Una grande verità della guerra è che il fattore psicologico, molto spesso, può ampiamente superare l’effetto puramente materialistico delle armi. E che un singolo agente, schierato in circostanze particolarmente opportune, possa arrecare danni pari o superiori a quelle di un’intera squadra, compagnia, battaglione… Soprattutto qualora il “nemico”, se realmente vogliamo definirlo tale, risulti essere del tutto impreparato agli eventi, ovvero vulnerabile a strategie capaci di disgregarne la coesione e conseguentemente il morale, inficiando qualsiasi possibile strategia reattiva… “Eccolo, eccolo, sta arrivando di nuovo!” Fece riecheggiare verso le prime ore dell’alba dell’Australia Occidentale la voce di Claire Greenwell, naturalista e biologa dell’Università di Murdoch, reclutata temporaneamente tra i ranghi della ronda notturna di Mandurah, cittadina con un particolare problema dotato di quattro zampe, vibrisse e una saettante coda. “Il… Fantasma.” Bianco come la neve, spietato come la Triste Mietitrice. Una leggenda, soprattutto tra le incolpevoli vittime della sua insaziabile fame, le delicate e preziose sterne delle fate (Sternula nereis) del locale santuario, orgoglio imprescindibile dell’intera comunità locale proprio perché classificate come “vulnerabili” nella lista rossa della IUCN. Al punto da vietare severamente di far uscire i gatti domestici per tutti i mesi da ottobre a febbraio, periodo primaverile ed estivo da queste parti durante il quale tali creature erano solite terminare la propria migrazione per nidificare e deporre le uova contenenti la successiva generazione. E sottolineo “erano” visto che adesso, per quanto sappiamo, potrebbero anche non tornare mai più.
Una norma comportamentale, questa, prevedibilmente non sempre rispettata; il che in effetti era previsto ed in ultima analisi, privo di gravi conseguenze. Poiché non c’è molto danno che un singolo felino abituato agli agi casalinghi possa arrecare, quando un’intera squadra di ranger e volontari è stata riservata per rispondere alle sue scorribande, prenderlo in trappola e previa analisi dell’obbligatorio microchip, restituirlo con meritata ramanzina al distratto proprietario. Ma per quanto riguarda un vero e proprio gatto ferale, ovvero ritornato allo stato selvatico, ecco, lasciatemi dire che le cose possono assumere tinte decisamente più fosche. Come cominciarono a notare i suddetti operativi man mano che ritrovavano, una notte dopo l’altra del passato periodo pre e post-natalizio, svariati esemplari adulti decapitati o fatti a pezzi (ne sono stati stimati 8) per non parlare delle letterali dozzine dei graziosissimi pulcini recentemente usciti dalle loro uova (oltre 40 innocenti). Fu ben presto chiaro, dunque, che un letterale Diavolo era all’opera, e che niente, tranne una ferma disciplina e l’implementazione di tutte le più avanzate tecniche, avrebbe potuto esorcizzare il suo effetto sulla più amata riserva di uccelli della ridente cittadina di Mandurah.
La lunga battaglia durò circa una settimana, con il misterioso gatto, sempre lo stesso esemplare maschio di colore bianco (che successivamente si sarebbe scoperto essere stato precedentemente castrato) veniva più volte avvistato, inseguito anche per ore all’interno del sottobosco e inevitabilmente spariva, per fare quindi il suo ritorno la notte successiva. Ragion per cui il resoconto della Greenwell di quei fatidici giorni, pubblicato a maggio di quest’anno all’interno della rivista scientifica Animals, appare come la letterale discesa agli inferi di un qualche romanzo horror o libro di fantascienza, mentre ad ogni sorgere del sole gli atterriti incaricati di proteggere la riserva ritrovavano costantemente nuove pennute vittime, qualche volta fagocitate in parte ma ancor più spesso uccise dal gatto e poi lasciate lì, per apparente sadico divertimento. Il problema dei gatti ferali in effetti, come ormai molte persone ben sanno in Australia, è che simili creature imparano subito e una volta che eludono la prima volta una trappola o un tentativo di cattura, diventano praticamente impossibili da catturare, continuando ad apportare il proprio danno sulla preziosa e insostituibile fauna locale. Ma ciò che stava avvenendo a Mandurah era persino peggiore di questo: poiché dal punto di vista ecologico e per quanto concerne la sopravvivenza di un’intera comunità di sterne delle fate, questi candidi uccelli dalla testa nera devono potersi affidare l’uno all’altro, cooperando per avvisarsi a vicenda della venuta dei possibili predatori e intervenire a terra, quando possibile o necessario, per proteggere i rispettivi pulcini. Se non che i poveri pennuti, a tal punto atterriti dal loro feroce aguzzino, in quel preciso caso avevano smesso di farlo, incrementando drasticamente i casi di predazione ad opera di falchi ed altri rapaci. In breve tempo, dunque, l’intera comunità volatile stava collassando su se stessa, mentre ogni singolo nuovo nato, con la potenziale esclusione di due soli miracolosi sopravvissuti, soccombeva sotto artigli, becchi o altre fauci spalancate pronte a fagocitarlo in un sol boccone. Colonia delle adorabili sterne di Mandurah, dunque, anno 2019. Risultato, un fallimento completo. Quasi 50 vittime, un’intero team di protettori umani ragionevolmente traumatizzati e la stima di oltre 220 uccelli fuggiti altrove, rimasti senza una casa e che per quanto ci è dato di sapere, probabilmente non torneranno mai più. E tutto a causa di un singolo animale assolutamente non-nativo, il letterale sasso gettato tra gli ingranaggi spietati del Fato. Immaginate quindi cosa potrebbero fare centinaia di migliaia, milioni di questi animali. Uno scenario apparentemente orribile eppure anche troppo… Reale?
Ha fatto molto discutere in questi ultimi anni il piano messo in atto dalle autorità australiane a partire dal 2015 per l’eliminazione sistematica di enormi quantità di gatti ferali o completamente selvatici, discendenti di quelle stesse creature giunte sulle navi dell’epoca delle esplorazioni come alleati degli uomini contro indesiderati parassiti o piccoli invasori delle proprie notti domestiche o per mare. Un vero e proprio eccidio istituzionalizzato, condotto mediante il sapiente impiego di particolari salsicce avvelenate rilasciate ad ampio spettro nella natura con all’interno una generosa dose delle tossine estratte da piante del genere gastrolobium, assolutamente innocue per le specie quadrupedi australiane native ma letali per il nostro amico/nemico Felis catus, che dal punto di vista evolutivo non aveva mai avuto modo o ragione d’incontrarle nel corso dei secoli pregressi. Un approccio più volte criticato dagli animalisti, che avrebbero preferito di gran lunga l’approccio della cattura, sterilizzazione e successivo rilascio. Una procedura, è importante notarlo, esattamente corrispondente a quella sperimentata prima del massacro di uccelli dal disastroso gatto bianco di Mandurah, che tanti danni si è dimostrato capace di apportare alle povere sterne coi loro pulcini.
Avvicinandoci quindi al triste epilogo di questa storia, possiamo riportare un articolo del Mandurah Mail del 12 dicembre riportante a chiare lettere la notizia tanto a lungo attesa: il killer dal candido manto era stato, finalmente, catturato. In circostanze non propriamente chiare e non si sa da chi, benché il testo prosegua con fare rassicurante, l’amministrazione municipale si fosse già premurata di far sopprimere in maniera pietosa lo spietato aggressore. Con buona, e inconsapevole pace dei pennuti superstiti alle sue scorribande, ormai da tempo rimasti senza (quasi) alcun figlio e fuggiti altrove. Una cupa riconferma che comunque possano andare a finire le cose, nei conflitti irrisolvibili senza l’impiego della violenza non c’è mai un vero e proprio vincitore. Ma soltanto due giocatori, altrettanto sconfitti: il portatore della pena, e quello del rimpianto. E nessuno può dire, a questo punto della faccenda, che cosa potrà succedere la prossima estate…