Rimbalzando con enfasi da una testata all’altra, con partenza dalla Lapponia congelata, ancora una volta è la notizia che caratterizza questa stagione natalizia del 2019: a Jukkasjärvi, villaggio di 548 abitanti situato 200 Km a nord del Circolo Polare artico in Svezia, i lavori sono terminati. L’impresa reiterata ed annuale, condotta con potenti gru, bulldozer e la mano esperta di un gruppo d’artisti, per implementare nuovamente nella vasta immensità un caratteristico edificio, la cui fama leggendaria si rinnova ad ogni giro di stagione terrestre. Ice, ice, very nice: particolarmente quando è parte, ed elemento costituente d’eccellenza, del più celebre hotel della regione di Kiruna. Il primo nel mondo, a dire il vero, l’unico e l’originale ad essere costruito con un simile materiale derivato dalle infime temperature, fin da quando nel remoto 1990 ad Yngve Bergqvist, imprenditore locale che aveva aperto una struttura d’accoglienza, venne in mente un modo originale di far conoscere questa sua terra d’adozione, storicamente apprezzata come luogo di escursioni da un certo tipo di turisti, sostanzialmente immuni al freddo che penetra all’interno delle ossa e negli organi stessi del loro corpo. E fu quindi proprio quello il giorno, estremamente memorabile, in cui un numero superiore al previsto di ospiti si presentò alle porte al culmine del gelo, giusto mentre lo scultore francese Jannot Derid completava un’expo all’interno di uno spazioso igloo costruito appositamente allo scopo. E non è chiaro esattamente come nacque quella contingenza, di fornirgli le fondamentali pelli di renna per dormire all’interno di una simile struttura temporanea, ma la sinergia a quel punto fu chiara. E l’improbabile processo, diventò realtà.
In altri termini, era nato l’Icehotel (Lapponia) un luogo in grado di attirare l’attenzione grazie all’originale idea di non essere soltanto un luogo di soggiorno, ma anche l’effettiva imprevedibile realtà di un vero e proprio museo temporaneo, (ri)costruito ogni anno a Natale e tipicamente lasciato sciogliere attorno al mese di aprile. Per contribuire al quale, immancabilmente, letterali centinaia di proposte vengono inviate ad ogni bando internazionale, arrivando a coinvolgere creativi di ogni angolo del globo, ciascuno comprensibilmente ansioso non soltanto di contribuire a un così celebre luogo, ma anche di conoscerlo personalmente, facendone un’ispirazione significativa per la propria visione d’artista. Ed ecco, dunque, come ha luogo l’esatto procedimento: un pool di esperti sorveglia lo stato di glaciazione del principale corso d’acqua di Kiruna, quel fiume Torne che procede fino alla terra di Finlandia. Finché all’identificazione del momento corretto, un cantiere semi-permanente inizia la difficile estrazione di circa 100.000 tonnellate di ghiaccio e 30.000 di neve. Tali sostanze, quindi, vengono parzialmente amalgamate nella costituzione del particolare materiale universalmente noto come snice (snow+ice) da disporre sull’intelaiatura metallica curvilinea, al fine di costituire l’albergo ed il suo bar mentre una specifica quantità verrà offerta, sulla base degli accordi presi, alle sapienti mani del gruppo di 20-30 scultori, vincitori del concorso. Verso il risultato altamente desiderabile di 15 suite, quindici ambienti totalmente indipendenti e tematicamente pregni, ciascuno altrettanto degno di essere iscritto nel catalogo dell’anno, oltre ad ospitare un differente, facoltoso finanziatore di questa effimera ed originale forma d’arte. Che nuovamente l’anno successivo, dopo essersi sciolta completamente, dovrà essere ricostruita totalmente da capo…
L’Icehotel generalmente, ad ogni modo, non presenta un tema continuativo tra le diverse stanze della sua offerta artistica, benché esistano dei temi ricorrenti. Tra cui gli animali, la natura e le culture di terre remote, soprattutto asiatiche ed in modo particolare giapponesi. Ciascuno figurante, anche quest’anno, in diverse memorabili proposte: prima tra tutte, nei materiali di marketing come il video mostrato in apertura, la stanza Clear Water dell’ex-tecnico dell’hotel Niklas Byman e l’artista locale AnnaSofia Mååg, contenente un’intero magnifico branco di leoni glaciali dalle geometriche sfaccettature intenti ad abbeverarsi presso quella che dovrebbe idealmente rappresentare una pozza d’acqua pura nella vasta savana africana. Altrettanto notevole risulta essere, del resto, l’ambiente Subterranian di Jörgen Westin e Daniel Rosenbaum, rispettivamente Svedese e Australiano/Canadese, inteso a rappresentare un dedalo sotterraneo e labirintino, dominato dalla figura posta a sorvegliare il giaciglio di una dettagliata formica in grado di raggiungere le dimensioni approssimative di una city car. Come non citare, del resto, la stanza che vanta il contributo del nostro connazionale Maurizio Perron, assieme a quello della direttrice artistica olandese Marjolein Vonk, intitolata The Day After (il giorno dopo) e dominata da un enorme lampadario riflettente, il cui scopo dichiarato è omaggiare “Tutte le folli idee nate dopo il tramonto del Sole”. Certamente notevole, continuando l’incompleta rassegna in ordine del tutto casuale, anche la stanza dei due giapponesi Natsuki Saito e Shingo Saito, il cui titolo Kaleidoscope è un riferimento informale alle vetrate di forma circolare delle grandi cattedrali gotiche, in questo caso ricreate come elemento a parete intagliato mediante tecniche tradizionali del loro paese.
Detto ciò, chiunque volesse effettivamente recarsi fino a questa celebre istituzione nordica per soggiornare alcune notti all’interno di tali onirici ambienti, sarà certamente meglio che parta preparato. In primo luogo perché la temperatura effettiva all’interno della “zona fredda” oggetto del presente articolo si aggira normalmente attorno ai -5 gradi, richiedendo quindi il sapiente impiego di speciali coperte termiche fornite dal personale. E secondariamente, perché scegliere di soggiornare in una delle 15 suite comporta in effetti gli stessi compromessi che potremmo aspettarci dal farlo in un vero e proprio museo: ivi inclusa la sveglia imposta alle prime luci dell’alba, per liberare effettivamente lo spazio durante le ore diurne affinché possa essere visitato. Ragion per cui, in effetti, ciascun ospite sarà fornito anche di stanza d’appoggio presso il vicino edificio riscaldato, dove spostare anche le proprie cose al termine delle ore in cui l’arte potrà essere soltanto sua. Detto ciò, quanto meno, il potenzialmente duro risveglio viene favorito dal personale dell’hotel mediante fornitura di una tazza calda di succo di mirtillo rosso per ciascun ospite, espediente quanto meno piacevole per ritornare alle normali temperatura dell’attività fisica propriamente detta. Le forme d’intrattenimento per le ore diurne, del resto, a queste latitudini non mancano certo, includendo escursioni in mezzo alla natura, corse in slitta trainata dai cani e nel caso in cui si riesca ad essere davvero fortunati, al sopraggiungere della sera, sessioni collettive d’ammirazione del fenomeno atmosferico noto come aurora boreale.
Il punto fondamentale, nonché maggiore attrattiva, di tale notevole creazione d’ingegno nella terra di Babbo Natale, ufficialmente definita una delle “Sette Meraviglie della Svezia” è proprio la sua natura effimera e transitoria. Come talune opere d’arte del già citato Oriente, corroborata dal fatto di rappresentare un prezioso ed insostituibile momento artistico, che risulterà precluso a chiunque altro dopo il trascorrere della stagione. E sebbene possa sembrare superflua a molti, questa stessa idea di un’occasione perduta può risultare dal punto di vista d’altri la spinta fondamentale a compiere il balzo verso l’Empireo gelido, trasformando una semplice vacanza in vera e propria, potenziale leggenda.
Non che il tutto possa dirsi, del resto, esattamente a buon mercato: date le molte richieste ed il numero limitato delle stanze, infatti, ad oggi il prezzo per un comune soggiorno di tre/quattro notti all’interno di una delle suite (che per la cronaca ed assoluta necessità situazionale, non hanno neppure alcuna presa di corrente o il bagno) si aggirano tra i 1.000-1.500 dollari, escluso il costo delle attività extra e il trasporto in situ (che generalmente avviene tramite la succitata slitta). Sarà a questo punto, sospetto, estremamente chiaro ciò di cui stiamo parlando: un’esperienza da fare potenzialmente una singola volta nel corso della propria vita. Che proprio per questo potrebbe risultare, in fin dei conti, ancor più unica e memorabile. A patto che vi riesca di contenere i brividi, mentre ogni singola cellula della vostra essenza, intirizzita dal gelo, minaccia di ribellarsi contro le difficili scelte compiute a vantaggio della curiosità umana.