33 milioni di abitanti: nei miei sogni la città è una nave. Sospinta dal vento nella direzione del cambiamento, attraverso le sinuose anse del percorso meno lineare che si possa giungere a concepire sotto l’apparente luce chiarificatrice dell’ottimismo. Perché se l’interscambio d’idee, concetti e linee guida che sorregge questa macchina sociale non potesse che costituire il mero spostamento tra un punto 诶 e 必, davvero ben poco resterebbe per offrirci una reale prospettiva sulla vita, l’universo e tutto ciò che ne deriva. Ma se l’agglomerato urbano in questione, come sembra, fosse il polo commerciale e grande capitale della Cina centro-meridionale attraverso i secoli di Chongqing, allora non potrei negare di essere all’inizio di un periodo fortunato; perché otto (八) torri alte fino a 350 metri, sorgono da qualche tempo in questo luogo, erette in modo tale da costituirne l’alta vela architettonica ideale… Se soltanto, sull’esatta confluenza dei due fiumi Jialing e Yangtze, avessero incontrato l’obiettivo di ammainare qualcosa! Piuttosto che agire con il ruolo di piloni, per un ulteriore spazio abitativo a 265 metri di quota, capace d’individuare una linea perpendicolare al resto.
È una trave, un ponte, un tetto longilineo. La sommità di un dolmen privo di confini. È il Cristallo, niente meno (Nome Ufficiale Offerto al Marketing) ovvero il primo grattacielo orizzontale, un qualcosa che potrebbe facilmente diventare, negli anni culmine di una lunga carriera, il simbolo ulteriore dell’architetto israeliano-canadese di larga fama Moshe Safdie, considerato il modo in cui ricorre qui per la seconda volta nel nuovo complesso dal nome assai generico di Raffles City, dopo l’uso di un qualcosa di paragonabile fatto nel suo Marina Bay Sands Hotel di Singapore (2010) ovvero le tre torri con la “barca” sopra. Ma non soltanto, questa volta, con lo scopo di costituire una piscina senza sponde che sconfina nell’apparente vuoto, e sopratutto su una scala totalmente differente: 300 di lunghezza per 30 di ampiezza e 22,5 d’altezza, sostenuti da una struttura in acciaio e vetro dal peso approssimativo di 12.000 tonnellate, all’interno della quale troveranno posto un osservatorio, la lobby di un hotel, un club, svariati ristoranti e neanche a dirlo un ricco giardino, con tanto di alberi trapiantati ad un quota alquanto inusitata per l’universo vegetale urbano. Con un uso del tempo verbale futuro perché l’inaugurazione, allo stato attuale della faccenda, è prevista soltanto per la seconda metà del 2019, con il beneplacito del committente CapitaLand, enorme agglomerato per la gestione di proprietà immobiliari che ha sostenuto, tra le altre cose, gli investimenti dietro ai magnifici appartementi The Interlace di Singapore (arch. Ole Scheeren). Ma la parte pesante della costruzione ingegneristica, a conti fatti, è per lo più terminata, col sollevamento intercorso verso la fine di febbraio del sopra-citato pezzo forte, di un insieme di palazzi comunque avveniristici sotto più di un singolo aspetto…
Costituisce d’altra parte un importante punto di riferimento, nello stile creativo del veterano Safdie, la ricerca di una composizione estetica capace d’integrarsi con le linee naturali dell’ambiente operativo, in maniera che risulti al tempo stesso simbolica e funzionale allo scopo. Ed attraverso ciò che la sua dichiarazione d’intenti artistica per “[…] Un’architettura che accresca, in qualche modo, il valore delle attività condotte al suo interno” dovrà trovare l’espressione nel nuovo centro Raffles City di Chongqing, complesso ad uso misto inclusivo del più vasto centro commerciale immaginabile, residenze di lusso, uffici e spazi espositivi per alcune delle aziende più influenti della città. Un progetto che ha già saputo costituire una sfida, a più riprese, per proteste da parte di nutriti gruppi della popolazione locale, per la presunta inappropriatezza in una città dalla storia più che millenaria, oltre alla problematica estremamente sentita di un Feng Shui (essenza geomantica) considerato negativo per la megalopoli, data la forma curvilinea delle torri principali che POTREBBE essere accomunata a quella di una spada.
Allontanate tali considerazioni a margine, ad ogni modo, la visione di Safdie presenta molti punti di forza. Tra cui l’alto podio attraversato da una galleria ricca di spazi verdi, oltre il quale abitanti e turisti vengono invitati a raggiungere l’antico porto storico di Chaotianmen, da cui un tempo partivano quelle stesse giunche cariche di merci per alcune delle destinazioni più remote dell’entroterra cinese che dovrebbero costituire, secondo i rendering ufficiali, l’ispirazione per il colossale monumento abitabile della CapitaLand. Un discorso ideale continuato, come dicevamo, dall’estrusione sulla sommità delle quattro torri più basse (si fa per dire) di un giardino tubolare che potrebbe in un contesto post-moderno ricordare, altrettanto da vicino, le colonie spaziali della serie Gundam, sospese attraverso un qualche mistico artificio gravitazionale nei punti cosmici di Lagrange. Altro servizio innegabile offerto alla comunità, l’impatto ambientale relativamente basso rispetto ad altri progetti dalle dimensioni comparabili, grazie ad un’isolamento ambientale efficace e soluzioni termiche dall’alto grado di efficienza, tali da essere già valse al Raffles City il prestigioso riconoscimento LEED Gold dello U.S. Green Building Council, per il chiaro intento di preservare e proteggere lo stato della nostra fondamentale atmosfera.
Il che potrebbe anche rappresentare, dinnanzi al gotha dell’archiettura mondiale, una ritrovata espressione di quel registro fondamentale che fin da principio aveva caratterizzato la poetica di Safdie. Diventato famoso pochi anni dopo la laurea, in un turbine di gloria inaspettato, alla sua prima realizzazione autonoma per l’Expo canadese a Montreal del 1967 del celebre Habitat 67, il prototipo di un nuovo tipo di abitazioni, modulari ed interscambiabili come i pezzi delle costruzioni del Lego. Brutaliste in apparenza, per i materiali grigiastri utilizzati e la composizione “cubica” dei loro recessi negli strati sovrapposti, eppur più che mai moderni negli spazi offerti all’interno e le interconnessioni tra gli stessi, offrendo in tale modo un modulo del tutto nuovo per le interazioni sociali tra gli abitanti. In una sorta di anticipazione del sentiero percorso anche dal sopracitato “nuovo grande” Ole Scheeren, forse il potenziale erede della visione, mai realmente sbocciata, promessa attraverso il successo di pubblico di una simile realizzazione, ormai entrata a pieno titolo nella storia.
Mentre, e forse proprio ciò costituisce il punto cardine della questione, lo stesso creativo all’origine di tutto questo dirige la prua verso territori ignoti. La sfrenata e incontrollabile fama d’innovazione, che ormai da un paio di generazioni sta caratterizzando quel gigante economico che è la Cina. Possibile, dunque, che al raggiungimento di un mondo sovrappopolato all’estremo, si inizi a costruire palazzi in direzioni e con metodologie inusitate? Nell’evidenza palese dei fatti, sarebbe difficile non affermare il contrario. È perciò un bene che ad accompagnarci nei primi passi di un simile viaggio, figuri l’ingegno di colui che non ha mai abbandonato le sue radici.
1 commento su “Arriva dalla Cina il primo grattacielo parallelo al suolo”