Costituisce un’usanza largamente praticata tra i turisti, quella che conduce pressoché chiunque sbarchi presso l’aeroporto di Vágar, ad un miglio dal villaggio di Sørvágur, dritto verso l’unica agenzia di affitto autoveicoli del vicinato. Al fine di dotarsi delle ruote necessarie per dirigersi, senza ulteriori esitazioni, verso il primo punto di riferimento che compare, in ordine di tempo e d’importanza, sulle guide: la famosa Mulafossur, cascata che si getta nell’Oceano Atlantico dall’altezza di 434 metri. Ma non prima, ciò è previsto dalla convenzione, che il gestore di una simile risorsa veicolare compia la sua arringa preparatoria in più lingue, finalizzata a preparare lo straniero a una particolare quanto problematica usanza di questi remoti, talvolta gelidi lidi: quella di dare la precedenza a chi proviene dal “lato giusto” di taluni particolari tunnel, scavati nel fianco delle montagne e qualche volta totalmente privi d’illuminazione. È una storia, questa, che trova la ragione di ripetersi in più luoghi del Distretto Amministrativo Autonomo facente parte della Danimarca, benché sia collocato nell’esatto punto oceanico tra Gran Bretagna, Islanda e Norvegia. In ciascuno dei 13 tunnel a una singola corsia (cui si aggiungono altri 6 dotati dell’utile doppio senso) pur necessitando di essere percorsi da entrambi i lati.
Quale tipo di soluzione, dunque, avreste mai pensato di adottare per una simile apparente contraddizione in termini? L’impiego di un semaforo, assai probabilmente, non avrebbe potuto far danni. Ma quando si considera la lunghezza media di questi particolari tragitti, superiore ai due chilometri, inizierà ad apparirvi chiara l’unica possibile, impressionante realtà: che tutti possono procedere in qualsivoglia momento, a patto che conoscano il corretto comportamento da tenere, per come viene puntualmente insegnato presso le scuole guida dell’arcipelago in questione. Il che inizia dalla presa di coscienza della segnaletica situata all’imbocco, che prevede l’identificazione del proprio lato come quello prioritario, oppure condizionato dalla necessità di dare la precedenza ai veicoli che provengono in senso contrario, mediante una metodologia che giunti a questo punto della spiegazione, potrebbe anche aver generato un certo senso di suspence orrorifica persistente: ebbene no, nessuno si aspetta che percorriate in retromarcia molte centinaia di metri, nella peggiore delle ipotesi, bensì che gli abitanti del luogo con l’obbligo di far passare, così come i turisti, prestino attenzione al distante bagliore dei fari sulla distanza. Comparsi ed individuati i quali, dovranno fare affidamento sulla presenza, ad intervalli regolari di non più di 100 metri, di particolari piazzole di sosta sul lato destro del proprio tragitto, appena sufficienti a contenere uno, oppure due veicoli specchietti retrovisori inclusi. Dando luogo a uno scenario, per un sentiero sorprendentemente trafficato come i particolari nastri d’asfalto di questa sorta di mini-paese scandinavo nel bel mezzo dell’Atlantico, in cui si parte e ci si ferma più volte, secondo una precisa metodologia mirante a ridurre il pericolo apparente di una simile soluzione di viabilità. Benché non sia, nei fatti, per nulla raro che un visitatore esterno preso dal panico finisca per fare una manovra azzardata, indotta dallo spontaneo senso di terrore indotto da una simile strada sotterranea, priva di significativi punti di riferimento nell’esperienza di guida pregressa di chicchessia. Il che ad ogni modo, non è che il primo e maggiormente significativo capitolo di una serie di punti verso cui prestare attenzione, tutt’altro che intuitivi per chi calchi una simile terra per la prima volta, venendo necessariamente da molto, molto lontano…
Il secondo punto generalmente evidenziato a vantaggio dei guidatori fuori dal club dei nativi è “Attenzione alle pecore!” sempre e comunque, dal momento stesso in cui ci si trova a varcare i confini di una qualsiasi delle piccole cittadine che costellano l’arcipelago faroese. Animali capaci tradizionalmente di superare, per numero, l’intera popolazione umana di tali isole (allo stato dei fatti attuale, 70.000 contro 50.000) e lasciate normalmente pascolare da entrambi i lati delle serpeggianti strade, nonostante l’insita predisposizione a mettersi improvvisamente a correre, attraversando rapidamente la strada per andare a raggiungere le beneamate compagne di gregge anche a discapito della propria candida incolumità lanosa. Al che si richiede, spirito d’osservazione, conoscenza dell’indole animale e riflessi prontissimi particolarmente dietro una curva, pena il senso di colpa di aver arrecato danni a una creatura priva di colpe, fatta eccezione per l’incapacità di comprendere i pericoli del mondo contemporaneo. Detto ciò, esiste comunque una procedura, anch’essa comunicata in anticipo, che vede il potenziale quanto involontario carnefice obbligato a recarsi quanto prima presso il commissariato di polizia più vicino, al fine di comunicare luogo esatto ed ora dell’incidente. Altro aspetto verso cui prestare attenzione, anch’esso notevolmente pericoloso a suo modo, è quello relativo alle strade di montagna che collegano i diversi villaggi senza passare, mediante le metodologie precedentemente descritte, all’interno dei massicci in questione. Sentieri dotati, in maniera analoga, di appositi slarghi sul lato destro (chi si muove in salita ha sempre la precedenza) che più di un turista in precedenza ha scambiato come punti panoramici per scattare qualche fotografia o selfie d’ordinanza; il che, inutile sottolinearlo, risulta essere severamente proibito dalla legge.
Che cosa ha portato, dunque, gli abitanti delle isole Faroe a costruire una rete stradale tanto complessa spesso anche a discapito della sicurezza, portata finanche ad estendersi verso piccole comunità di 20 o 30 agricoltori e pescatori, sulla punta estrema di una così frastagliata estrusione vulcanica risalente alla nebbia preistorica delle Ere? Diverse sono le risposte possibili, tutte facenti capo sostanzialmente alla stessa singola spiegazione: proprio la natura irraggiungibile di queste terre, per chi dovesse imbarcarsi a partire dalla cosiddetta terra ferma ha portato i loro abitanti al bisogno di vicinanza e comunicazione reciproca, costituendo una sorta di microcosmo ragionevolmente indipendente dal “fuori”. Con l’aumentare dei fondi, dovuti a una proficua industria ed esportazione della pesca, si è gradualmente giunti presso le vette dell’attuale generazione in corso…
Cercate su Google “tunnel delle isole Faroe” dunque, e il primo risultato che otterrete non saranno gli angusti percorsi sopra descritto, bensì le due aperture scavate sotto il fondale marino, rispettivamente concepite per unire le isole Vágar con Streymoy e Borðoy con Eysturoy, ciascuna costruita secondo le aspettative moderne e dunque dotata di due corsie distinte. Successivamente al passaggi dei quali, si richiede il pagamento di un ragionevole pedaggio (14 euro andata e ritorno) presso una qualsiasi delle stazioni di servizio situate nei dintorni. Tunnel molto costosi da costruire e da mantenere, soprattutto date le continue infiltrazioni d’acqua, provenienti in larga parte e direi alquanto sorprendentemente, non dal mare bensì dalle faglie sotterranee delle vicine terre emerse. Il che non ha comunque scoraggiato l’amministrazione nazionale dal continuare a progettarne ulteriori, in sostituzione della vecchia quanto limitante metodologia dei traghetti di collegamento tra un’isola e l’altra, incapaci d’operare al volgere di condizioni climatiche ostili.
Se dovessimo individuare, giunti a questo punto, uno dei fili conduttori principali dell’epoca contemporanea, questo sarebbe senz’altro l’approccio alla comunicazione e il collegamento indiretto tra le genti appartenenti a diversi popoli, ambienti o regioni storiche di provenienza. Detto ciò, non è possibile far passare in secondo piano quella che ha sempre costituito, sin dall’alba dei tempi, una delle massime aspirazioni dell’uomo: viaggiare, spostandosi fisicamente da un punto all’altro. Nel mondo tangibile della non-virtuale realtà, tuttavia, occorre disporre delle giuste conoscenze nozionistiche per poter procedere senza nessun tipo di contrattempo. Cosa che purtroppo, non hanno ancora capito le incaute pecore delle isole Faroe.