Quanti milioni può valere un piccione dall’ali dorate?

Cento, duecento, mille o ancor più di questo. L’intera fortuna di una famiglia e i suoi molti eredi, destinati a fare la storia finanziaria d’Europa! Di certo, non è una leggenda che troverete nei libri di scuola: quella secondo cui, mentre ancora aleggiava la polvere degli spari sul campo di battaglia a Waterloo, un ufficiale dello schieramento vittorioso ed almeno in apparenza, del tutto privo di un ruolo particolare assolse, al compito per cui era stato pagato da un cittadino privato. Ovvero, niente meno che Nathan Mayer Rothschild in quel di Londra, facoltoso banchiere ebreo d’origini tedesche, che aveva fatto mettere tra i suoi bagagli, in gran segreto, una cesta con tutto il necessario ad accudire un piccolo uccello durante le fasi più concitate della guerra della settima coalizione, fino a quel fatidico 18 giugno 1815. Momento in cui l’uomo, dimostrandosi fedele al suo ruolo, aprì solennemente il coperchio del contenitore, avendo quindi la premura di assicurare saldamente alla zampa dell’animale una capsula col messaggio fatale: “Francesi sconfitti STOP Bonaparte in fuga STOP Lunga vita al re”. Affinché questo snello e aggraziato piccione, a cui venne conseguentemente permesso di spiccare il volo, potesse dirigersi verso le basse nubi del vasto cielo, puntando il suo becco dritto verso la manica e al di là di quella, la grande città con case di pietra costruita un millennio prima sulle distanti sponde del fiume Tamigi. Immaginate che cosa sarebbe successo di lì a poco? Mr Rothschild che meno di 24 ore dopo quel momento, viene informato del ritorno dell’ospite nella sua piccionaia. E con espressione accigliata, subito trasformata in sorriso, apprende della vittoria delle armate britanniche. Dando immediatamente disposizioni, ai suoi sottoposti, affinché una parte considerevole della sua già vasta fortuna venisse immediatamente investita in obbligazioni della Corona. E il resto, come si dice è storia. Una storia lastricata d’argento, oro, platino e diamanti. Una storia al cui confronto, la supremazia commerciale acquisita da personaggi come Steve Jobs o Bill Gates non può che far sorridere, per l’ingenuità e la precisa distinzione, tra ricchezza e potere, che domina ai nostri giorni sulle dinamiche della politica internazionale.
Bugia o verità, poco importa: quando si considera l’infinito numero di volte, acclarato grazie alla logica, in cui il corso degli eventi fu influenzato dalla rapidità del volo di un singolo esemplare della vasta famiglia Columbidae, popolata da alcuni dei primi volatili ad essere mai stati addomesticati dall’uomo. Uccelli simili, e al tempo stesso diversi, rispetto all’ormai mitologico piccione Armando, battuto la scorsa metà di marzo all’asta presso l’annuale evento di settore della PIPA (PIgeon PAradise) importante agenzia trans-nazionale per la tutela e l’agevolazione di quello che è ormai diventato un vero e proprio sport. Perché è facile immaginare come, nell’epoca delle comunicazioni istantanee, i cavi di fibra ottica e i satelliti della rete cellulare, non c’è quasi nulla che possa fare un volatile addestrato per consegnare messaggi, non importa quanto agile, scattante o veloce. Tranne che entusiasmare, letteralmente, le nutrite schiere di (facoltosi) appassionati di un tale ambito, appartenenti in buona parte a un’elite di nostalgici provenienti in larga parte dall’Europa Centrale, le isole britanniche, gli Stati Uniti e l’Asia, particolarmente la Cina. Paese, quest’ultimo, da cui proveniva per l’appunto il miliardario anonimo capace di spendere, al fine di potersi portare a casa il piccione più notevole mai uscito dall’allevamento di Joël Verschoot, il cui numero di trionfi pregressi risultava capace d’oscurare, fatte le debite proporzioni, quello di un qualsiasi cavallo purosangue dagli illustri trascorsi agonistici. Come dite, siete qui per un numero? Eccolo qui, a seguire: 1,25 milioni di dollari, pagati sull’unghia alla produzione del certificato di vendita e la consegna della voliera. Ma siete già passati a chiedervi, effettivamente, il perché?

Una serie di speciali camion guidano per molti chilometri soltanto al fine di parcheggiare nel bel mezzo del nulla, accuratamente equidistante (o quasi) da numerosi centri abitati al di là dell’orizzonte. Quindi i teli che coprono i rispettivi rimorchi vengono rapidamente rimossi, liberando uno stormo spropositato di piccioni. Quanti interrogativi potrebbe suscitare, una simile scena, senza il potente strumento d’informazione del Web…

Le gare di piccioni viaggiatori in grado di trovare sempre, una volta liberati, il luogo che sono abituati a chiamare “casa” sono state occasionalmente descritte come competizioni agonistiche con una sola linea di partenza, ma migliaia di possibili traguardi. Quelle presso cui sono stati allevati, come fieri esponenti dell’insieme di razze inserite a catalogo sotto la categoria homer (Cercatori) una precisa miscela di geni provenienti dalle linee di discendenza English Carrier, Smerle, Dragoon, Horseman e French Cumulet, verso la produzione di un animale riconoscibile per la sagoma più affusolata di quella del colombo comune, e le prominenti piccole gobbe bianche al di sopra del becco, mentre colorazione e disposizione delle piume appaiono sostanzialmente uguali. Creature, tuttavia, capaci di volare più a lungo senza stancarsi, puntando dritte verso l’obiettivo come una sorta di missile cruise. Il che pone l’interrogativo, assolutamente lecito, di come un tempo fosse possibile misurare i tempi del loro tragitto, ottenendo un’affidabile graduatoria, in proporzione alla distanza tutt’altro che identica, per assegnare i premi della competizione. La risposta è di natura assai prevedibilmente tecnologica, includendo l’impiego di un tradizionale cronometro dotato di una scocca anti-manomissione in legno, il quale veniva affidato al padrone del piccione che doveva quindi correre, con treno, automobile o altro mezzo di trasporto, fino alla sua residenza distante un massimo di 1.000 Km (in realtà negli Stati Uniti, ci sono stati casi di “corse” con una lunghezza complessiva di fino a 1.800) per fermare quindi la corsa delle lancette mediante l’inserimento dell’apposita chiavetta incorporata nella fascia alla zampa del proprio pennuto beniamino.
Mentre al giorno d’oggi, grazie all’impiego di targhette RFID con piccoli chip integrati, rilevate grazie ad antenne radio in ciascuna piccionaia secondo le precise disposizioni dalla compagnia che di volta in volta si occupa di organizzare la gara, le cose sono diventate decisamente più semplici, non richiedendo più effettivamente il trasporto preventivo di alcunché al fine di poter contare sulla misurazione precisa delle tempistiche di volo. Mentre tutt’ora impossibile da superare, per ovvie ragioni, resta un aspetto altrettanto fondamentale della questione: il fatto che ciascun uccello, sfruttando il suo parzialmente misterioso nonché privilegiato rapporto con i campi magnetici del globo terrestre, tenderà a far ritorno verso una singola destinazione e soltanto quella, ovvero il sito presso cui ben sa di trovare la sua prole e la sua signora. C’è in effetti una pratica piuttosto crudele, ma certamente efficace, che consiste nel far vedere al piccione la propria partner soltanto immediatamente dopo ciascuna gara, affinché ciò accresca il suo impulso ad affrettarsi nel far ritorno da lei. Ma questo non spiega, incidentalmente, che cosa mai potrebbe farsene un miliardario cinese di un piccione altamente addestrato, il quale ad ogni futuro fischio di partenza farà sempre il possibile per ritornarsene dal suo precedente proprietario, in Belgio…

Il meccanismo di misurazione originariamente usato da almeno il XIX secolo per le gare risultava essere molto funzionale ed ingegnoso, benché presentasse un problema: poiché la rimozione della fascetta con chiave dalla zampa risultava spesso fastidiosa per il piccione, quest’ultimo spesso esitava a percorrere gli ultimi metri che lo separavano dal proprietario, dilapidando preziosi secondi sul tempo finale della sua chilometrica Odissea.

La risposta, tanto per mettere le cose in chiaro, è che dopo le molte vittorie conseguite tra il 2017 e il 2019, in una serie di trionfi che ne hanno fatto praticamente il Fusaichi Pegasus (cavallo da corsa pagato 70 milioni) del mondo delle gare d’uccelli, il piccione Armando è andato incontro a un prematuro quanto salutare pensionamento. Dovete infatti considerare come, ogni qual volta si da il fischio d’inizio ad una di queste gare, i proprietari già sanno che molti dei loro amici grigi non potranno, o riusciranno più a far ritorno a casa. Per la predazione da parte di animali selvatici (sopratutto falchi) l’impatto contro cavi o pali della luce, automobili, oppur semplicemente la rara perdita dell’orientamento, una possibilità sempre presente quando si sfrutta al massimo la propensione genetica di un tanto spregiudicato animale. Il che lascia soltanto una chiara possibilità nel novero delle nostre ipotesi: l’acquisto del pluri-premiato campione con finalità di tipo esclusivamente riproduttivo. In altri termini, finalmente, ad Armando sarà concesso di avere non soltanto la singola partner che avrebbe in natura, bensì decine o persino centinaia, probabilmente prelevate da allevamenti di comparabile fama. Il che costituisce del resto un epilogo améno nonché meritato, per una vita difficile trascorsa a barcamenarsi tra le alterne fortune del volo con finalità agonistiche, col brutto e il cattivo tempo, attraverso una miriade di pericoli e difficoltà.
E in definitiva, c’è davvero qualcuno che sia sorpreso? La capacità di spesa dei nuovi miliardari cinesi è particolarmente nota, così come la loro propensione rinomata ad acquisire e collezionare le più strane tipologie di status symbol, un approccio di cui l’industria del lusso europeo, e particolarmente quella italiana, ha più volte saputo trarre beneficio. Così come Nathan M. Rothschild, alla svolta di un epoca e il cambio di un’intera generazione di potenti, seppe comprendere che in quel momento storico non soltanto i fucili e i cannoni avrebbero fatto la storia. Ma il distante frullar d’ali, di un piccolo, intelligente e fin troppo spesso sottovalutato animale.

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