I colori che decidono la sopravvivenza del pulcino della folaga di lago

Lei: un uccello nero con il becco bianco dall’aguzza punta, coronato dallo scudo dello stesso colore che le copre la fronte. La testa di una papera, la conformazione fisica di un pollo. Lui: lo stesso, solamente un po’ più grande. E allora per quale ragione, sarebbe giusto chiedersi, la loro prole ha un tale aspetto tanto surreale? Quello di 8, 9 piccoli uccelli, color verde oliva scuro, la testa rossa come il fuoco e una corona di piume gialle, simile alle punte dei capelli di un Super Sayan. Davvero l’istinto è uno strumento valido, nell’affrontare e definire i casi della vita! Poiché immaginando tale situazione nell’ambiente umano, assai difficilmente il padre accetterebbe tutto questo senza farsi una domanda o due. Eppure queste sono coppie che resistono l’intero giro di stagione, che collaborano per costruire il nido e non lo lasciano fino al momento in cui, auspicabilmente, una ragionevole percentuale di quei piccoli diventa indipendente. “Ragionevole” costituendo, nel caso in questione, una quantità decisamente soggettiva: poiché nulla, nelle leggi di natura, sottintende che l’erede generazionale di una qualsiasi delle specie del genere Fulica possa raggiungere l’età riproduttiva, come invece pare auspicabile per le tante specie d’uccelli lacustri come le anatre o le oche, straordinariamente attenti nel proteggere i figli e figlie della loro importante unione.
La folaga, che si tratti di quella Americana o l’eurasiatica comune, definita F. atra, o ancora di una delle nove varianti meno diffuse, è in effetti un qualcosa di estremamente diverso da tali familiari esseri, rientrando piuttosto nella famiglia dei rallidi ovvero la stessa delle porzane, porciglioni e polli sultano. Esseri generalmente inclini a battere per il cibo il terreno asciutto, laddove questo particolare esponente occupa, piuttosto, la nicchia degli stagni o ambienti lacustri, presentando alcuni significativi adattamenti evolutivi: primo tra tutti, la particolare conformazione delle zampe, particolarmente grandi ma non palmate, presentando piuttosto una serie di lobi simili a scaglie, in grado di agire come pagaie propulsive durante il nuoto. Altro episodio importante del loro stile di vita è la costruzione del nido, una strana zattera di sterpaglie e rami, continuamente riparata e mantenuta a galla dagli sforzi della coppia di sposi, semplicemente priva di un’indipendenza funzionale e pronta a sprofondare totalmente, una volta che sarà stato concluso il suo impiego. Che comporta, come precedentemente accennato, la deposizione di una copiosa quantità di uova tra le quali troveranno posto, qualche volta, anche quelle di una femmina rivale. Poiché la folaga, come il cuculo e altre numerose specie di volatili, ha da tempo scoperto la convenienza del parassitismo riproduttivo, ovvero confidare nelle cure amorevoli di un’altra madre, ed i suoi sforzi inconsapevoli, al fine di garantire il benessere del maggior numero possibile di eredi. Ed è proprio a partire da tale imprescindibile e crudele momento, che possiamo rilevare l’importanza della codifica cromatica nella sopravvivenza, o mancanza di essa, nel futuro dei piccoli anatroccoli, così apparentemente dipinti da un pittore astratto…

Il nido della folaga, a malapena in grado di galleggiare, non rientra propriamente nel catalogo delle migliori produzioni architettoniche di una specie aviaria. Nonostante questo, difficilmente si potrebbe negare la sua capacità di servire perfettamente allo scopo.

L’avete mai sentito dire? Ciò che è brutto, lo è soltanto da un punto di vista soggettivo. Laddove una madre tenderà sempre ad amare e proteggere i suoi piccoli, secondo la sua stessa raison d’être nonché il desiderio implicito del gesto riproduttivo. Il che in effetti… Non è propriamente quello che succede per le folaghe. Uccelli spartani per definizione, il cui approccio alla salvaguardia di un’eredità biologica comporta essenzialmente la deposizione del maggior numero di uova possibili, pur sapendo che il cibo disponibile nel proprio ambiente di appartenenza non potrà mai risultare sufficiente affinché tutti possano raggiungere l’età adulta. Il che ha portato, nei secoli, ad una sorta di rapporto conflittuale o vera e propria corsa agli armamenti (estetici) tra figli e genitori, naturalmente incline a sfruttare un’implicita predisposizione della specie. Fondamentalmente iscritto nella mente di ogni folaga, in effetti, è presente una precisa concezione del “bello” riconducibile, per quanto è stato scientificamente dimostrato, alla quantità ed intensità dei colori posseduti da ciascun pulcino, attraverso cui sia il padre che la madre, nella maggior parte dei casi, inizieranno a nutrire con grande attenzione gli esemplari più appariscenti. Una tendenza frutto in effetti di un sistema piuttosto ingegnoso: la folaga depone, infatti, un uovo al giorno, come fosse un orologio. Ed in ciascuno di essi, secondo un preciso copione biologico, infonde una quantità progressivamente maggiore di ormoni, favorendo la produzione di un piumaggio dai rossi e gialli abbastanza intensi. Tutto ciò affinché i successivi figli, necessariamente più piccoli e vulnerabili rispetto ai loro fratelli, ricevano anch’essi le attenzioni necessarie a superare i primi, critici giorni di vita. Una distinzione che le folaghe tendono a portare fino alle più estreme conseguenze, arrivando a mettere in atto un comportamento definito in lingua inglese tousle, che comporta l’aggressione con feroci beccate dei piccoli più cresciuti ed il trattenimento degli stessi dal raggiungere una potenziale fonte di cibo, al fine di favorire i loro piccoli favoriti dai colori eccezionalmente vivaci. Per un lungo tempo, tuttavia, i naturalisti si sono interrogati sul perché i piccoli emersi dalle uova deposte da una femmina parassita nel nido di un’altra emergessero sempre con un colore tenue, non riuscendo quindi mai a rientrare nel club dei pulcini prediletti dai genitori di adozione. Almeno fino allo studio della fine del 2019 pubblicato da scienziati dell’Università della California, in cui Bruce E. Lyon e Daizaburo Shizuka hanno compiuto una lunga serie di osservazioni in merito alla particolare pratica, arrivando ad una conclusione sorprendete: la folaga subdola infatti, ben sapendo che la madre bersaglio farà il possibile per riconoscere i propri figli veri da quelli inviati a sottrargli il cibo, allontanando o persino uccidendo gli intrusi, è stata programmata per sfruttare la codifica sequenziale delle deposizioni a suo vantaggio. Ed è per questo che le sue uova, infiltrate solo successivamente in mezzo a quelle della padrona di casa, dovranno contenere la quantità minore possibile di ormoni, affinché la loro nascita risulti parte di una sequenza logica capace di allontanare ogni tipo di sospetto.

La crudeltà di questi uccelli con i propri stessi pulcini può lasciare momentaneamente basiti. Finché non si comprende come un simile comportamento, in effetti, sia uno dei migliori approcci disponibili per garantire l’esclusiva sopravvivenza dei più forti.

Vita, morte, vita e poi? Singole parti di un processo che infinitamente si ripete, qualche volta in ordine impreciso, attraverso l’esistenza di ogni essere facente parte del patrimonio biologico di questa Terra. Non dovrebbe perciò risultare in alcun modo sorprendente il fatto che ogni tanto membri adulti della propria stessa specie, siano questi imparentati o meno con i loro presunti “figli”, siano chiamati a decidere il futuro di questi incolpevoli ricettacoli di amor piumato ed ottime (presunte) speranze.
Ciò che tende ad apparirci, tuttavia, alquanto inumano, è che basti la tonalità di un piumaggio e la qualità della livrea a decidere la vita oppur la morte di uno specifico animale. Come se noialtri, cacciatori di ogni essere vivente inclusi i nostri simili, non avessimo mai praticato lo stesso identico sistema di selezione!

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