Cose come una cascata che si arrampica sulla muraglia delle isole Faroe

Niagara, Salto Angel, Victoria. Ci sono vari modi d’iniziare un anno bisestile come il 2020 e questo qui è senz’altro, tra tutte le alternative, uno dei più surreali. Il quarantunenne Samy Jacobsen, dell’isola faroese di Suðuroy, si trovava a passeggiare in un mattino uggioso presso la parte meridionale della sua isola, con l’intenzione di provare la fotocamera del nuovo cellulare; quando giunto presso il familiare scoglio alto 470 metri di Beinisvørð, lo ha ritrovato in qualche modo differente. Quasi come sulla sagoma riconoscibile, stagliata contro il vuoto in movimento dell’Oceano, qualcosa d’insolito e luminescente stesse “danzando”, spirito delle acque o l’espressione di un antico Dio? Serpe senza testa e senza nome, adagiatasi sulla montagna, che seguendo il suo profilo minacciava di allungarsi fino all’infinito. Era infatti fatta di quella sostanza stessa che ci da la vita, il liquido ricco d’idrogeno ed ossigeno, che veniva risucchiato verso il cielo nuvoloso dalla forza stessa della tempesta. Corroborato da una simile visione, ed avendola per sempre intrappolata nella sua memoria ed il sensore digitale, fu tempo a quel punto di cercar riscontro. “Mai visto nulla di simile” concordò, parafrasando, sua sorella ed effettiva proprietaria del nuovo iPhone Helen Waag, assieme alla quale egli avrebbe quindi deciso d’inviare la straordinaria occorrenza a più canali di notizie meteorologiche locali & non, oltre a pubblicarla sulla pagina Facebook di lei. Così che verso la fine della prima settimana di questo gennaio, il grande pubblico l’avrebbe conosciuto, accompagnato dal parere dell’esperto meteorologo Greg Dewhurst del Met Office del Regno Unito, riassumibile nell’espressione singolare “Incredibile, magnifico. Trattasi senz’altro dell’esempio tipico di un waterspout, modificato dalle caratteristiche notevoli del paesaggio.”
Già perché provate a immaginare, nella vostra mente, l’effetto di un flusso d’aria calda che si forma all’altezza della superficie del mare, causa la temperatura di quest’ultima, per iniziare a risalire con notevole energia verso le nubi soprastanti. Se non che i venti arrivati di traverso, soprattutto nelle acque gelide del Mare del Nord, iniziano ad imprimervi una potente rotazione, in buona sostanza comparabile a quella che caratterizza i temibili tornado dell’entroterra americano. Affinché il mero spostarsi della nube sovrastante, immancabilmente, contribuisca a far traslare lungo l’asse orizzontale tale orribile costrutto della natura, verso dei recessi che siano auspicabilmente privi di persone. Ed in effetti simili fenomeni, come potrete facilmente immaginare, possono portare a conseguenze relativamente gravi (benché tendano a disperdersi una volta sulla costa) ed è stata una fortuna, questa volta, che la roccia definita un tempo come “Protettore delle Isole Faroe” sia bastata ad arrestare un tale viaggio verso l’autodistruzione. Mantenendo in bilico, per più di un qualche straordinario minuto, la visione senza tempo e senza nome di un qualcosa che mai prima d’allora, macchinario umano aveva ricevuto l’occasione di registrare. Affinché Internet, come suo solito, spalancasse le sue fauci immense, per accogliere quel documento a beneficio di noi tutti…

La formazione della tromba marina è in genere più semplice da raffigurare su schermo e comprendere rispetto a quella dei tornado, che richiedono la presenza di specifici contesti meteorologici a diversi livelli della stratigrafia celeste. Ciononostante, anche questi fenomeni sono stati fatti oggetti di approfonditi studi.

La tromba marina registrata da Jacobsen lunedì scorso, pur appartenendo certamente alla metà maggiore dello spettro e resa insolita dal modo in cui si adagiava al rilievo della costa, non era d’altronde in alcun modo degna di rappresentare i vertici più alti della sua specifica classe di appartenenza. Con l’esempio citato in un particolare video del Weather Channel, narrato col consueto stile ansiogeno statunitense, capace di raggiungere l’altezza e l’ampiezza del grattacielo One World Trade Center, misurante 541 metri in corrispondenza dell’antenna finale. Mentre la più alta della storia, secondo i resoconti coévi, sarebbe stata quella vista a Eden nel Nuovo Galles australiano, in grado di superare l’impressionante chilometro e mezzo di altitudine con la sua corona immersa tra le nubi. Pur non potendolo osservare nel video, tuttavia, possiamo presumere per l’esempio faroese mostrato un meccanismo di formazione pressoché equivalente. La comparsa di una macchia scura nelle acque relativamente calme dell’oceano, in corrispondenza di una nube a cumulus congestus, forma più semplice del cumulonembo; subito seguita da segni a spirale e un vortice di spruzzi, che inizierà quindi ad espandersi venendo essenzialmente “risucchiato” verso l’alto. I cosiddetti waterspout (letteralmente: tubi d’acqua) ad ogni modo, raggiungono raramente la capacità distruttiva di un vero e proprio tornado, non riuscendo molte volte a superare per potenza neanche il grado zero della scala Fujita, a meno che si tratti del caso più raro di trombe che si sono formate sulla terra per l’effetto di un vortice mesociclonico, soltanto successivamente spostatosi oltre i confini della costa. Ciononostante, esse venivano considerate anticamente un presagio nefasto, anche per l’effetto particolarmente biblico di far piovere, occasionalmente, pesci sui confini dei villaggi costieri o lungo le strade percorse dagli umani. Tanto che vigeva l’usanza, particolarmente sulle navi battenti bandiera britannica, di sparare un colpo al loro indirizzo, nella speranza che un simile gesto apotropaico bastasse a disperdere, in maniera poco chiara, la furia illimitata degli elementi. Eppure non sempre funzionava, come esemplificato da una delle teorie sul misterioso abbandono a largo delle Azzorre della relativamente intatta imbarcazione Mary Celeste nel 1872, secondo alcune teorie causato proprio dall’impatto sopravvalutato di una tromba marina.
Un altra versione estremamente insolita di tali fenomeni, d’altra parte, è lo snowspout o tromba marina invernale, causato dal formarsi del vortice in corrispondenza di una tempesta di neve. Con un effetto presumibilmente spettacolare di cui esistono, in effetti, soltanto sei foto conosciute e neppure un singolo video. Peccato non stesse passando, da quelle parti, Samy Jacobsen con il suo fortunato iPhone!

Un altro caso di “cascata invertita” presso un’isola britannica, questa volta sulle coste shetlandesi di Unst. L’origine della situazione, che si ripete ogni anno, trae tuttavia beneficio dalla mera contingenza piogge e venti forti che soffiano verso l’entroterra, come spiegato dallo stesso documentarista ed abitante locale Robbie Brookes.

Il che ci lascia, d’altra parte, a considerare le implicazioni di una simile casistica del tutto priva di precedenti. Poiché il tipo di condizioni valide a formare una tromba marina, generalmente, si trovano a latitudini tropicale o al massimo temperate, avendo lungamente risparmiato luoghi come il settentrione britannico, soggetti agli effetti di un diverso tipo di tempeste, non per questo meno magnifiche e terrificanti allo sguardo! Dev’esserci per questo un qualche tipo di ragione… Se una scena come quella della cascata all’incontrario registrata e poi soggetta a un commento di stupore da parte del Met Office stesso, non fosse mai stata osservata da occhio umano prima di lunedì scorso.
La quale potrà soltanto essere, in ultima analisi, l’essenza epocale di un qualche tipo di Evento. Il giro della ruota, lo scalino lungamente paventato. Non è politica e nemmeno intento d’infondere un latente senso di colpevolezza nella psiche impervia dei supremi possessori della società moderna. Il clima è fluido, mutevole, imprevisto. Lo è sempre stato. Siamo “soltanto” noi viventi che temiamo, come fosse il segno della Fine, un qualsivoglia tipo di Cambiamento….

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