Tra tutti gli animali domestici, probabilmente il cane è quello che ci assomiglia di più. I cani sono scaltri, i cani conoscono le proprie debolezze. I cani qualche volta, non riescono a resistere alle tentazioni. Avete mai saputo che un qualcosa poteva arrecarvi danno, senza tuttavia riuscire a opporvi la barriera protettiva della ragionevolezza, al fine di riuscire a dirgli “…Questa volta NO”? Che si tratti solo di restare svegli fino a tarda sera, oppur mangiare quella fetta di pandoro/panettone, ben oltre il limite calorico ideale. O ancora cose ben più gravi, come la sostanza psicotropica di turno, capace d’alterare le fondamentali percezioni del rapporto tra causa ed effetto, oltre al trascorrere del tempo e il nostro potenziale di riuscire a ritornare, al termine del lungo giro, la persona che eravamo prima. Già, una pregna terminologia: i cani sono “persone”. I cani si drogano, come le persone.
Questa è la preoccupante storia di un errore madornale, dell’anfibio senza coda che mantiene sotto assedio l’intera parte settentrionale d’Oceania. Ma sopratutto è la storia di Scooter, cane da giardino il cui codice genetico potrebbe contenere, almeno in parte, DNA della razza Australian Shepard, oltre a un quarto rimanente della vecchia volpe cui riesce, in un certo qual modo, ad assomigliare. “Ho passato molte ore ad insegnare al mio cane a non farlo…” spiega Mark Valencia, titolare del canale sull’autogestione delle proprie risorse alimentari e naturali Self Sufficient Me “Ma tutto quello che ho ottenuto, è stato che imparasse l’arte del sotterfugio e della furtività.” Questo in quanto Fido & co, da noi tanto spesso conosciuti per la (presunta) obbedienza, non possiedono in realtà una propensione innata ad essa, o almeno non tanto forte quanto la loro naturale curiosità e tendenza all’approfondimento di animali cacciatori/raccoglitori, veri eredi “civilizzati” del Canis lupus. E non c’è niente, e intendo dire proprio niente, che possa riuscire ad attirare l’attenzione di qualcuno d’imprudente come il compiersi di un viaggio all’interno di regioni alternative della mente e dell’incoerenza. Perché vedete, il povero Scooter ha un problema: l’ormai totale assuefazione all’effetto complessivo della bufotenina alias bufotossina, emessa da una particolare ghiandola della specie Rhinella marina, altresì nota come l’orribile, terrificante rospo delle canne. I cui effetti includono irritazione, accelerazione del battito cardiaco, restringimento delle vie aeree e allucinazioni. E sarebbe bello poter dire che l’oggetto di un così pericoloso desiderio fosse, per fortuna, particolarmente raro da evitare di portarlo in tentazione. Ma provate per un attimo a guardarvi intorno, nelle regioni orientali del Queensland e Brisbane dove costui vive, col suo padrone. E un l’anuro in questione, nei fatti, si trova pressoché ovunque…
“Per fortuna ora che ha una certa età, è diventato meno abile nello scovarli e metterseli in bocca. Ma insiste nel farlo, tutt’ora!” Continua a spiegare Mark, col tono della ragionevolezza e un sincero senso di dispiacere. Sembra infatti che i rospi in questione, generalmente, abbiano qualche problema a sopravvivere all’incontro, benché il problema principale resti essere, prevedibilmente, quello delle conseguenze di un tale incontro sul benessere del povero Scooter. Il quale, generalmente, al compiersi dell’auto-avvelenamento inizia a camminare barcollando, gli occhi incrociati, la lingua di fuori con copiosa quantità di saliva e in certi casi vomita, prima di sdraiarsi, apparentemente affranto, in un angolo del suo cortile. Eppure ogni volta senza nessun tipo di esitazione, ritornerà di nuovo a farlo! Pare infatti che il cane in questione, avendo divorato quantità spropositate di rospi fin dall’epoca della propria remota gioventù, goda di una parziale tolleranza al loro veleno, evitando almeno in parte le conseguenze più gravi antecedenti al “trip” allucinogeno. Ed avendo dovuto subire in conseguenza di questo, soltanto un singolo intervento da parte del veterinario in passato, durante un giorno in cui aveva semplicemente esagerato a seguito di un tentativo di disinfestazione massiva da parte del suo proprietario.
Il che ci porta finalmente all’argomento oggetto del nostro titolo di oggi: qual’è infatti, tra il vasto ventaglio di possibilità, l’intervento consigliato da parte del convivente umano di un così folle quadrupede casalingo? Non esistono antidoti commercialmente disponibili per la bufotenina, sopratutto che siano funzionali a vantaggio di un cane, lasciando nei fatti l’unica possibilità di rimuovere, per quanto possibile, il veleno appiccicoso dalle gengive ed il palato di quest’ultimo, usando un semplice fazzoletto bagnato. Qualcuno consiglia anche l’uso di copiose quantità d’acqua, benché in tal caso occorra fare attenzione a non mandarla nel naso del proprio amico, pena il possibile insorgere di complicazioni. Come quelle sperimentate infinite volte, dalla sfortunata fauna australiana venuta a contatto con il/la R. marina, a partire da quel 1935 in cui il Bureau della Canna da Zucchero, ente preposto alla preziosa esportazione nazionale, decise di “sperimentare” l’impiego di questi esseri provenienti dal Centro e Sud America al fine di ridurre l’impatto sull’agricoltura di almeno due specie di voraci coleotteri, il Dermolepida albohirtum ed il Lepidiota frenchi. Soltanto per scoprire in seguito come costoro fossero perfettamente capaci di nascondersi sottoterra nello stadio giovane, per poi librarsi al di sopra del terreno da adulti, sfuggendo in questo modo ad ogni tipo di attenzione gastronomica da parte del rospo. Ma il danno, come si dice, a quel punto era ormai fatto e dalle svariate centinaia di anuri introdotti, ben presto, ce ne furono decine di migliaia, data la straordinaria capacità di proliferazione di questi ultimi, capaci di deporre ogni volta tra le 8.000 e le 25.000 uova disposte in una catena lunga fino a 20 metri. Così che ogni singolo carnivoro australiano marsupiale o meno, del tutto privo d’istinti relativi alla consumazione di un simile animale velenoso ad ogni stadio della propria esistenza (incluso quello di uova e girino) finì per subire le terribili conseguenze del sopra descritto avvelenamento, con effetti purtroppo facili da immaginare per la sopravvivenza di questa o quella specie.
Esiste dunque, un qualche tipo di speranza di salvarsi dall’inarrestabile propagazione di una simile creatura? Forse, possibilmente, magari! Un refolo di speranza giunge fino noi dal regno dei volatili, attraverso l’eccezionale tecnica dei corvi australiani (C. coronoides) osservata nel 2018 in un articolo del National Geographic, per uccidere l’intruso e fagocitare soltanto le zampe e alcuni degli organi del rospo, senza toccare più di qualche attimo la pelle ricoperta della pericolosa tossina. Un’approccio che del resto sembrerebbe certamente un grave spreco, da parte del cane Scooter perennemente in cerca di esperienze trascendentali all’interno del regno di Lucy con tutti i suoi allucinogeni Diamanti.
Tra le maniere consigliate per rimuovere l’infestazione dei rospi, conclude quindi Mark Valencia, le autorità australiane prevedono il colpo in testa, la decapitazione o il congelamento all’interno del freezer, che porterebbe ad un “lento & umano torpore” fino al trapasso nel paradiso degli anuri. Ma è altrettanto comprensibile l’osservazione, di un chiaro amante della natura come costui, che si rifiuta di “Passare le proprie giornate effettuando un’attività tanto deprimente.” E del resto, di rospi ce ne sono semplicemente TROPPI perché tali approcci possano funzionare. L’unica speranza resta quindi che i cani riescano a Capire. Che la strana palla da tennis auto-rimbalzante che possiede tutti i colori e i sapori del mondo, dopo tutto, può fargli soltanto del Male. E che l’unica droga consigliabile a un cane, per quanto altrettanto innaturale in linea di principio, debba necessariamente essere l’amore del suo Padrone.