L’irritante segreto dei polpi dal cangiante mantello

Fluido fulmine attraverso epoche indistinte, il cosmopavone era solito fuggire attraverso le pieghe dello spazio e del tempo, occultando la propria presenza grazie alla capacità di trasformarsi negli oggetti posseduti da importanti personaggi della storia umana: la spada di Alessandro Magno, la corona di Carlo Magno, il pennello di Van Gogh… Almeno fino a che i guerrieri del distante Calendar, nel tentativo di proteggerlo, combattevano robotiche battaglie contro gli ostinati usurpatori di quel regno, fermamente intenzionati a catturarlo. Ed è allora che sorgendo sullo sfondo, al termine di ciascun episodio, l’immaginifica analogia contemporanea del concetto di “fenice” aveva modo di sollevarsi in volo, lasciando dietro a se una scia multicolore non dissimile dall’aurora boreale. Ma che cosa sarebbe successo se una simile creatura, proveniente dal mondo dei cartoni animati, fosse finita per errore negli oceani tangibili di questa Terra? Per affondare, irrimediabilmente, presso le coste temperate di Romblon, provincia arcipelagica delle Filippine… Certamente, lungi dal perdersi d’animo, la presenza eccezionale avrebbe trasformato le sue piume. Per passare dalle ali verso quell’ottuplice sistema di tentacoli, che da sempre ha caratterizzato le creature acquatiche capaci di un qualsiasi trasformismo, sia cromatico che comportamentale, al fine di mangiare o per proteggersi dai predatori. Diventando un polpo o se vogliamo essere ambiziosi nella nostra ipotesi, perché non l’appartenente femminile al genere Tremoctopus, cosmopolita essere d’alto mare lungo circa due metri e dalle plurime, nonché intriganti strategie d’autodifesa!
Strano e surreale risulta essere, del resto, il caso di una classe di creature che pur graziando con la propria maestosa esistenza molti mari ed Oceani, tra cui l’Atlantico, il Pacifico, l’Indiano e addirittura il nostro Mediterraneo, risulta pressoché sconosciuta in funzione della sua rarità e il contesto d’appartenenza, convenzionalmente assai lontano dalle coste. Il che ne ha fatto attraverso i secoli, più che altro, una cattura occasionale delle reti a strascico, capace di lasciare senza fiato i pescatori. Ma è soltanto quando si riceve l’opportunità di vederne una, o come in questo caso due, del tutto libere nel proprio ambiente, che si può apprezzare a pieno la straordinaria capacità creativa dei processi naturali dell’evoluzione, capace di creare in simili frangenti una presenza che sembra al tempo stesso aliena, nonché perfettamente logica nel suo contesto di appartenenza: le profondità d’altura. Dove, come possiamo facilmente immaginare, mancano del tutto rocce, alghe o altre caratteristiche del paesaggio, capaci di fornire metodi per mascherare la propria sagoma, mediante il classico impiego del mimetismo. Poco importa, dopo tutto. A chi, come costoro, possiede oltre al dono della dissimulazione l’immunità verso un particolare tipo di arma, e non ha paura di sottrarla al potenziale nemico, per usarla quindi contro tutti coloro che minacciano la propria continuativa esistenza…

Questa ripresa durante un’immersione notturna nello stretto di Lembeh, presso l’isola di Sulawesi, mostra probabilmente un esemplare giovane di T. violaceus o T. Gelatus. Il quale, fino a quel fatidico momento, non sembrava ancora aver trovato una ragione, o avere la capacità, di dispiegare il proprio notevole mantello cangiante.

Prima di svelare un simile segreto, tuttavia, sarà descrivere chiarire cosa, esattamente, abbiamo avuto modo di vedere nel recente video realizzato da Joseph Elayani, durante una lezione d’immersioni a largo dell’isola di Tablas. Ovvero come dicevamo due esemplari (il secondo compare soltanto alla fine) assai probabilmente appartenenti alla sottospecie T. violaceus gracilis, principale esponente del genere Tremoctopus disseminato nei mari del Pacifico, a differenza delle altre che appartengono a contesti geografici altamente distinti & definiti. Il cui aspetto ultramondano, donato dallo strascico capace di catturare e trasformare la luce proveniente dalla superficie in una sorta di arcobaleno delle sommerse circostanze, è in realtà frutto di una strategia difensiva, probabilmente indotta dalla presenza non familiare dei silenziosi testimoni umani. Consistente nel dispiegamento, capace di confondere il nemico, della grande membrana nascosta tra i suoi tentacoli capace d’ondeggiare sinuosamente nella corrente come il mantello del conte Dracula, ragion per cui questo animale viene definito in lingua inglese blanket octopus (polipo coperta). Nel caso in cui un simile approccio non dovesse quindi funzionare, il cefalopode può sempre liberarsene al momento della fuga, lasciando il suo presunto catturatore libero di consumare una simile parte non-vitale del suo corpo largamente privo di ossa.
Ma è soltanto come ultima risorsa, qualora tutto ciò non funzionasse, che il Tremoctopus può sfoderare l’arma finale: il tentacolo nascosto tra le pieghe del suddetto abbigliamento, niente affatto proprio, bensì sottratto a un qualsivoglia sifonoforo della categoria delle temute caravelle portoghesi (Physalia physalis) mostruosità marine composte da multipli organismi interdipendenti detti zooidi, la maggior parte dei quali possiedono un terribile veleno urticante, capace di scoraggiare anche il più determinato dei predatori. Impugnato come una frusta ad estrazione rapida, pronta a colpire chiunque meriti, secondo il polpo, di venire ripagato con la sua stessa moneta. Il che nasconde, inerentemente, un ultima faccenda totalmente fuori dal comune. Avrete forse ricordato a questo punto come, in apertura, io avessi parlato in modo esplicito di “esemplari femmina” di una così strana classe di animali. Questo perché l’intero genere rappresenta, tra l’altro, uno dei singoli casi di dimorfismo sessuale più straordinari della natura, paragonabile a quello di taluni pesci abissali lofiformi, in cui il maschio esiste solamente per trasmettere il proprio DNA alla femmina, prima di trasformarsi in una parte inscindibile del suo corpo. E benché tale particolare casistica, nella presente specie, non abbia modo di verificarsi, vale comunque una distanza tra le dimensioni che vede il presunto “sesso forte” come non più grande di 2,4 cm, contro gli oltre 2 metri della femmina, che può arrivare a pesare anche 40.000 volte in più. Ragion per cui, l’unico metodo con cui costui può procreare è veicolando il proprio sperma tramite il tentacolo specializzato definito hectocotylus, che lei preleva senza troppe cerimonie staccandolo in un attimo dal resto dell’inutile corpo. Il che lascia il suo consorte privo di ulteriori scopi nella vita, causandone la morte pressoché immediata. Analisi condotte sugli esemplari catturati accidentalmente, quindi, hanno dimostrato come ciascuna femmina custodisca all’interno del suo mantello (termine tecnico riferito, questa volta, al corpo principale del cefalopode) una pluralità variabile di tali appendici, soltanto alcune delle quali effettivamente utilizzate allo scopo, benché tutte corrispondenti ad altrettante spietate uccisioni dei propri aspiranti corteggiatori.
Invero un triste destino, riservato da un’ancor più crudele ed anch’essa condannata mangiatrice di uomini… Il cui fato inerente, per l’appunto, è anch’esso di perire sfinita, successivamente alla deposizione delle svariate centinaia di migliaia di uova.

Successivamente a un attacco, talvolta i polpi del genere Tremoctopus abbandonano il mantello, lasciandolo a fluttuare tra le acque dell’oceano finché qualcuno non decida di rimuoverlo o fagocitarlo. Una vista capace, senz’ombra di dubbio, di lasciar perplesso più di un sub, incapace di comprenderne la provenienza.

Era verso il termine di ciascuna stagione della lunga serie a cartoni animati giapponese dei Calendar Men (di cui l’espressione più famosa, per lo meno in Italia, era e resta Yattaman) che lo spettatore, generalmente, veniva portato a elaborare un’imprevista ipotesi, come una sorta di trasversale colpo di scena. Riassumibile nella domanda carica di sottintesi: “Siamo veramente sicuri che il cosmopavone sia soltanto un animale senza obiettivi a lungo termine, spinto innanzi dal bisogno di sfuggire a chi vorrebbe vederlo privo di ogni proposito di libertà?” …Piuttosto che la vera mente dietro l’intero conflitto inter-dimensionale ed intra-temporale, ovvero l’ago della bilancia stessa di molti dei frangenti registrati attraverso i corsi e ricorsi della storia umana?
Così come il polpo, possessore di un’intelligenza rara nel regno animale, ancorché condizionata da una durata della vita troppo breve per coadiuvarla con lo strumento altrettanto essenziale della conoscenza. Mentre vere macchine del tempo, regolate verso un prossimo o più remoto futuro, potrebbero altrettanto facilmente ribaltare i reciproci valori delle poste in gioco. Restituendo infine a questi occulti manipolatori quel predominio sulle forze variabilmente ostili umane o della natura, che in un certo senso, hanno sempre fatto del proprio meglio per conquistare.

Lascia un commento