Anche considerate le molte lamentele e possibili notazioni esposte sulla biodiversità della fauna londinese, talvolta ben al di là di una semplice metafora, può almeno sussistere una fondamentale certezza: la sostanziale nonché effettiva assenza di quello specifico superpredatore preistorico, lo smilodonte. Comunemente detto tigre dai denti a sciabola, per la smisurata dotazione dei suoi canini, affilati quanto lame adattate al combattimento. Non più così, d’altra parte, il caso di Londontowne, tipico porto di epoca coloniale nel temperato stato del Maryland, oltre il confine di quella terra selvaggia e spesso incontaminata che continuano ad essere, persino adesso, i pur sempre iconici Stati Uniti. Luogo in prossimità del quale, tra il silenzio degli abitanti e il sostanziale stupore dei turisti, una creatura spropositata fece qualche tempo fa la sua comparsa per girare un foto/videografico con scopi, presumibilmente, di tipo pubblicitario. Ad accompagnarla l’uomo noto come Mahamayavi Bhagavan “Doc” Antle, ovvero il fondatore e amministratore unico dell’associazione T.I.G.E.R. (The Institute for Greatly Endangered and Rare Species) con sede in Maryland, presso lo zoo-safari atlantico di Myrtle Beach. Sinonimo di recinti plurimi, ciascuno occupato da un fiero rappresentante dell’una o l’altra specie dei più notevoli gatti che abbiano mai calcato il suolo di questo pianeta, assieme ad altri che nessuno, fondamentalmente, aveva mai visto prima dell’ultimo secolo o giù di lì. Esemplari come Hercules, nient’altro che la versione “disarmata” (sia dal punto di vista dentistico che della ferocia) di quanto sopra accennato, benché derivante da una storia genetica totalmente distinta. In quanto si tratta, in parole povere, del frutto di un incrocio tra maschio leonino e femmina tigre, ovvero quello che in campo naturalistico viene identificato con la contrazione linguistica liger, traslitterata in italiano nel quasi diretto “ligre”. Qualcosa di magnifico e qualcosa di pur sempre spaventoso, coi suoi 418 Kg di muscoli e strisce appena visibili sul manto di un chiaro color marrone. Un gigante il cui peso non rientra per nulla per nulla nel regno degli odierni carnivori, rappresentando piuttosto appannaggio di mucche, cavalli o giovani rinoceronti.
La ragione di questa crescita anomala è stata più volte studiata e sottoposta ad analisi genetiche alquanto approfondite, approdando alla spiegazione più popolare del fatto che leoni e tigri, al momento della riproduzione, forniscano entrambe ai propri piccoli uno specifico ormone, in grado d’inibire la crescita una volta raggiunta la dimensione che la natura, attraverso lo strumento pluri-secolare dell’evoluzione, è giunta a considerare l’ideale per sopravvivere nei rispettivi ambienti d’appartenenza. Peccato soltanto che tale notazione da iscrivere nel DNA provenga, nei fatti, rispettivamente dal maschio della tigre e la femmina del leone, ovvero l’esatta controparte nell’ipotetica guerra dei sessi tra i due partner presenti nel caso che abbiamo scelto di prendere in considerazione. Il che costituisce soltanto un modo particolarmente elaborato, nonché capace di restare maggiormente impresso, che “Gli incroci tra specie diverse producono risultati inaspettati”. E l’inizio di un qualcosa che avrebbe potuto, in epoche ben più remote di questa, dare inizio alla profusione di razze che oggi ben conosciamo per quanto concerne il gatto e il cane domestici. Certo, con qualche quintale o tonnellata in più di carne da servire per pranzo e per cena, rigorosamente del tutto cruda…
Il che ci porta, immancabilmente, all’esito del caso opposto: che cosa succede in effetti a seguito dell’incontro fortunato (e gradito) tra la casistica di tigro e leonessa che risultino ENTRAMBI dotati del succitato ormone inibitorio? Capita esattamente che, specificata l’effettiva rarità ancor superiore di una simile evenienza, lei partorisca dopo un tempo medio un perfetto esemplare di tigon (tigone). Ora premesso che stiamo parlando di ibridi abbastanza rari, nei fatti, perché ogni osservazione di tipo generalista risulti essere abbastanza approssimativa, si può chiaramente affermare che una simile espressione vivente del genus Panthera risulti mediamente essere più piccola di entrambi i suoi genitori, e certamente ben lontana dalla dimensione quasi bovina del suo esatto e succitato opposto, possedendo inoltre una livrea con strisce maggiormente proveniente in maniera diretta dal padre. Benché per quanto concerne il comportamento, si tratti di bestie piuttosto simili: entrambe caratterizzate da un’indole bonaria e pacifica, nonché socievoli e gregarie come prevede l’atteggiamento classico del leone. Ma anche inclini a gettarsi gioiosamente nell’acqua per una nuotata rinfrescante, caratteristica questa posseduta nel mondo dei felini, secondo lo stereotipo confermato dai fatti, unicamente dalla tigre. Il che risulta certamente degno di nota, quando si considera come l’incrocio tra sessi diversi possa portare, nei fatti, a risultati tanto chiaramente distinti tra loro. Stia pronto, tuttavia, chiunque pensasse che fosse possibile andare oltre lungo il sentiero dell’impossibile; poiché esattamente come avviene talvolta per il mulo, più famoso tra gli incrocio tra specie della fattoria, qualsiasi figlia femmina dell’incontro tra patrimoni genetici tanto distinti mantiene la propria fertilità, potendo generare ulteriori figli col contributo di un maschio appartenente ad una delle due discendenze da cui derivavano i genitori. Mediante un processo che viene chiamato rispettivamente nascita della taligre (femmina ligre + maschio tigre) o liligre (femmina ligre + maschio leone). Ora lo studio di questi ibridi di seconda generazione, come vengono generalmente identificati, è un campo comprensibilmente piuttosto difficile da approfondire, benché ogni casistica venga accuratamente documentata, sopratutto quando si considera come nel mondo gli esemplari di ligre esistenti non raggiungano neppure il centinaio. Questo anche per una sostanziale resistenza dell’opinione pubblica, più o meno giustificata, nei confronti di un processo d’accoppiamento considerato del tutto contro-natura, benché esistano testimonianze storiche di incroci occorsi naturalmente tra le due specie, risalenti all’epoca in cui le steppe d’Asia infestate dalle tigri erano ancora abitate da una specie oggi estinta di leone, dando l’origine a “mostruosi felini” che venivano talvolta avvistati a distanza, ben lontano dalle alte mura delle città cinesi. Ben prima che l’esistenza della ligre venisse effettivamente documentata dal mondo accademico, grazie a un’illustrazione del naturalista francese Étienne Geoffroy Saint-Hilaire, che ne conobbe un esemplare in cattività soltanto nel recente 1798. Ma nessuno poteva immaginare, all’epoca, che a cosa sarebbe potuta giungere l’innata curiosità scimmiesca degli umani…
A tal proposito e tanto per offrire una via d’accesso immediata alla questione, la pagina di Wikipedia dedicata al tema degli incroci dei grandi felini (gen. Panthera) è davvero… Qualcosa. Che esce a pieno titolo dal regno di quanto era considerato probabile fino a qualche decade fa, con una vera e propria tabella che include maschi e femmine di leoni, tigri, giaguari e leopardi negli spazi esterni, in grado di condurre rispettivamente ad incredibili neologismi come “leopon”, “jagupard”, “tiguar” e così via… Per non parlare poi dei figli e figlie di seconda generazione, capaci di sfociare nell’improbabile giunzione lessicale di “jagitonger” (figlio di un jagger e una tigonessa) o “leopleguaro” (leopardo/leonessa + leopardo/giaguaro) verso un regno che sfocia nel quasi ridicolo ancor prima che il vertiginoso futurismo.
Perché in fin dei conti occorre pur sempre ricordare che mentre i virtualmente infiniti incroci delle razze di animali propriamente domestici derivano, in via del tutto evidente, da esemplari molto diversi della stessa specie (nonostante la dimensione e/o l’aspetto talvolta drammaticamente vari) qui stiamo parlando di esseri dalla discendenza radicalmente distinta fin da incalcolabili generazioni. Il che sarebbe anche superabile da parte della natura, che come dicevamo per l’appunto l’ha permesso in passato al sussistere di rare casistiche, ma non certo fino a così inusitate quanto improbabili conseguenze. E questo anche senza considerare che stiamo parlando, sempre e comunque, di animali nati e destinati a vivere in cattività. Ciò detto, sarebbe difficile negare persino al più bizzarro e imprevisto degli incroci, il diritto a conoscere un’esistenza che possa dirsi, in qualche modo, produttiva e ricca d’esperienze e perché no, felice.