Un’altra marcia, un’altra corsa, capo chino e zoccoli pesanti, attorno a quel recinto familiare quanto le pareti della loro stalla. Sono i pony a noleggio, tipica attrazione dei più grandi parchi cittadini: dieci, quindici minuscoli cavalli, usati come uno strumento di guadagno, per il pubblico divertimento e quel particolare tipo d’esperienza, qualche volta (lievemente) educativa. Capace di trasmettersi come un virus tra i compagni di scuola: “Ah, vuoi dire che non sei ANCORA salito sulla sella di un equino? Io avrò fatto almeno QUATTRO giri, quando sono uscito l’altro giorno con mia nonna!” No ragazzo, forse questa splendida opportunità non si è potuta ancora realizzare nel corso della mia breve, eppur intensa vita. Ma la sai una cosa? Io ho protetto Stalingrado dall’arrivo della Wermacht, ho tenuto il ponte contro l’intero plotone dei Panzer fascisti, confidando nella scienza e nella tecnica del KhKBM! Ho cautamente sporto la mia testa, col solo berretto di lana a proteggerla, sopra il bordo della mia torretta, mentre con mano sicura impugnavo i controlli usati per dirigere l’enorme possenza del mio motore a 12 cilindri Diesel modello V-2 (B-2-34).
Bé magari, più o meno. Qualcosa di simile, diciamo: e tutto questo, grazie all’insolita iniziativa dell’ente incaricato di gestire il parco moscovita di Sokolniki, ove gli zar usavano cacciare con i propri falchi la preziosa selvaggina dell’epoche trascorse. E dove adesso, con la speciale partecipazione dell’officina specializzata e canale di YouTube UFO Garage, cinque piccole e fedeli rappresentazioni di uno dei più importanti e famosi carri armati della storia si aggirano con passo lento nel percorso pre-determinato, come ausili straordinariamente validi alla fanciullesca fantasia degli utilizzatori. E non soltanto loro, considerato l’evidente successo conseguito, a partire dalle celebrazioni di capodanno, da questa offerta stagionale fondata sulle capacità tecniche, ingegneristiche e imprenditoriali di Sergey Akimov, già comparso sulle pagine di questo blog in occasione della fedele ricostruzione in scala reale del più vecchio carro sovietico, l’MS-1. Per l’occasione capace di coinvolgere, a quanto è stato riportato orgogliosamente nelle interviste a margine, anche un certo numero d’adulti, ivi inclusa la signora di 78 anni per cui un tempo, questi stessi mezzi dovevano aver rappresentato l’ultimo baluardo corazzato contro un destino particolarmente drammatico all’apice della seconda guerra mondiale. I moderni veicoli in questione, delle dimensioni approssimative di un grosso ATV e dotati di motore da 620 di cilindrata e 21 cavalli di potenza, del tipo normalmente in uso in molti modelli di trattorino agricolo, risultano perfettamente in grado di trasportare in giro un carico umano di fino a 120 Kg, permettendo anche l’affiancamento degli utilizzatori più giovani da parte di un istruttore o uno dei suoi stessi genitori, benché l’effettivo impiego del mezzo risulti essere, grazie alle competenze di Akimov e i suoi, estremamente semplice nella maggior parte delle circostanze. Un’attenzione ai dettagli che appare chiara anche nella scelta dei materiali, inclusivi di cingoli gommati al fine di non rovinare l’asfalto del parco nonché l’interessante logo scelto per l’operazione, che si richiama al caratteristico copricapo estivo dei carristi sovietici, rimasto in uso almeno fino alla fine della guerra fredda. Un oggetto il cui fine, all’interno degli angusti carri armati dell’epoca, doveva apparire senz’ombra di dubbio estremamente chiaro…
“Lo spazio all’interno del T-34 risulta estremamente stretto.” Affermava un memorandum statunitense coévo, frutto di un programma di scambio tecnologico con la nazione al tempo alleata. “Come faccia l’intero equipaggio di quattro persone, con giacche pesanti ed equipaggiamento completo, ad entrare e muoversi al suo interno, resta un mistero.” Ed in effetti l’opportunità di restare il più a lungo possibile con la testa esposta agli elementi, esattamente come fatto dai bambini del parco Sokolniki, avrebbe fatto senz’altro parte del modus operandi del comandante di uno di queste macchine da guerra, laddove una volta raggiunto il punto di contatto con il nemico e tornati all’interno, l’unica opportunità di limitare gli urti alla parte più vulnerabile del proprio corpo era proprio appoggiare la fronte o la nuca, protetti dal succitato elmetto di stoffa imbottita, alle pareti metalliche dello scafo o della torretta stessa. Pur essendo inoltre, per ovvie ragioni, una versione ridotta del concetto di partenza, il Mini T-34 dell’UFO garage presenta almeno un notevole vantaggio: la semplicità d’impiego. Non pochi americani in effetti, venuti a contatto con l’obsoleto sistema di trasmissione impiegato nella maggior parte dei carri russi, furono stupiti di sapere come il pilota dovesse in effetti impiegare la spinta delle ginocchia per innestare le recalcitranti marce, ben sapendo come un semplice cambio sbagliato sarebbe bastato a distruggere gli ingranaggi, bloccando il carro. Ciò detto e nonostante tutto, il più importante strumento bellico sovietico della storia presentava anche dei significativi vantaggi, primo tra tutti la solidità e angolazione dell’armatura, la cui disposizione inclinata massimizzava la probabilità di deviare nella maggior parte delle circostanze i proiettili dal calibro insufficiente a penetrare la sua spessa placca frontale. Questi carri, inoltre, potevano essere prodotti a differenza dei Panzer tedeschi senza l’impiego di particolari competenze artigianali, bensì soltanto l’applicazione del moderno metodo della catena di montaggio. Il che avrebbe semplificato, per l’intera durata della guerra, la riconversione al momento del bisogno di molte fabbriche di trattori o altri veicoli civili, giungendo all’impressionante quantità di fino a 2.000 prodotti nel corso di un solo mese pronti a spuntare come funghi nei punti in cui se ne sentiva maggiormente il bisogno. Con il proseguire della guerra, dunque, e la successiva introduzione da parte dei tedeschi di veri e propri mostri di potenza di fuoco come il Panzer VI Tiger I (1942) e il il Panzer V Panther (metà del 1943) i rapporti di forza con il T-34 subirono una significativa inversione, portando il comando sovietico alla messa in servizio entro l’anno successivo della sua versione più grande, riveduta e corretta, il T-34/85. Eppure persino al giorno d’oggi, durante la storica parata realizzata per il 75° anniversario dalla vittoria nella Grande Guerra Patriottica (nome russo per il fronte orientale) nessun carro armato ha suscitato nel pubblico lo stesso senso d’orgoglio nazionale e una paragonabile quantità di applausi e grida, che l’unico originale, un tempo imbattibile guerriero della taiga sconvolta dal poderoso rombo dei motori.
Per un aspetto fedelmente riprodotto in ogni suo dettaglio alla scala di questi fedeli mezzi di trasporto, condotti dagli entusiastici utilizzatori su un vero e proprio percorso di guerra con tanto di ostacoli e barili attorno a cui destreggiarsi. Fatta eccezione, per mere esigenze pratiche, per la notevole lunghezza del cannone originariamente usato in simili carri armati, la cui tendenza ad interrarsi nei momenti meno appropriati era un’altro dei “piccoli contrattempi” coi quali dovevano destreggiarsi gli originali ed eroici occupanti di quegli scomodi, quanto rilevanti sedili.
E forse potrà anche sembrare, dal nostro punto di vista frutto di una diversa cultura nazionale e un rapporto meno esteriorizzato con le gesta dei nostri predecessori, che l’attrazione di Mosca possa essere inappropriata, diseducativa o comunque piuttosto noiosa, data la velocità massima non propriamente entusiasmante dei veicoli in questione (laddove il vero T-34 era, in effetti, uno dei carri più rapidi della sua epoca, potendo raggiungere anche i 55 Km/h sullo sterrato). Ma forse sarebbe più appropriato lasciar l’ultima parola ai principali destinatari, per cui un simile passatempo potrà anche costituire il portale d’ingresso ai più vertiginosi repertori della storia. O al limite perché no, agli innocenti e inconsapevoli cavallini, che grazie a un così prestigioso e altresì sferragliante sostituito potranno, fino alla fine di un gelido inverno, riposare.