“Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta!” Grida l’uomo comprensibilmente esagitato, rispondente al nome di Superman sull’elenco degli utenti di YouTube “Per Diana, l’ho ripreso in video!” (Seguono espletivi non propriamente ripetibili) “C’era un margine di 30 secondi per riuscirci, ed io l’ho fatto.” Il tono è allegro, incredulo, soddisfatto e terrorizzato al tempo stesso. Mentre la sua voce, nonostante il tono possente, riesce a sovrastare a malapena il ruvido frastuono di ciò che stiamo vedendo assieme a lui, grazie all’obiettivo della videocamera di un cellulare mantenuto, per nostra in fortuna, nella più consona posizione orizzontale: qualcosa di bianco, qualcosa di grande, qualcosa d’impressionante. Dalle apparenti profondità di un corso d’acqua candido perfettamente riconoscibile, grazie al ponte internazionale sullo sfondo, come l’imboccatura del fiume Niagara, a partire dall’Eire (il cui successivo dislivello tra due Grandi laghi da l’origine a quella che potremmo facilmente definire la più celebre cascata del pianeta Terra) sta infatti emergendo il più impressionante ammasso semi-solido di blocchi in sovrapposizione, che scavalcando facilmente l’argine protettivo eretto in prossimità dell’arco commemorativo di Mater, inizia a crescere in direzione del plumbeo cielo. È una scena che potremmo associare mentalmente alla creazione della leggendaria Barriera di Westeros, posta dall’autore de Il Trono di Spade George Martin a proteggere i regni degli umani dall’assalto dei non-morti redivivi, successivamente trasformata nella versione fantasy del vallo di Adriano eretto contro l’invasione dei Pitti. Neanche un coraggioso Nativo dal copricapo in piume d’aquila o Messicano fuori dal proprio contesto geografico di provenienza, d’altronde, è coinvolto nella storia di un siffatto monumento in corso d’opera, trovandoci effettivamente innanzi a uno sferzante colpo di coda di quella che è potrebbe essere soltanto ed esclusivamente la Natura.
È tutta colpa di quello che chiamano, da queste parti, frazil [ice]: sostanza non propriamente newtoniana, con una consistenza paragonabile allo slush (granita tritata in modo sottile) che si forma al di sotto di particolari temperature, quando l’acqua soggetta a scorrimento ultra-rapido inizia improvvisamente a congelarsi. Dando l’origine a un’incalcolabile pletora di cristalli sfavillanti, capaci d’intasare i canali di navigazione, soverchiare gli stramazzi e causare intoppi nei tubi d’ingresso delle centrali idroelettriche, aderendo in modo saldo ad ogni superficie liscia e/o artificiale che, nostro malgrado, possa riuscirgli d’incontrare durante il proprio tragitto verso il mare. A meno che a qualcuno, allo scopo di preservare impianti e strutture d’importanza civica rilevante, non venga in mente d’installare un’idonea contromisura…
Siamo qui effettivamente, a monte del progresso del fiume verso settentrione ed oltre la Diga di Controllo Internazionale, giù per il successivo salto delle iconiche cascate a Ferro di Cavallo e fino al lago Ontario, nella strettoia tra le due cittadine di Buffalo e Fort Eire, dove la collaborazione tra Stati Uniti e Canada ha portato, a partire dal 1965, all’installazione ricorrente di un sistema molto particolare: la Niagara ice boom (barriera del ghiaccio del fiume N.) sostanzialmente mirata a bloccare, con la propria presenza, l’avanzata del ghiaccio di tipo frazil fino all’imboccatura delle rombanti cascante situate a qualche centinaio di metri di distanza. Un elemento costituito, in origine, da una serie di tronchi ancorati e legati tra loro poi sostituiti, verso la ricerca di maggiori presupposti di galleggiamento, da esattamente 22 cilindri di acciaio, regolarmente installati ogni anno all’arrivo dell’autunno, al fine di prevenire gli inevitabili blackout locali causati dallo spegnimento inevitabile dei generatori idroelettrici situati più a nord. Un sistema generalmente proficuo, capace di fermare l’avanzata del ghiaccio frullato in maniera puntuale e prevedibile, tranne le occasioni in cui, per eccedenza ed insistenza di quest’ultimo, non finisce per cedere in maniera assolutamente spettacolare. Ne parlava giusto ieri Mark Poloncarz, esperto responsabile dell’ufficio della contea di Eire, dichiarando per sommi capi alla testata Buffalo News come “La barriera del ghiaccio sta funzionando nella maniera prevista, benché ne abbiate visto dei pezzi staccati dalla furia delle intemperie che navigano in maniera solitaria nel fiume. Ciò rientra assolutamente tra i parametri progettuali di funzionamento.”
Riuscendo nel contempo a porre le basi, come abbiamo potuto conoscere grazie al ricco repertorio di Internet, di spettacoli assurdi come la formazione di un muro che non costituisce per fortuna, almeno per ora, emergenza nazionale.
Così il frazil spinge con forza, filtrando oltre i galleggianti, sotto le lastre più solide formatisi a margine della riva, grazie allo scorrimento più lento del fiume in tali recessi, sollevandole e portandole facilmente al di sopra dell’argine del Mater Arch. Dove il monumento in bronzo eretto ai militi ignoti statunitensi e canadesi caduti nei due conflitti mondiali non può che osservare silenziosamente, mentre la sua vista diretta sul fiume viene ostruita da una barriera sempre più alta e significativa.
Ben sapendo che anche quest’anno, come ogni altro in cui si sono verificate simili evenienze, il graduale sopraggiungere della stagione primaverile e il progressivo cessare del vento ululante collaboreranno, nell’eliminare un così antiestetico orpello paesaggistico in un dei luoghi più importanti del turismo nuziale nordamericano. Con una sola differenza, rispetto ai casi che si sono succeduti attraverso gli alterni percorsi della storia: qualcuno che con l’obiettivo digitale al seguito, riuscendo a trovare la fortunata finestra di “30 secondi appena!” Riesce finalmente a mostrare al mondo la possenza di un fiume che dovrebbe incutere timore, piuttosto che il fascino e il brivido del ghiaccio, capace d’espandersi fin dentro le vene dei più curiosi. Con conseguenze occasionalmente letali. Perciò non è del tutto impossibile, chi può dirlo in tutta sincerità, che un video come questo riesca a salvare delle vite… È tutta una questione, come al solito, di prospettive. E l’ottimismo che aleggia tra la foschia serale, mentre i castori, al sicuro nelle loro dighe, attendono pazientemente il ritorno della stagione buona.