Un flusso impressionante d’acqua precipita in quella che potremmo giungere a definire soltanto, messo da parte ogni possibile preconcetto, come una cascata artificiale al coperto. Ma alta 40 metri, al punto da far sembrare il trenino sopraelevato che gli transita accanto alla stregua di un giocattolo elettrico per bambini, mentre alberi colossali incorniciano tra le verdi propaggini di una scena tagliata all’ultimo momento dai film di Avatar o Jurassic Park.
Pochi luoghi riescono a incarnare allo stesso tempo lo spirito avveniristico di un possibile futuro e quello di epoche preistoriche sconosciute, fatto di foreste primordiali, misteriose creature e luoghi mitologici, quanto i principali quartieri turistici e l’aeroporto internazionale della città di Singapore. La città/nazione/isola, a ridosso del più importante stretto marittimo dell’Estremo Oriente, che seppe incarnare forse più di ogni altra lo spirito imprenditoriale delle sue genti, trasformandosi nel giro di qualche secolo in uno degli artigli più affilati del più volte lodato, e molto spesso temuto dragone economico d’Asia. Al punto che ormai è diventato del tutto lecito aspettarsi, mentre si naviga distrattamente su Internet, di trovarsi improvvisamente riportati alla cognizione delle proprie proporzioni del tutto insignificanti (dinnanzi allo spirito generale dei nostri tempi) e di quanto l’opinione comune generalista possa trovarsi istintivamente distante, da quello che alcuni dei grandi architetti pensano possa rappresentare al meglio i desideri e i bisogni di tutti noi. Personaggi come Moshe Safdie, l’autore israeliano canadese diventato un frequente collaboratore verso i suoi ottant’anni della compagnia per lo sviluppo di proprietà immobiliari CapitaLand e giunto a firmare, tra gli altri, il vertiginoso triplo albergo con la “nave” in equilibrio sui tetti (Marina Bay Sands a Singapore) e la sua versione ancor più imponente, il grande edificio a utilizzo misto Raffles City nella città cinese di Chongqing (vedi articolo precedente). Chiamato a partire dalla fine del 2014, in maniera tutt’altro che casuale, per collaborare all’ampliamento e rinnovamento del primo terminal di Changi, uno degli aeroporti più vasti e trafficati al mondo, per affrontare la problematica di certo non priva di precedenti di come alleviare al meglio il drammatico senso di smarrimento e stanchezza che può, talvolta, condizionare in questi luoghi lo spirito d’avventura dei viaggiatori. Ovunque, ma non qui? Nella capitale del regno un tempo identificato dalla creatura leggendaria del leone-pesce (Merlion) oggi trasformato in iconica mascotte cittadina, raffigurata come un logotipo ogni qual volta ci si trovi presso il portone di un letterale micro-mondo delle meraviglie, all’interno dell’universo dei commerci e dell’intrattenimento, che sia davvero e per così dire, rivolto “a tutta la famiglia”. Ed è palese che uno spettacolo come quello dell’attrazione principale inaugurata giusto ieri, di ciò che rappresenta ormai nei fatti, questo spazio ibrido tra luna-park, giardino e centro commerciale, rientri a pieno titolo nell’importante categoria. Nome: HSBC Rain Vortex (ogni aspetto architettonico del nuovo edificio riporta doverosamente il prefisso del proprio sponsor) ma noi potremmo anche chiamarlo l’apertura dell’oculo principale, di una struttura da oltre 135.000 metri quadri che ha fondamentalmente la forma di un gigantesco toroide (o preferite chiamarlo ciambella?) concepito proprio per convogliare, e possibilmente riciclare attraverso pratiche pompe, una gran quantità di acqua piovana all’interno di quella ciclopica fessura. In posizione, purtroppo, fuori centro rispetto alla forma dell’edificio (perché lì, uhm… Passavano i treni) eppure in grado di offrire la tela su cui eseguire il più memorabile ed atipico di tutti gli show…
La nuova struttura denominata Jewel (il gioiello) dunque, costruita proprio in corrispondenza del vecchio parcheggio dell’aeroporto, spostato per l’occasione giusto nel sottosuolo della propaggine isolana sopra la quale trova posto il suo più importante svincolo aeronautico, presenta una funzione di per se stessa davvero encomiabile: offrire un punto d’incontro, e luogo d’interscambio, tra la popolazione di Singapore e coloro che sono giunti, per piacere, necessità o affari, a mettere piede sul suolo di questa insolita e piccola nazione dell’Asia (in termini di chilometri, se non d’importanza). Ragion per cui l’organizzazione istituzionale di Changi ha scelto di consentire l’accesso libero per i residenti nel nuovo edificio, senza alcun tipo di controllo di sicurezza, premurandosi allo stesso tempo che lunghi tunnel pedonali sopraelevati lo collegassero direttamente a due degli altri quattro terminal, riservando nel contempo a quello più distante un servizio continuo di navette per il trasporto di chiunque abbia voglia di visitarlo. Il complesso contiene inoltre un grande hotel della catena Yotelair con 130 residenze, palestra attiva 24 ore al giorno ed altre gradevoli amenità, usufruendo del quale diventa essenzialmente impossibile ignorare il maestoso spettacolo della cascata. Circondata, neanche a dirlo, da oltre 280 tra negozi e luoghi di ristoro, gestiti da alcuni dei marchi più famosi dell’Asia e dell’intero scenario globalizzato dei commerci. Ma l’offerta non potrebbe certamente essere completa senza l’aggiunta imprescindibile di ciò che rende più di ogni altra cosa Singapore una capitale particolare e diversa, rispetto ad altri luoghi del turismo iper-avveniristico come Las Vegas o Dubai: “città giardino” di nome e di fatto, a partire dagli ampi spazi dedicati dall’equipe di Safdie alla cosiddetta Shiseido Forest Valley (cosmetici e giungle, si sa, vanno parecchio d’accordo) che circonda la parte maggiormente pedonabile del Gioiello, fornendo il proprio encomiabile apporto d’ossigeno alle moltitudini in viaggio verso questa o quella destinazione. Offerta a cui dovrà aggiungersi, con l’inaugurazione prevista tra giugno e luglio, l’ulteriore attrazione del sopraelevato Canopy Park, composto da ulteriori 14.000 metri quadri, sopraelevati ad un altezza equivalente ad un palazzo di cinque piani, con piante, topiari di animali (figure ricavate dai cespugli) e che ci crediate o meno, un gigantesco trampolino reticolare creato con tecnologie innovative per far giocare rimbalzando i bambini di ogni potenziale età. Davvero il fiore all’occhiello, o proverbiale ciliegina sulla torta, di quello che superata la cognizione di un semplice luogo intermedio verso il cuore pulsante della città è diventato in se stesso attrazione degna di essere consigliata sulle guide turistiche, o giustificare uno scalo intermedio durante le più faticose o stancanti trasferte d’affari.
Sarebbe facile a questo punto attribuire ad un simile progetto una funzione meramente commerciale, totalmente slegata dal suo contesto d’impiego e che d’altra parte, avrebbe potuto trovare posto in qualsiasi altro luogo del mondo in maniera pressoché invariata.Ve lo immaginate Changi a Berlino? Changi a Londra, New York, Sydney? Laddove l’evidenza e i notevoli precedenti, potrebbero qui aprire una strada alla riformulazione ideale di cosa potrebbe rappresentare, volendo, il futuro di tutti noi.
Perché veicolare ed incapsulare la natura, riproporla attraverso il filtro di metodologie attentamente calibrate, significa certamente imporgli dei limiti e perdere la più profonda autenticità delle cose. Permettendo allo stesso tempo ad esse di sopravvivere, immutate nella memoria, se non per quanto comportano a vantaggio di un sempre più incerto domani. Ma come dice il proverbio, anche l’oggi vuole la sua parte. Ed anche il fumo partecipa al sapore dell’arrosto, indipendentemente dalla salsa di soia o agrodolce che si scelga, volta per volta, di utilizzare.