Certe aziende tecnologiche ad ampio spettro, soprattutto quelle con forti interessi nel campo della pubblicità online, hanno un debole particolare per le automobili con elementi di forma tondeggiante posizionati al di sopra del parabrezza. Strumenti come la telecamera sferica a 360 gradi, il cui sguardo digitale è stato sperimentato da molti di noi, mentre percorrevamo distrattamente una delle molte città sottoposte al trattamento di digitalizzazione per il portale di localizzazione più utilizzato al mondo. Ma Google Maps, di questi tempi, è notoriamente “out” mentre il colosso di Menlo Park sembra interessarsi, ormai da svariati anni, al passo successivo di un simile approccio all’innovazione, costruire veicoli per il trasporto umano in cui quest’ultimo si trovi a rivestire l’unico ruolo che dovrebbe, idealmente, appartenergli: quello di un prezioso e insostituibile carico, da preservare accuratamente mentre un computer, intelligentissimo, si occupa della guida. Basandosi, a tal fine, sulla percezione sensoriale di una serie di dispositivi, il primo tra i quali è il preminente sistema LIDAR (Light Detection and Ranging) dalla forma di un appariscente cilindro al posto dell’array d’obiettivi che ci era stato insegnato a riconoscere nel corso delle nostre esperienze pregresse. Un oggetto che suscita diffidenza, per la sua soltanto presunta funzione di riconoscere e (si spera) evitare l’impatto coi malcapitati pedoni che dovessero ipoteticamente attraversagli la strada. Qualcosa d’inquietante e malevolo nell’idea di molti, come l’occhio privo di palpebra di un Terminator veicolare. Ecco dunque una possibile soluzione che potrebbe spedire in avanti, di molti mesi o anni, l’accettazione della guida automatica da parte dei distinti popoli di questo mondo: ricoprire di pelo il meccanismo e inserirlo al posto di guida. Aggiungere due orecchie, una coda e un muso a tartufo umido, capace di percepire le benché minime variazioni nella composizione chimica dell’atmosfera. Anzi, ho un’idea migliore: perché non usare un cane Vero?
Alla stessa maniera di quanto dimostrato dal popolare personaggio di YouTube Vladislav Barashenkov, il meccanico della città siberiana meridionale Novosibirsk che, costituendo la mente e il volto del celebre format “Garage 42”, ci delizia da tempo con le sue fantastiche e inusitate invenzioni veicolari. Iniziative come l’automobile-sedia-a-dondolo, quella triplice con funzionalità fidget spinner, il SUV costruito interamente di ghiaccio o ancora esperimenti soltanto parzialmente riusciti, quali riempire gli pneumatici di cemento, ricoprirle di chiodi o allungare la benzina nel serbatoio con l’urina d’asino, come in una famosa commedia cinematografica russa. E che forse stanco di essere continuamente fermato e riconosciuto per le strade, ha questa volta deciso di procurarsi quella che sembrerebbe essere a tutti gli effetti una BMW Serie 5 del 1988-1996 (lui la chiama soltanto “Beemer” utilizzando un nomignolo generico per le auto di questa compagnia) in condizioni ragionevolmente integre, per sostituire tutti i finestrini della parte posteriore con vetri fumé ed aggiungere una seconda posizione di guida interconnessa con quella principale, ricavata dal volante e altre componenti meccaniche prelevate direttamente da una vetusta GAZ M21 Volga (auto, c’è anche da dirlo, dotata di un suo fascino senza tempo) Per poi andare a farci un giro ma non prima di aver fatto sedere al posto di guida il fidato pastore tedesco Max, perché giustamente serviva poter disporre dell’immagine, se non le zampe, di un cane capace di vantare eguale provenienza. Che offrisse il suo sguardo disarmante agli automobilisti in strada, mentre almeno apparentemente, conduceva con palese perizia l’ampia serie dei gesti necessari a realizzare la principale funzione di un veicolo nella società…
Quello che segue sembrerebbe rientrare a pieno titolo in un episodio dei Monthy Python o il loro erede dell’epoca più recentemente trascorsa, il (quasi) sempre silenzioso Mr Bean. Mentre il lupesco e adorabilmente attento Max, educato come soltanto il miglior amico dell’uomo riesce talvolta ad essere, tenta di fare il suo meglio per realizzare le aspettative del suo padrone ed addestratore di un giorno così distante dal suo quotidiano, il meccanico iper-creativo che conduce nascostamente l’autoveicolo, dalla postazione di guida posteriore. Qualcuno sorride, altri salutano da lontano, molti scattano foto col cellulare. Non tutti, almeno in apparenza, avendo avuto il tempo di prendere atto del piccolo meccanismo “segreto” che permette il sussistere di una simile contingenza. Il che dimostra, almeno a mio avviso, come il concetto stesso di un veicolo guidato da un cane risulti innegabilmente più divertente, ed in qualche modo capace di suscitare maggiore fiducia nei confronti dell’opinione comune, rispetto all’approccio oggi considerato preferibile di una complessa intelligenza artificiale, frutto di molti milioni di dollari di ricerca. Che non potrà o non vorrà mai, per quanto potremmo riuscire a programmarla accuratamente in futuro, restituire la sensazione di vero affetto che il singola passaggio di una lingua umida può riuscirci a donare.
Il che inevitabilmente, potrebbe far sorgere in noi la domanda: sarebbe poi realmente possibile far imparare a un cane la sottile e stratificata arte della guida? Secondo il ricco repertorio di follie reperibili online, la risposta è un si, con riserva. Nel senso che la strada è stata tentata, senza tuttavia sorpassare il tipo di traguardo che molti di noi, per una ragione o per l’altra, si sarebbero sentiti di ritenere necessario. Come osservabile nell’ormai leggendaria campagna pubblicitaria messa in atto dalla sede di Auckland della Società Reale per la Prevenzione della Crudeltà Contro gli Animali (RNZSPCA) del 2012, nel corso della quale a tre cani recuperati dalla strada fu insegnato, con molta pazienza e attenzione, quale fosse la corretta metodologia per impugnare il volante di un’automobile Mini Clubman. Che avrebbero quindi condotto nel giro completo di un circuito per lo studio della sicurezza stradale di fronte alle telecamere di un canale Tv locale, seguendo le precise istruzioni della padrona come in una sorta di agility motorizzato. Una scena, questa, destinata a fare il suo ingresso a pieno titolo negli annali dei maggiori successi a quattro zampe:
Verso un risultato, difficile negarlo, capace di lasciare ragionevolmente basiti pur senza far gridare al miracolo. Mentre ancora una volta la dedizione dell’amico cane si dimostrava capace, a suo modo, di affrontare qualsivoglia ostacolo posto innanzi dal variabilmente irragionevole supervisore con la patente istituzionale nel portafoglio. E benché dopo una curva o due persino il simpatico Porter, primo della sua classe all’autoscuola canina, sia finito in effetti per uscire di strada è alla fine tutto ciò veramente importante? Lo scopo principale dell’attività era dichiaratamente far riconoscere a tutti, ancora una volta, l’intelligenza potenziale dei nostri animali/anime gemelle nella vita su questo pianeta. Per farne auspicabilmente adottare qualcuno rimasto senza una casa, salvandolo da una vita breve e infelice all’interno di un qualche canile neozelandese.
Al di là della distinzione sottintesa tra i due approcci antipodali al problema (verità/fantasia; tecnologia/insegnamento) ed inutile dirlo: IL LATO DEL POSTO DI GUIDA, resta indubbio come entrambi le iniziative discusse possano presentare almeno un saliente tratto in comune: portare l’accenno di un sincero sorriso, egualmente risolutivo nella vita di cani e persone. Il che costituisce un notevole punto a favore, nel mare indistinto di scherzi crudeli e candid camera notevolmente irritanti che costituiscono la principale massa fluida del Web.
Mettete da parte i vostri sofisticati dispositivi di rilevazione laser con puntatore perfetto da inseguire, dunque. E togliete scoiattoli, o palle da tennis dal portabagagli! L’epoca della guida canina potrebbe domani o dopodomani tornare “in”. E nessuno vorrebbe in simili circostanze, ne sono certo, farsi latore di un qualsivoglia possibile elemento di distrazione.