Riapre finalmente il più imponente castello fluviale dell’Est Europa

Dopo l’attesa durata anni per il completamento dei lavori, grazie ai fondi forniti dall’Unione Europea alla Serbia, uno stato che ne dovrà diventarne membro “a breve” da almeno il 2009, giusto ieri (29 marzo 2019) alla presenza del presidente Aleksandar Vucic, del commissario per l’allargamento dell’UE Johannes Hahn e diverse figure di rappresentanza della chiesa Ortodossa nazionale, si è tenuta una cerimonia destinata assai probabilmente a passare alla storia, della tutela dei beni culturali, del ripristino architettonico e del turismo di un’intera regione: gioite, spiriti dei cavalieri, antichi despoti e sovrani! Si riaprono le porte di Golubacki Grad, il luogo noto all’estero come fortezza di Golubac (il “piccione”… Immagino cogliate l’onomatopea) un complesso fortificato a 4 Km dall’omonimo paese, lungo la sponda destra del Danubio, che sembrerebbe aver ispirato in maniera tutt’altro che indiretta molti dei castelli mostrati nella serie Tv Il Trono di Spade. Dieci torri e relative alte mura, di altezza ed epoca molto diverse tra loro, la più antica delle quali si ritiene risalire ai tempi di re Stefan Dragutin, sovrano della Serbia tra il 1276 e il 1282. Benché sia in effetti stato dimostrato come proprio in questo luogo, fin dai tempi degli antichi Romani, esistesse un poderoso castrum, usato all’epoca dell’imperatore Traiano per assicurare il giogo del comando sulla regione soggetta a mire di conquista della Dacia Orientale. Difficile sarebbe, d’altra parte, immaginare un luogo più strategico di questo: collocata in corrispondenza della gola fluviale delle Porte di Ferro (Đerdapska klisura) sappiamo per certo come la fortezza fu impiegata per l’intero periodo medievale e buona parte del Rinascimento al fine d’imporre un redditizio tributo, a tutte le imbarcazioni mercantili che desideravano oltrepassare il punto in cui il Danubio, da uno slargo impressionante di 6,5 Km, si restringe a poche centinaia di metri, rendendo non soltanto possibile, ma addirittura semplice interdire il passaggio di chicchessia. Specialmente quando si dispone, come nel caso da noi preso in considerazione, di una lunga e rinomata catena sommersa, che poteva essere tirata su bloccando a tempo indefinito un qualsiasi scafo potesse avere l’intenzione di scapparsene via. Così ciò veniva fatto, a più riprese, nei tempi antichi della fortezza, quando i sovrani dei due regni Serbo ed Ungherese si assediarono più volte vicendevolmente, sottraendosi l’un l’altro il prezioso controllo del sito, finché nel 1389, con il cosiddetto conflitto del Kosovo, la questione non subì un importante cambio di registro: erano arrivati infatti i turchi, nella persona del sultano Bayezid I, che con gran perizia militare riuscì a farne una conquista del potente Impero ottomano. Ma una simile situazione non era destinata a durare a lungo, se è vero che soltanto tre anni dopo, a seguito di una serie di feroci battaglie, re Sigismondo di Lussemburgo, sovrano d’Ungheria, l’avrebbe avuta vinta nuovamente, decidendo di darla in gestione al suo nuovo ed anziano vassallo Stefan Lazarević, precedentemente uno stimato membro della corte di Bisanzio, a patto che dopo la sua morte il castello tornasse saldamente nelle sue mani. Peccato che gli accordi fatti tra i viventi, fin troppo spesso, non vengano osservati dai loro successori, così che all’attesa dipartita di quest’ultimo nel 1427, l’allora comandante delle quasi imprendibili mura Jeremija chiese prima un signorile riscatto di 12.000 ducati, quindi vedendolo rifiutato, prese la non particolarmente oculata decisione di restituirne la gestione ai turchi. Il che avrebbe dato luogo, nella primavera dell’anno seguente, ad una delle più grandi battaglie nella storia d’Ungheria fino ad allora…

La torre ad oggi più caratteristica del castello resta probabilmente la numero 10, anche detta torre bianca, semi-sommersa dalle acque del fiume all’aumento del livello di quest’ultimo, dovuto alla costruzione di due grandi impianti idroelettrici presso la gola delle Porte di Ferro.

Come si dice, se soltanto queste mura potessero parlare! O enunciare, piuttosto che gridare, l’epico racconto dei loro sanguinosi trascorsi. Molto probabilmente, a cominciare da quel giorno in cui 25.000 fanti facenti seguito a Sigismondo, 6.000 arcieri della Valacchia vassalli del principe Dan II, 200 pezzi d’artiglieria di produzione italiana (i migliori!) e un distaccamento non meglio quantificato di cavalleria polacca dall’altra sponda balzarono all’assalto delle mura controllate formalmente dal sultano Murad II, successore di Bayezid I, il quale accorse ben presto con il suo intero esercito per sollevare gli assediati. Ne risultò un trattato di compromesso, con le armate cristiane che si ritiravano insoddisfatte, soltanto per essere aggredite a tradimento nelle retrovie, dando luogo ad uno strenuo combattimento dal quale il re avrebbe avuto scampo solamente per un pelo, e per le gesta eroiche di figure come la nobile guerriera ungherese Cecília Rozgonyi e il cavaliere polacco Zawisza Czarny, qui morto eroicamente affinché il suo fiero comandante potesse sopravvivere e combattere di nuovo. Ma le tribolazioni di Golubac non erano certo finite: più e più volte, ancora transitò di mano, tra gli Ottomani, i Bizantini e i diversi regni europei, finché nel 1481 Pál Kinizsi, generale d’Ungheria sotto il sovrano Mattia Corvino anche detto il Giusto (1486 – 1490) scacciò definitivamente le truppe del pasha Mihaloğlu İskender Bey con il suo esercito di 32.000 uomini, riportando in pianta stabile la fortezza nelle mani della cristianità. Ma non prima che essa fosse in grado di dar luogo, a più riprese, ad un catalogo spropositato di aneddoti e leggende.
Tra cui quella, particolarmente rinomata, secondo cui l’appellativo aviario del castello deriverebbe dalla storia della principessa Jelena, figlia del nobile bizantino Djuradj Branković (1377 – 1456) che desiderando la remota città di nascita finì per trascorrere le proprie giornate in solitudine, con l’unico passatempo di un’intera piccionaia custodita presso una delle torri più alte della fortezza. Mentre un’altra versione della leggenda farebbe risalire il nome alla triste vicenda di una donna del popolo chiamata Golubana, la cui bellezza avrebbe attirato le problematiche attenzioni del sultano, successivamente rifiutata e che proprio per questo, l’avrebbe legata ad un macigno lasciandola morire affogata nel fiume Danubio. Certamente una vicenda indicativa del tipo di reputazione, e considerazione, che i turchi di quest’epoca sembravano vantare presso le corti dei loro nemici…

La visione dall’alto della fortezza durante i lunghi anni di rinnovamento, capaci di estendersi dal 2014 fino a questo risolutivo marzo 2019, risultavano particolarmente impressionanti, poiché l’immediata impressione che davano era che l’antico castello stesse per essere integralmente ricostruito.

Dal punto di vista architettonico, il castello di Golubac costituisce un’interessante dimostrazione pratica dell’evoluzione delle fortificazioni militari. Con torri costruite tutte, originariamente, su una pianta quadrata, all’epoca in cui le armi da fuoco non erano ancora un fattore di cui tenere conto durante gli assedi, e successivamente migliorate con l’aggiunta di contrafforti stondati al fine di deviare eventuali palle di cannone, nonché nuove gallerie di tiro con feritoie ricavate in spazi dove, assai probabilmente, non potevano trovar l’impiego i più ponderosi archi e balestre. Ma non c’era assolutamente nulla che potesse incutere un maggior timore, nell’animo di un fiero e corazzato cavaliere di quell’epoca, che un mero popolano armato con un tubo pieno della polvere nera, quanto il cuore di colui che ne aveva fatto dono all’umanità… Molto significativi risultano anche essere i due grandi portoni d’ingresso, oggi affacciati direttamente sulla pianura antistante ma che in origine dovevano poter contare su dei veri e propri ponti levatoi, sopra un fossato ricavato dalle stesse acque vorticanti del vasto Danubio. Un particolare aspetto, quest’ultimo, ragionevolmente tralasciato dalle operazioni di restauro della Comunità Europea, poiché avrebbe inevitabilmente causato dei problemi al transito degli autoveicoli presso le nuove strade turistiche fornite alla regione.
Ecco, dunque, lo scenario che si offre ai nostri occhi nel primo quarto di questo 2019: un castello di Golubac sottoposto a significativi interventi di mantenimento, con le torri nuovamente sovrastate da pinnacoli grandangolari e storicamente corretti, mentre il prato ben tenuto dinnanzi all’ingresso principale è stato arricchito di un completo centro visitatori e museo, dove avranno luogo molte delle mostre ed altre iniziative di divulgazione sul tema del Medioevo serbo degli anni a venire. Mentre alle imbarcazioni cosiddette “da crociera” già usate in molti tour fluviali di questo corso d’acqua dalla storia lunga ed assai significativa, verrà nuovamente permesso di approdare in prossimità dell’antica fortezza, lasciando sbarcare i loro occupanti come le truppe in arme del sovrano Sigismondo, durante la sua tragica quanto fallimentare battaglia per sconfiggere gli invasori turchi. C’è anche un progetto imminente per trasportare ancora una volta sulla sommità delle torri più alte alcuni cannoni fedeli a quelli usati in quell’epoca di tante sanguinose, mai dimenticate battaglie. Il che, senz’ombra di dubbio, aumenterebbe in modo significativo l’autenticità di ogni futura visita tra queste svettanti mura.

Lascia un commento