“Approderemo lo stesso: venisse anche giù l’inferno!” In piedi sull’imbarcazione da diporto, un braccio lungo il fianco e l’altro alzato ad indicare la sua meta, oltre le dozzine di metri di secche, rocce frastagliate ed altri ostacoli alla navigazione, che tanti anni prima erano valsi a questo luogo il nome di Isole della Morte per le religione dei Nativi ed in seguito, ad opera dei colleghi spagnoli dell’esploratore e celebre corsaro Sir Francis Drake che le aveva scoperte nel 1579, semplicemente Farallones, ovvero “scogli”. Uomo in grado di sfidare il pericolo e la convenzione, esattamente come il tale di nome David Batchelder, ricordato dalla storia in qualità di coraggioso capo di una squadra di pescatori dalle origini italiane, che partendo dalla città di San Francisco, decise di dirigere la propria cupidigia verso l’Oro. Ma non quello seppellito sotto strati di geologica immanenza, come i cercatori che due secoli dopo lo sbarco degli europei su quelle coste, ne avevano fatto il luogo principale dei loro sogni di prospezione e ricchezza mineraria. Bensì quel particolare tipo di regalìa del popolo dei cieli, diventata attorno a quel fatidico 3 giugno 1863 un bene commerciale irrinunciabile, in qualità di principale fonte di proteine prontamente disponibile, che fosse ragionevolmente resistente al tempo, alle intemperie e al moto distruttivo delle onde (fattore, questo, assai importante durante il trasporto) trasformandosi per questo in una via d’accesso meritevole al guadagno. Ed io lo immagino alto, orgoglioso, magari con la stessa lunga barba nera del corsaro, mentre lancia la sua sfida agli uomini della guardianìa del faro, che a partire da una decade, oramai, facevano il bello e il cattivo tempo sulle “loro” isole, in forza di un mandato concesso, a torto o a ragione, dal XV presidente degli Stati Uniti in persona, James Buchanan. “A vostro rischio e pericolo signori, a vostro rischio e pericolo.” Risposero le rabbiose controparti dalla riva, accarezzando la canna dei loro fucili. Ma era chiaro essenzialmente ad entrambe le parti, giunti ormai a quel punto, dopo innumerevoli scaramucce verbali e intercettazioni da parte della guardia costiera, con conseguente confisca delle armi, attraverso un ripetersi di tentativi che avevano occupato i molti mesi trascorsi, che si era ormai giunti al punto di non ritorno. E il fatto che stavolta, per una ragione o per l’altra, la spiaggia avrebbe finito per tingersi di un color rosso intenso.
L’oggetto del desiderio di cui sopra, del resto, pareva certamente meritarlo. Così come aveva scoperto nell’ormai remoto 1849 un altro immigrato della principale city sulla faglia di Sant’Andrea, dal nome tramandato di Dr Robinson, la cui flessibilità e immaginazione imprenditoriale aveva permesso, dopo aver noleggiato un’imbarcazione, di recarsi per primo dopo tanti secoli su queste coste. In cerca di quella fortuna finanziaria che gli avrebbe permesso, in pochi mesi, di fondare una delle maggiori farmacie di San Francisco. E tutto grazie ad un oggetto rotolante, il singolare uovo dell’uccello guillemot…
L’urìa comune, guillemot o murre (Uria aalge) che dir si voglia è un volatile marino appartenente alla famiglia degli alcidi. Benché “volatile” nel suo caso, sia un termine decisamente soggetto ad interpretazioni, data la sua notoria poca maestria nel compiere un tale atto, esemplificata in modo particolare dal caratteristico viaggio d’apprendimento compiuto, immancabilmente, da un genitore assieme alla sua preziosa prole verso il mare, quando giunge il momento, durante il quale i piccoli tendono a rimbalzare letteralmente lungo rocce, irti pendii e scoscesi dirupi, nel maldestro tentativo di tenere il proprio corpo sollevato dal suolo. Una goffaggine che poi letteralmente scompare una volta raggiunto il mare, dove gli uccelli dimostrano la reale efficacia della loro conformazione tozza simile a quella di un pinguino, ideale per immergersi e iniziare, in modo particolarmente agile, a nuotare. Ma forse un tale termine neppure rende giustizia all’effetto estetico di un tale gesto, vista la maniera in cui le murre muovono le proprie piccole ali sott’acqua, quasi come stessero volando al di sotto della superficie increspata delle onde. La parte della loro dotazione evolutiva maggiormente rilevante per la nostra trattazione, tuttavia, è di tutt’altra natura e relativa alla conformazione delle loro uova. Il guscio che protegge l’uria comune nascitura ha infatti la caratteristica di essere considerevolmente più grande di quello di una gallina (nonostante l’uccello adulto, in ultima analisi, non sia tanto più grande di quest’ultima) e presentarsi con una caratteristica forma appuntita da una delle due parti, tale da scongiurarne il rotolamento rovinoso oltre il bordo della scogliera dove, nella maggior parte dei casi, viene deposto. E soprattutto, data la quantità di questi uccelli che nidificavano presso le isole di Farallones, aveva la caratteristica di rappresentare una fonte di cibo praticamente inesauribile per tutta la regione circostante quello che costituisce, tutt’ora, il più popoloso santuario per gli uccelli degli Stati Uniti, Alaska ed Hawaii escluse.
A partire dalla già citata “riconquista” da parte del Dr. Robinson quindi, proprio lui ricevette dal destino l’informale mandato di stabilire una vera e propria industria attorno al loro sfruttamento, con procedure talvolta crudeli come quella di distruggere sistematicamente tutte le uova deposte in una particolare zona, affinché quelle trovate la mattina prima fossero tutte abbastanza nuove da giungere commestibili presso le taverne e ristoranti frequentate dai cercatori di fortuna del selvaggio West. Attraverso le decadi in cui i suoi discendenti, quindi, continuarono a difendere gelosamente il proprio territorio in quella che era ormai diventata nota come la Pacific Egg Company di San Francisco, la successiva costruzione del faro non fece che esacerbare questo percepito monopolio, mentre gli occupanti di tale struttura, probabilmente pagati dai cercatori di uova, si fecero dei convinti difensori del loro diritto esclusivo a sfruttare la fatica riproduttiva dei poveri guillemot. Vennero anche implementate delle pratiche altamente rappresentative, tra cui l’ardua scalata delle irte scogliere isolane, con apposite ceste portate sulle spalle, mediante una serie di gesti che richiedevano ai cacciatori una certa dose di coraggio e di certo, poca propensione alle vertigini.
Finché nel giugno del 1863, giusto poche settimane prima che a Gettysburg avesse luogo una delle battaglie più importanti di tutta la guerra civile americana, Batchelder e i suoi uomini non giunsero sulle agognate rive, al fine di far valere il diritto che veniva considerato implicito nell’esistenza di qualsivoglia americano: fare proprio ciò su cui è possibile gettare lo sguardo, verso l’acquisizione del più puro e assoluto concetto di Libertà.
La cosiddetta “guerra delle uova” che fino a quel momento era stata per lo più fredda, entrò quindi nella sua fase più acuta, con la ciurma italiana di Batchelder che trascorse l’intera notte a bere alcol, mentre continuava a insultare in modo altisonante gli uomini di Ira Rankin, soprintendente del faro in quegli anni e i loro alleati della Egg Company, accorsi sul posto non appena avevano ricevuto l’avviso della problematica situazione. Ancora una volta, probabilmente, nessuno pensava che si sarebbe venuti realmente a un conflitto aperto se non che esattamente 20 minuti dopo l’alba, il fiero conquistatore ordinò ai propri marinai di sbarcare sulla riva, fucili alla mano, esattamente come tante altre volte era capitato in quegli anni per vene particolarmente redditizie o altri luoghi minerari dell’aurifero territorio californiano. Ed a quel punto, battaglia fu! Non a caso in effetti, la Egg Company aveva fatto disporre sugli alti scogli delle Farallones una serie di punti di tiro e persino (si dice) alcuni cannoni, il cui suono riverberò clamorosamente nella baia ancora semi-addormentata. Gli italiani, ovviamente, risposero al fuoco e nei frenetici attimi successivi almeno uno degli uomini del faro rimase ucciso sul colpo, mentre cinque pescatori venivano feriti, di cui uno gravemente, per poi morire sulla terraferma alcune settimane dopo. Il primo assalto, prevedibilmente, era fallito ma la guerra non finì così. Il governo locale infatti, colpito da un simile fatto di sangue, rafforzò ulteriormente il monopolio della Egg Company ed iniziò a sottoporla a un più severo controllo, impedendo presumibilmente il tipo di collusione che era esistita fino a quegli anni con la guardianìa del faro. Verso gli anni ’70 del XIX secolo, quindi, coloro che avrebbero dovuto custodire unicamente la luce guida per i naviganti di queste difficili acque si diedero alla caccia sistematica dei leoni marini che si trovavano sulle loro coste, bruciandone le maleodoranti carcasse per ricavarne prezioso grasso e causando, in tale maniera, gran disturbo ai cacciatori di uova. Giusto mentre sembrava che la situazione stesse per degenerare di nuovo in un feroce conflitto aperto, dunque, le autorità intervenirono ancora, vietando formalmente ogni tipo di sfruttamento ecologico di queste isole a partire dal 1881.
Il che d’altra parte, sarebbe stata davvero una fortuna. Nessuna delle tipologie di caccia compiute nei passati secoli sulle Isole della Morte poteva infatti definirsi in alcun modo sostenibile, avendo portato secondo recenti stime a una riduzione degli uccelli locali da circa 400.000 ad appena 60.000 complessivi, una somma che si era fatta probabilmente ancor più esigua all’inizio del secolo successivo. Un cupo memento, se pure dovessimo considerarlo necessario, di come qualsiasi risorsa risulti essere destinata a esaurirsi, non importa quale sia il suo regno di appartenenza… Animale, minerale, volatile, subacqueo, sotterraneo. Tutto quello che può guidarci, è il nostro desiderio di ricchezza OPPURE sopravvivenza ulteriore verso le prossime generazioni. Assai difficilmente, entrambe le cose allo stesso tempo…