Nella tradizionale serie di liste che corrispondono, su diversi livelli sociologici e culturali, ai più caratteristici aspetti della cultura cinese, una di quelle più frequentemente citate contiene le celebri Sì dà fāmíng (四大发明) ovvero “quattro invenzioni” considerate nient’altro che fondamentali per l’avanzata inarrestabile del progresso umano. E queste sono, alquanto appropriatamente, la carta, la stampa, la polvere da sparo e la bussola, che in modo così profondo seppe rivoluzionare i processi di navigazione attraverso territori precedentemente inesplorati. Benché le prove archeologiche dimostrino come le specifiche caratteristiche della magnetite fossero ben note alla cultura cinese sin dal II secolo d.C, venendo questa utilizzata in un particolare tipo di rituale religioso e conseguente divinazione degli eventi futuri, mancano tutt’ora prove del suo effettivo impiego per la costruzione di bussole, sia pure rudimentali, almeno fino all’epoca corrispondente all’anno 1.000 del nostro calendario. Come sia possibile un simile distacco di natura cronologica, nell’adozione di un sistema tecnologico tanto essenziale, dunque, potrebbe apparire largamente misterioso. Se non fosse per l’esistenza in quello stesso contesto di un diverso metodo capace di tenere conto degli spostamenti attraverso notevoli distanze, universalmente noto come lo Zhǐnán chē (指南车) o “Dito [che punta] automaticamente verso Sud”. Ora per capire esattamente ciò di cui stiamo parlando, sarà opportuno specificare come lo specifico dito fosse in effetti attaccato alla mano ed il corrispondente braccio, di una statua presumibilmente a dimensione naturale raffigurante un Immortale Taoista (nessuna preferenza in materia) montata sopra un carro. La quale, non importa quante volte il proprio piedistallo fosse stato voltato attraverso un travagliato tragitto, avrebbe sempre indicato esattamente nella stessa, fondamentale direzione.
L’oggetto che oggi siamo soliti chiamare carro che punta verso Sud viene quindi generalmente attribuito alla vicenda personale di un particolare personaggio, benché lo stesso aneddoto che ne giustifica l’invenzione, nei fatti, faccia chiaramente riferimento ad episodi della storia pregressa, che a seconda delle diverse versioni potrebbero averne visto il principio in uso sin dall’epoca antichissima della dinastia degli Zhou Occidentali (1050-771 a.C.) ed il suddetto ri-scopritore averlo costruito per rispondere alla sfida, scettica e beffarda, dei suoi colleghi e contemporanei. Il grande tecnico e ingegnere, nonché membro della burocrazia imperiale della tarda epoca dei Tre Regni Ma Jun (200 – 265 d.C.) era in effetti un personaggio capace di attirare l’invidia di molti, date le origini umili che non gli avevano impedito di accedere alle grazie del nuovo imperatore Cao Wei, nipote del famoso signore della guerra che soltanto poche decadi a quella parte, aveva unificato la Cina attraverso un’infinita serie di stratagemmi, battaglie e tradimenti. Ma la gloria accumulata da suo nonno Cao Cao il grande (155 – 220) già iniziava ad essere un ricordo lontano, mentre lo stile di vita dei suoi successori si dimostrava troppo auto-indulgente, costoso e distaccato dalle effettive necessità dei propri sottoposti. Così che, mentre già l’Impero si preparava a passare in mano all’ennesima dinastia, quella iniziata dal “fedele” stratega e sottoposto Sima Yi, che nel giro di un ventennio avrebbe messo un proprio discendente sul trono di giada. Ed era precisamente questo il contesto storico, in bilico tra ulteriori difficili battaglie, che la capacità creativa di Ma Jun ebbe maniera di risplendere, attraverso una serie di creazioni come un diverso sistema d’irrigazione, un teatrino meccanico animato da diverse dozzine di automi per l’intrattenimento dei potenti e tra le due cose, il suddetto miracolo della navigazione stimata. Sapete, a tal proposito, che cosa sia il dead reckoning? Un processo attraverso il quale, una volta determinato il proprio punto di partenza, si tiene conto degli spostamenti effettuati a partire da quest’ultimo. Ottenendo, un momento dopo l’altro, la stima ragionevolmente precisa di dove ci si trova e dove, effettivamente, siamo diretti…
Una volta ho sentito definire, da persona estremamente informata sui fatti, la storia cinese come un processo “circolare” in forza della maniera in cui il continuo progresso di società e cultura non sembrasse riflettere un cambiamento altrettanto significativo dei metodi di governo, con ciascuna dinastia capace di subentrare nel palazzo della capitale, e successivamente cancellare le riforme messe in atto dai propri insigni predecessori. Detto ciò, ad ogni maniera, questo non significa che i propri rappresentanti, viaggiatori ed ambascerie disdegnassero di spostarsi in linea ragionevolmente retta, da un punto di partenza A fino alla destinazione, qualunque fosse la lettera dell’alfabeto scelta al fine d’identificarne l’effettiva natura. Ed almeno in linea di principio, il carro meccanico ri-creato da Ma Jun sapeva dimostrarsi straordinariamente efficiente: una volta “tarato” nel momento di partenza infatti, attraverso la posizione del Sole, delle stelle o la sapienza pregressa di un abitante locale, esso sapeva sempre quale direzione corrispondesse al meridione. In alcune interpretazioni della vicenda, il veicolo in questione apparteneva addirittura alla categoria dei Dongwu Che (洞屋车) o carri da guerra, con pannelli corazzati sotto l’essenziale statua divinatoria, capaci di proteggere i soldati rifugiati all’interno durante le frequenti battaglie di quell’Era bellicosa. Grazie ad un approccio metodoligco che potrebbe, forse, lasciarvi sorpresi. Perché in effetti, secondo fonti quasi coéve giunte fino ai nostri tempi, il funzionamento dello Zhǐnán chē veniva garantito da una versione semplificata del concetto, estremamente moderno, del differenziale. Ovvero quel sistema, presente in tutti i veicoli a motore dei nostri tempi, attraverso cui il movimento di un asse (la trasmissione) viene fatto corrispondere a quello di elementi trasversali (le ruote) in maniera variabile in base all’effettivo moto dell’insieme veicolare, ovvero che consenta alla parte sinistra o destra dello stesso di rallentare, favorendo l’implementazione di una traiettoria verso l’una, oppure l’altra direzione. Immaginate dunque adesso cosa potrebbe succedere, nel caso in cui l’alternanza d’ingranaggi e cremagliere di una delle due parti presentasse un meccanismo posizionato all’inverso, mentre all’estremità opposta del sistema, piuttosto che un motore, si trovasse l’assemblaggio necessario a calcolare, letteralmente, l’effettivo mancato spostamento dell’una oppur l’altra parte del carro. Stiamo parlando nei fatti di una delle forme più rudimentali ed antiche del concetto di computer, nei fatti simile al sistema usato nell’Antica Grecia per il funzionamento della macchina di Anticitera (forse 250 d.C.) capace di ridurre e analizzare un movimento indotto, scomponendolo nelle sue più remote implicazioni.
Detto ciò, sarà opportuno specificare come una simile descrizione del carro di Ma Jun risulti essere per lo più teorica, anche visto come un approccio totalmente diverso al problema fosse stato descritto nel successivo 1040 d.C. da due inventori della dinastia Song, Yan Su e Wu Deren, il secondo dei quali seppe anche abbinarlo ad un sistema di misurazione della distanza. Il loro carro, infatti, senza l’impiego dell’apparentemente appropriato sistema del differenziale, funzionava mediante un sistema d’ingranaggi più semplici, mirati ad attivare la rotazione della statua ogni qualvolta la barra di trascinamento dei cavalli veniva tirata da una parte o dall’altra. Un simile apparato, ad ogni modo, avrebbe dovuto presentare un rateo di svolta fisso, possibilmente garantito dalla presenza di una terza ruota a contatto con il terreno, che non fu mai descritta.
Mistero delle epoche trascorse, il carro che punta verso Sud ha visto numerose interpretazioni e riproduzioni totalmente funzionanti attraverso il trascorrere dei secoli. Ciononostante, molti restano dubbiosi sul suo effettivo impiego come sistema di navigazione, dati i limiti inerenti della navigazione stimata da un meccanismo il quale, necessariamente, non poteva che risultare almeno in parte imperfetto. Calcoli moderni hanno infatti dimostrato come una differenza di dimensione tra le due ruote di poco superiore al rapporto tra uno ed un milione avrebbe effettivamente portato alla letterale inversione della direzione indicata dalla statua dopo una marcia di appena 9 Km, ragion per cui risulta ragionevole pensare come il suddetto indicatore dovesse necessariamente venire scollegato dal meccanismo, ogni qualvolta il carro procedeva in linea retta. Ma quante volte, effettivamente e dato il terreno montagnoso della Cina, possiamo aspettarci che ciò avvenisse… Mentre anche in condizioni ideali, essendo la Terra un’oggetto sferoidale e non piatto, un carro che punta sempre nella stessa direzione non si sposterà effettivamente sempre verso la stessa destinazione geografica (quando sufficientemente remota) bensì lungo una delle infinite linee geodesiche che circondano, nei fatti, la superficie stessa del nostro pianeta. E in definitiva forse il più reale dubbio sulla funzionalità del carro viene proprio dalla maniera in cui esso venne più volte dimenticato, e successivamente riscoperto, attraverso il susseguirsi di epoche tanto distanti tra di loro: se esso fosse stato infatti un metodo di navigazione veramente efficiente, non sarebbe stato ragionevole pensare di trovarlo in uso continuativo attraverso la storia della Cina?
Detto questo ed a discapito di tutto, possiamo ragionevolmente affermare come nel III d.C, Ma Jun avesse effettivamente inventato un Qualcosa. Magari non di Utile o Rivoluzionario, ma cionondimeno, indubbiamente degno di essere Notato. Poiché l’ingegno, in ultima analisi, resta la valuta più preziosa di ogni tempo, luogo o civiltà umana. Sia questa tanto antica da perdersi nelle nebbie del tempo, oppure avveniristica e del tutto fantasiosa, magari grazie alle elucubrazioni di un autore visionario dei nostri folli, vertiginosi giorni.