Ruote impossibili: un giro panoramico nel cerchio vuoto

Nella scena di apertura del film Stargate, un gruppo di archeologi ritrova un misterioso manufatto di forma tonda proveniente, almeno all’apparenza, dalle antiche dinastie della civiltà Egizia. Senza un attimo di esitazione, quindi, scienziati, scavatori ed assistenti legano una serie di corde attorno alla sua circonferenza, sfruttando il principio della leva per sollevarlo in senso perpendicolare al suolo. Una scelta oggettivamente improbabile nel mondo reale, poiché presume in primo luogo l’immediata ed istintiva comprensione del suo utilizzo originario, e nel contempo una totale noncuranza per le più normali attenzioni che dovrebbero venire riservate per un qualcosa d’insostituibile e potenzialmente delicato. Ma l’effetto scenografico risulta essere, praticamente fin da subito, molto al di sopra delle aspettative. C’è qualcosa di notevole in un cerchio verticale riempito unicamente d’aria, quasi volesse costituire una sorta di mistico portale, costruito per permettere l’accesso non si dove o cosa. Per non parlare, poi, del perché. Chi ha costruito la ruota alta 145 sull’estuario del fiume Bailang, presso l’area periferica della città chiamata “Capitale mondiale degli aquiloni”, quando non si usa il termine tradizionale di Weifang? La risposta, dato che ci troviamo nell’estremità nord-est della regione dello Shandong, non può che essere la solita: gli abitanti della Cina. Quel popolo dall’economia soggetta a una straordinaria crescita conteporanea, con tante risorse da investire nel campo delle infrastrutture che ogni occasione momentaneamente trascurata non potrebbe fare a meno di diventare, pressoché immediatamente, un rammarico esistenziale. Ecco dunque la radice al centro di una simile, bizzarra idea: copiare, in qualche modo, il sorprendente effetto sulla skyline della ruota panoramica London Eye, scegliendo tuttavia di costruirla, questa volta, al centro esatto del proprio fiume. Ma poiché nessuno vorrebbe mai vedere, in tali circostanze, la rete incrociata di una fitta serie di raggi che bloccano il panorama irradiandosi dall’immancabile mozzo centrale, tentare di farlo mediante un’approccio ingegneristico decisamente più inusuale. Quello che potrebbe essere perfettamente idoneo, per l’appunto, a spalancare il flusso del portale quantistico nello spaziotempo, per l’accesso al regno di Dei cosmici dimenticati dall’umanità.
L’Occhio di Bohai, come viene chiamata l’insolita struttura direttamente dal toponimo della vasta insenatura del Mar Giallo che fronteggia il porto della città non troppo lontana da Pechino, una delle zone commerciali più attive e trafficate al mondo, costituisce dunque una significativa mossa per incrementare e incoraggiare il turismo, da collocare in un centro urbano da 9 milioni di abitanti ed una storia millenaria, comunque sia famoso all’estero più che altro per il suo annuale festival dedicato a far volare manualmente i variopinti rettangoli di stoffa (e innumerevoli altre forme) legati all’estremità di un lungo filo. E riesce a farlo, direi, con evidente stile: quanto spesso vi è capitato di riuscire a scorgere i confini più remoti dell’agglomerato urbano dall’interno di quella che costituisce, a tutti gli effetti, la ragionevole approssimazione di una capsula spaziale? Prima che prenotiate per il viaggio, a questo punto, direi di approfondire quei pochissimi dettagli sull’argomento, a vantaggio dei quali (come al solito, incidentalmente) le fitte maglie della rete di controllo mediatica cinese sono state momentaneamente allargate, permettendo di filtrare verso gli occhi e le meravigliate orecchie d’Occidente…

All’interno dell’arco superiore della ruota, è possibile scorgere un camminamento sospeso, presumibilmente utilizzato per operazioni di manutenzione o controlli tecnici addizionali. Un lavoro altamente sconsigliato a chiunque soffra di vertigini, per evidenti ragioni!

Il primo aspetto da notare in merito al notevole Occhio di Bohai, costruito proprio tra le due corsie del nuovo ponte fluviale ed effettivamente operativo da maggio dell’anno scorso (ma in quanti ce n’eravamo accorti?) è che esso non costituisce formalmente, a tutti gli effetti, una ruota panoramica. Ovvero quel concetto di struttura d’intrattenimento fatta riscoprire in un contesto moderno per l’Esposizione Colombiana Mondiale di Chicago del 1892 dal tecnico e ingegnere George Washington Gale Ferris Jr, direttamente ispirata ad attrazioni simili risalenti all’epoca rinascimentale di paesi come la Grecia e la Bulgaria. Che tuttavia, nella sua versione alta 80 metri concepita per rivaleggiare lo splendore della già celebre Torre Eiffel parigina di soli quattro anni prima, assunse immediatamente le caratteristiche di un prototipo a tutti gli effetti, fungendo da modello per le sue riproduzioni altrettanto sovradimensionate costruite in alcune delle principali capitali del globo. E su tutte, la seguente: il fatto che le cabine occupate dal pubblico pagante, interessato ad osservare il panorama da un punto d’osservazione elevato, siano effettivamente fissate alla circonferenza metallica che costituisce lo “scheletro” principale della giostra, il quale a sua volta viene messo in rotazione per accompagnarli nel loro lungo viaggio. Niente di simile, nei fatti, avviene per la ruota di vuota della città di Weifang. In cui le parti mobili risultano nascoste e incapsulate, a voler essere precisi, all’interno della struttura reticolare definita metaforicamente “a dorso di drago” come una sorta d’ingranaggio interconnesso con la parte interna dei 36 vagoni, ciascuno capace di trasportare un massimo di 10 passeggeri (=360, niente male come coincidenza, nevvero?) E dotati, con estrema ed evidente premura, di una connessione Wi-Fi della massima efficienza, affinché i suddetti passeggeri possano immediatamente contribuire al complesso e stratificato universo dei social network approvati dalla Cina, con foto, video e le loro preziosissime impressioni di un’esperienza tanto insolita e tutto considerato, accessibile a chiunque. Per tornare dunque al discorso relativo alla classificazione tipologica, siamo effettivamente di fronte a una singolare montagna russa, il cui tragitto appare di natura pienamente circolare.
Conclude la dotazione di bordo per ciascuna delle globulari navicelle, un maxi-schermo televisivo presso il quale osservare del materiale video di supporto, presumibilmente relativo alla storia e le caratteristiche del ragionevolmente incontaminato paesaggio sottostante. Ma è proprio al sopraggiungere della notte, quando presumibilmente il numero di visitatori cala in modo drastico per l’ovvia incapacità di scrutare fuori dai finestrini, che la ruota mostra il suo lato esteriormente più magnifico ed appariscente. Grazie alla dotazione, ormai considerata d’ordinanza presso tali lidi, di decine di migliaia di potenti lampade a LED multicolori, capaci di creare un tripudio a cascata di luci, colori e straordinari effetti cangianti tutto attorno al cerchio dello Stargate. Un qualcosa in cui difficilmente potremmo aspirare a competere, tramite l’approccio molto più formale e serio dell’architettura europea.

Insigni concorrenti per un titolo di prestigio: maggiore ruota panoramica priva di struttura centrale al mondo. Record precedentemente detenuto dalla ruota “Giro della Fortuna” del parco delle rose di Changzhou, costruita nel 2009 ed alta “appena” 89 metri.

Detto ciò e trovandoci di fronte a una struttura composta da 4.600 tonnellate d’acciaio, con un tempo di percorrenza di oltre 35 minuti per un singolo giro, è comprensibile che significative dotazioni di sicurezza siano state previste sin dalle primissime battute del progetto. A partire dal sistema di alimentazione elettrica ridondante, con due linee separate in grado d’intervenire in caso di guasti, oltre al generatore d’emergenza per contrastare l’evenienza di un vero e proprio black out. Il che dovrebbe, ragionevolmente, veder diminuire la possibile ansia situazionale dei turisti, fatta eccezione per la sempre problematica condizione di coloro che soffrano di vertigini, nei confronti dei quali l’attrazione resta, molto comprensibilmente, sconsigliata.
Secoli e millenni sono ormai trascorsi, dalla remota epoca in cui bastava mettere al lavoro le proprie moltitudini di schiavi, confidando nel preciso accatastamento d’incalcolabili strati di pietra, al fine di raggiungere le vette piramidali delle proprie aspirazioni successive al trapasso. Ma sebbene sia da molto tempo ormai dimenticata la figura del faraone, ancora pregno è il predominio di un concetto al di sopra di ogni altro: la capacità di vedere, e farsi vedere, dal proprio prossimo, che sia vicino oppur distante. Per una collettività perennemente armata d’inarrestabili obiettivi fotografici, come parte della dotazione telefonica d’ordinanza, sarebbe difficile sopravvalutare l’attrazione inerente di un qualcosa che ti porta su, ad altezze precedentemente inesplorate. Col vantaggio addizionale di poter fungere da portale, qualora fosse ritenuto necessario, all’eventuale aeroplano intento a compiere acrobazie fluviali. A patto di raggiungere una pista d’atterraggio, come punto di rientro dall’iniziativa, che sia molto, molto distante dalla polizia cittadina di Weifang.

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