Da Nuova Delhi, la soluzione sostenibile di un condizionatore di terracotta

Da qualche tempo, i visitatori occasionali della fabbrica Deki Electronics nei dintorni di Noida, zona industriale dell’Uttar Pradesh, non possono fare a meno di provare un attimo di straniamento alla presa visione di quello che potrebbe sembrare a tutti gli effetti l’oggetto fuori luogo di un nido di vespe giganti. Con un centinaio di cellette o tubuli che dir si voglia, in ordine apparentemente casuale, e il chiaro contenuto di altrettante future piccole e fameliche larve. Mentre persino il posizionamento risulta in grado di alimentare un qualche tipo di ragionevole sospetto: proprio innanzi al gruppo elettrogeno funzionante a diesel, dalla parte verso cui le emanazioni di calore da parte di quest’ultimo, precedentemente, agivano come una sorta di supplizio estivo nei confronti di chiunque fosse sufficientemente sfortunato da poter passare di lì. Ondate perfette per favorire l’incubazione delle uova dell’eventuale insetto preistorico, pronto a sollevarsi in volo e completare un quadro che noialtri europei avremmo avuto ottime ragioni per definire “dantesco”. Ma altresì allo stesso tempo, supremamente utili a produrre un altro tipo di reazione, dalle conseguenze decisamente più tangibili nonché immediate: causare l’evaporazione sistematica di una certa quantità d’acqua, fatta risalire ad arte in cima alla struttura grazie all’apposita disposizione di una pompa. Poiché proprio questa, nei fatti, costituisce l’idea alla base dell’ultima invenzione di Monish Siripurapu, artista e architetto fondatore dello studio Ant (formica) di New Delhi, il cui apparente amore per l’intero ordine degli imenotteri sembrerebbe rispecchiarsi nel desiderio di lavorare sempre con la massima dedizione, allo scopo di creare un mondo che risulti definibile, in qualche modo, migliore.
Come nel caso di un gruppo di operai che, grazie al suo Beehive (alveare) da oggi potranno beneficiare di un continuo processo di raffreddamento dell’aria, senza gravare in alcun modo sul costo mensile della bolletta della luce del proprio già oberato datore di lavoro. Troppo facile, troppo bello, in un mondo in cui ad ogni azione corrisponde una reazione, e nulla può essere prodotto senza un’accurato instradamento delle forze in gioco? Strana concatenazione d’idee. Laddove è proprio a causa delle pur sempre valide leggi della termodinamica, che una simile installazione può riuscire ad assolvere allo scopo per cui è stata messa assieme dal suo creatore. Quando l’aria calda, prodotta in quantità notevole dal gruppo elettrogeno, si scontra con la piccola cascata di Siripurapu traversale ai tubuli di terracotta, per poi proseguire al di là di essi e in direzione della fabbrica surriscaldata. Ma non prima d’aver sperimentato un fondamentale processo di cambiamento.
Nei fatti, lo stesso prodotto dall’interscambio di stato tra i fluidi prodotto, con notevole dispendio d’energia, dai metodi di condizionamento dell’aria maggiormente utilizzati oggigiorno. Senz’altro tipo di spesa, rispetto a quella sottintesa dal bisogno di pompare qualche litro d’acqua ogni ora. Con un approccio alla questione identificato scientificamente col binomio di “refrigerazione evaporativa”….

Come molte conferenze condotte innanzi al logo di TED, quella di
Siripurapu avrebbe rischiato di trasformarsi in una carrellata disorganica dei precedenti successi vantati dal suo eclettico studio di architettura. Se non fosse stato per il tema conduttore comune: migliorare, attraverso impreviste applicazioni d’ingegno, l’ardua vita dei suoi connazionali.

Ci tiene molto l’autore, presso il sito ricco d’informazioni dell’Ant Studio (Arte, Natura e Tecnologia: strano, questa dichiarazione d’intenti sembra ricordarmi qualcosa!) a specificare come il condizionatore a nido d’ape tragga beneficio da un processo proveniente da lontano. Sia geograficamente che cronologicamente, grazie all’ispirazione diretta al metodo impiegato dagli antichi Egizi, i quali ben conoscendo la qualità igroscopica dei materiali porosi, quali per l’appunto la terracotta, erano soliti riempire alcuni grossi vasi d’acqua, affidando ai loro schiavi il compito di mantenerli freschi tramite l’agitazione su e giù delle prototipiche foglie di palma. Il che tendeva ad offrire la risultanza, chiaramente assai utile nel caldo e secco clima nordafricano, di questi ponderosi elementi capaci di garantire un sensibile raffreddamento dell’aria, a beneficio degli eventuali padroni di casa o altri aspiranti allo stile di vita di un piccolo faraone. Qualcosa di simile, quindi, avveniva in Persia (vedi articolo) grazie all’impiego delle torri di raffreddamento yakhchāl, strutture architettoniche concepite per intercettare l’aria comparativamente più fredda proveniente dalle vaste pianure desertiche del Medio Oriente. Ma il vero precursore del moderno impianto di refrigerazione evaporativa era probabilmente il metodo in uso durante l’epoca degli antichi Romani, concepito per sfruttare il filtro di un panno mantenuto sufficientemente umido, lasciato pendere ad arte proprio di fronte alla finestra maggiormente ventilata della propria residenza domestica o camera preferita. Il che assomiglia nei fatti e in modo molto significativo al principio di questa classe di condizionatori, meno l’aggiunta necessariamente successiva all’invenzione dell’energia elettrica di una serie di ventole per agevolare il passaggio dell’aria calda, in aggiunta alla pompa che permette l’aggiunta automatica di un’appropriata quantità d’acqua. Lo stesso Siripurapu, del resto, spiega come in distretti particolarmente rurali e quindi privi di fornitura elettrica sarà comunque possibile usare con successo il suo Beehive, a patto che qualcuno degli addetti nella fabbrica si assuma l’incarico di riempire un serbatoio di percolazione precedentemente posizionato in cima alla struttura metallica che costituisce lo “scheletro” del dispositivo. I vantaggi del processo evaporativo rispetto al condizionatore tradizionale, nel frattempo, sono potenzialmente significativi; primo tra tutti, quello di non necessitare di un ambiente chiuso per funzionare con la massima efficienza, traendo piuttosto beneficio da ogni corrente possa favorire il fondamentale ricircolo dell’aria. Anche lo stato di quasi costante umidità che permea le stagioni più calde in India, nel frattempo, diviene un punto di forza per incrementare il successo dell’operazione, con temperature misurate di un massimo di 36 gradi all’interno della fabbrica, contro gli oltre 42 all’esterno. Certo, sempre tanti, sebbene…

Uno dei modi migliori per comprendere a fondo il funzionamento del refrigeratore evaporativo sarebbe costruirne uno in casa, copiando nei fatti la soluzione tecnologica di quei piccoli cubetti di produzione asiatica, venduti su Amazon e altri portali con successo da almeno un paio di estati a questa parte. Tutto quello che serve: un ventilatore, la pompa e una bacinella…

Detto ciò, il significativo aiuto offerto dallo studio Ant fa ben più che contrastare unicamente la calura. Assolvendo, nei fatti, ad una pluralità di funzioni allo stesso tempo, mediante una concezione del concetto d’utilitarismo che, spiega l’architetto nella sua conferenza TED con evidente enfasi, si è dimostrato più volte utile nel corso della sua carriera. Appagando in primo luogo l’estetica (personalmente trovo questa interpretazione umana del concetto d’alveare alquanto interessante) ma offrendo anche lavoro ai produttori e lavoranti di terracotta, che dovranno in un ipotetico futuro produrre quantità copiose di questi tubi dalla forma lievemente conica, necessari al fine di produrre in serie l’installazione al fine di distribuirla in India e chissà in quali altri luoghi, prima o poi.
Tutto ciò a patto che chi di dovere riesca a rendersi conto, grazie all’intuito o per pura e semplice associazione d’idee, di come a volte l’approccio antico sia non soltanto pari, ma persino superiore a quello che maggiormente risponde ai crismi della tecnologia moderna.
Poiché il freddo, qualunque sia la sua provenienza, è pur sempre freddo. Mentre l’elettricità, quando si considera le risorse che dobbiamo spendere per produrla, è uno dei beni che maggiormente condizionano la serena sopravvivenza della nostra civiltà. Da Oriente a Occidente, senza confini ne limiti auto-imposti, ad una percezione del tutto che dovrebbe, almeno in quel caso, abbattere i muri del concetto totalmente arbitrario di “paese”.

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