del pescaggio di un’intera zona portuale, o la riapertura di un estuario chiuso da molti anni d’accumulo detritico permanente.
Spostate i pesci, quindi, salvate i crostacei. Perché quando le necessità degli uomini diventano pressanti, normalmente, arriva il tempo in cui niente può essere lasciato come prima.
E se c’è qualcosa che riesce particolarmente bene, a noialtri, è proprio l’assemblamento di strumenti validi al fine di riuscire a compiere l’impresa. Possenti, inarrestabili punte di lancia, capaci di riavvolgere (letteralmente) lo scorrere del tempo…

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