Non tutti sono in grado di accantonare, per lo meno in linea di principio, il senso istintivo di terrore che deriva dal decollo a bordo di un piccolo aeroplano, ove il grado di ridondanza garantito dai sistemi a bordo è necessariamente inferiore a quello della maggior parte degli aeromobili gestiti da una compagnia: un singolo esemplare di ciascun sistema informativo e di controllo, un singolo motore e soprattutto nella maggior parte degli ansiogeni casi, un singolo pilota in grado di riportarlo, la termine dell’escursione al limite dell’imprudenza, sulla terra da cui si era originariamente sollevato. Immaginate quindi ora il caso in cui costui, per l’improvviso giungere di un qualche tipo di malore, dovesse ritrovarsi totalmente privo di sensi o in qualsivoglia modo egualmente privo di gestire un simile essenziale passo del suo contributo nei confronti delle procedure. Creando il caso di un aereo perfettamente in grado di volare, potenzialmente carico di passeggeri eppure non di meno condannato, semplicemente perché a bordo non c’è più nessuno, a meno di un miracolo, ore di videogiochi ed enormi quantità di sangue freddo, che sia in grado di salvare la vita di se stesso e i propri tre o quattro compagni di sventura. Un qualcosa su cui oggi, con il grado di efficienza raggiunto dagli automatismi nei campi tecnologici di natura più diversa, sarebbe totalmente lecito arrivare a perdere il sonno, come fatto metaforicamente negli ultimi otto anni dalla celebre compagnia per l’aviazione e i GPS consumer, Garmin. Otto anni ben spesi, mi sentirei d’aggiungere, passati a lavorare in gran segreto a ciò che è stato presentato al pubblico, giusto l’altro giorno, con il nome alquanto descrittivo e carico di nuove prospettive di Emergency Autoland. Nient’altro che il coronamento ulteriore, e rossa ciliegina a bordo di particolari aeromobili (come un tasto che fronteggia il panico situazionale) del loro sistema di aiuti di volo noto come Autonomi, facente parte del comparto informatizzato nella soluzione completa per l’avionica di bordo in tre console, la Garmin G3000. Che ora si arricchisce, per lo meno nei modelli mono-motore Cirrus Vision SF50 (il primo ed unico “jet personale”) ed il lussuoso aereo da turismo Piper M500, di un’ulteriore elemento di controllo tra i più facili da utilizzare, concepito proprio per le mogli, figli e amici di coloro che possiedono le doti necessarie a farli decollare. Ma non più essenziali, a quanto sembra, nel caso in cui s’intenda ritornare ad appoggiare i propri piedi sopra il saldo suolo, a seguito dell’imprevisto maggiormente irrisolvibile per propria implicita definizione. Basterà infatti ai succitati spettatori, totalmente incerti sul da farsi, aver ricevuto l’essenziale briefing pre-volo, consistente nel corretto gesto da compiere in caso d’emergenza. Perché una voce calma e computerizzata si palesi ad informarli che i comandi sono in quel preciso attimo stati impugnati da abili e robotiche mani. Mentre un timer messo in evidenza al centro degli schermi inizierà a calare inesorabile, fino all’atteso momento in cui a costoro sarà infine concesso di aprire lo sportello per scendere sopra l’asfalto della pista. Potendo riprendere, nonostante l’esperienza al limite che si sono ritrovati a sperimentare, il pieno controllo delle propria vite…
Il sistema Garmin Emergency Autoland, o come viene chiamato dalla Cirrus, Safereturn, o ancora, nella nomenclatura della Piper, HALO (probabilmente si tratta di un acronimo) costituisce la chiave per accedere a un livello di sicurezza superiore, aprendo letterali nuove vie del tutto inesplorate in precedenza. Ogni aspetto, nel suo metodo d’impiego, è concepito per sostituirsi integralmente alle ore di volo, e l’esperienza necessarie per condurre sano e salvo il prezioso carico umano all’interno della carlinga sfortunatamente (e si spera, temporaneamente) rimasta priva di un conduttore. Proprio la limitata installazione, per il momento almeno, all’interno di due soli specifici modelli ha infatti permesso di tarare l’intelligenza artificiale di bordo sulle effettive caratteristiche di volo, ed i sistemi, di ciascun velivolo, assicurando ad esempio l’essenziale presenza di un sistema di controllo automatico della potenza del motore. Il quale, lavorando di concerto con gli attuatori automatizzati delle superfici di controllo, oltre a quelli per i flap e l’estrazione e freno del carrello, costituiscono l’effettiva piena percentuale delle risorse necessarie a riportare l’aereo a terra. Ciò che effettivamente succede nell’immediato, dunque, non appena viene premuto il pulsante di attivazione (che si trova sul soffitto della cabina del Cirrus Vision, oppure sotto un coperchio protettivo nella plancia di controllo del Piper) è che l’aereo si stabilizza autonomamente, prima che una serie di avanzati calcoli vengano portati a termine dall’IA del sistema, inclusivi della quantità di carburante rimasto, la distanza dai più vicini aeroporti, la posizione di eventuali ostacoli del paesaggio o fronti tempestosi sul percorso. Il tutto continuando ad informare i preoccupati spettatori dello stato dei lavori, con la stessa voce femminile dal tono eccezionalmente neutrale. Una volta in possesso di una soluzione possibile, a quel punto, l’aereo inizierà a dirigersi verso la pista più vicina e sicura, giungendo a contattare in autonomia la torre di controllo per spiegare chiaramente la situazione. Fermo restando che sarà comunque possibile per le persone a bordo, interagendo coi tre schermi dell’avionica letteralmente trasformati in semplici pannelli di riferimento, conversare direttamente con le controparti a terra, per meglio spiegare il tipo d’emergenza o il malore che ha colpito il loro unico pilota. Una volta giunto sopra la propria destinazione, il meccanismo dell’Emergency Autoland potrà sfruttare, dunque, dei sofisticati sistemi d’analisi visuale per determinare quale sia una pista libera, oppure mettersi in un circuito d’attesa (holding pattern) sopra il luogo di rientro, nell’attesa di poter disporre di una simile risorsa, che comunque si presume sarà stata preparata per tempo da parte dei controllori di volo. Una volta confermata tale disponibilità, l’aereo inizierà la sua discesa senza nessun tipo di ausilio specifico esterno, in aggiunta a un sistema di guida verticale standard (LPV, LNAV/VNAV or LNAV+V) del tipo presente nella maggior parte degli aeroporti civili dei nostri giorni. E una volta poggiate le ruote a terra, non troppo distanti dalla linea centrale della pista, mettersi a frenare fino alla fermata completa, subito seguita dallo spegnimento automatico del motore. Per poi annunciare, con la stessa voce impersonale, che è giunto il momento di fare il proprio trionfale ritorno nel reame dei viventi, nonostante gli scomodi presupposti dell’esperienza che si è appena terminato di sperimentare. Perciò, “Missione compiuta!” Direi che è proprio il caso di ribadirlo.
Il concetto in se di un atterraggio gestito da sistemi autonomi non è del tutto nuovo, benché simili approcci risolutivi al problema siano stati fino ad ora concepiti principalmente come ausili da impiegare in condizioni di scarsa o nessuna visibilità, a bordo di grandi aerei di linea e sempre sotto la supervisione di piloti esperti. Mentre l’idea di Garmin e i suoi due partner commerciali risulta essere, allo stato dei fatti e come dimostrato nelle prove tecniche per la stampa, totalmente autonoma e per usare un modo di dire quanto mai appropriato, “a prova d’idiota”. Tanto che, in particolari situazioni estreme, i due arei includerebbero un sistema automatico d’attivazione della procedura qualora gli interventi sui comandi in cabina stessero risultando del tutto privi di senso, particolarmente utile nel caso in cui il pilota e tutte le altre persone a bordo siano state improvvisamente incapacitate, ad esempio per un guasto ai sistemi di rifornimento dell’ossigeno mentre ci si trova sopra i 10.000 piedi di altitudine.
É importante notare come oggi un piccolo aereo, oggi, non sia inerentemente meno affidabile, dal punto di vista ingegneristico, dei suoi fratelli maggiori. Anche vista l’implementazione di espedienti come il paracadute per l’intero velivolo CAPS (vedi precedente articolo) della Cirrus concepiti per intervenire ogni qualvolta la situazione dovesse risultare irrisolvibile mediante metodi convenzionali. Oltre alla maniera in cui, per la natura stessa del volo in quanto tale, questo risulti molto più adeguato all’implementazione di un sistema di guida automatico rispetto alla guida su strada di un’automobile, che dovrà far fronte a una quantità potenzialmente assai maggiore d’imprevisti o possibili ostacoli sul sentiero. Perché dal punto oggi segnato dalla Garmin, l’evoluzione successiva è chiara: piccoli aeroplani che un domani potranno decollare, puntare verso la loro destinazione ed atterrare senza nessun tipo di problema come fossero degli Uber totalmente autonomi, mentre le persone a bordo guardano un film, dormono o conversano amabilmente. Ed allora, voi cosa ne dite? Sarete pronti ad affidare la vostra stessa esistenza alle doti imprescindibili di un’incorporea intelligenza priva di sangue all’interno delle sue stesse vene?