Il rombo, il grido, lo scricchiolìo. Nella la ricerca e l’estasi di uno stato di massima realizzazione motoristica, descritto nell’inerzia di quel movimento che può unicamente perpetrare se stesso, al ripetersi di un gesto predeterminato: far girare, per molte decine di gradi, lo stesso anello del comando, noto ai più col nome di “volante”. Eppure per colui o colei che siede in quella posizione, scomoda e desiderabile allo stesso tempo, appare molto chiara la totale assenza di una diretta corrispondenza tra la direzione scelta e quella percorsa dal veicolo, indirizzato in modo trasversale all’apice di questa curva o quella successiva. Non esiste alcuna alternativa, a questo punto, che sgommare fino all’ultimo e poi farlo ancora, noncuranti di ogni possibile teorica conseguenza. Tra cui quella maggiormente peculiare, di trovarsi immersi fino al collo dentro l’acqua gelida, del fiumiciattolo nel primo inverno di Togliatti(-grad). Siamo nella Russia occidentale, d’altra parte, presso una delle città più grandi che non danno il nome al proprio oblast (regione) che lo prende invece dalla vasta diga e relativo lago artificiale, che venendo costituito negli anni ’50 fece scomparire l’antica fortezza storica di Stavropol. Ben presto sostituita, in prossimità del Volga stesso, dai moderni palazzi e stabilimenti metallurgici di un luogo destinato a ricevere un appellativo il quale, piuttosto che onorare un patriota della Russia comunista di allora, avrebbe rafforzato la natura internazionale del Comintern, traendo l’ispirazione dall’allora leader e segretario del nostro PCI, Palmiro Togliatti in persona.
Un centro abitato, questo, dove i motori hanno sempre avuto una primaria importanza, a partire dal momento in cui lo stesso personaggio tanto rilevante nella storia dell’immediato dopoguerra curò assieme all’AD Vittorio Valletta il trasferimento e l’implementazione di una massiccia catena di montaggio per la FIAT 124, che prima di essere prodotta in svariati milioni di esemplari, avrebbe qui acquisito il nuovo nome di battesimo di Lada-Vaz Žiguli. Mentre allo stesso tempo, nell’ottica della creazione della “perfetta città sovietica”, il governo fece costruire un alto numero di centri sportivi e scuole per le più diverse discipline sportive, tra cui quelle che avrebbero dato i natali ai club locali ancora rilevanti nel calcio, hockey e nello sport nazionale del bandy. Mentre almeno 10 anni sarebbero percorsi, ancora, fino alla fondazione della scuola di Karting per grandi e piccini A.A.Sinegubova, istituzione sotto la cui prestigiosa egida, a quanto sembra, potrebbe essersi svolta questa singolare iniziativa, successivamente pubblicata online sul canale dello stesso guidatore/cameraman Gennady Novichkov.
Col che non voglio certamente affermare che l’attività abituale di un simile centro d’apprendimento includa mettere a rischio l’osso del collo dei suoi studenti o insegnanti, facendoli sfrecciare in mezzo a pietre, giunchi e l’occasionale ciclista in cerca d’avventura, con potenziali conseguenze rovinose per ciascuna delle personalità coinvolte. Eppure esiste una seppure tenue connessione, tra il luogo, il nome e il gesto di una tale attività, rintracciabile da un’altro dei video di Novichkov raffigurante una bambina (forse, chissà, sua figlia?) Alle prese con un percorso simile, recante il logo iconico di Lada sul suo mezzo dalle quattro piccole ruote e con la didascalia che fa riferimento alla suddetta scuola. E poi occorre considerare come una simile bizzarra impresa, in effetti, possa trovare l’inserimento all’interno di una logica sportiva tutt’altro che inaudita in Russia, nell’attività nota come зимнему картингу (zimnemu karting – karting invernale) nata da una serie di specifiche circostanze climatiche, tutt’altro che una sfida invalicabile, per chi intende fare di necessità, virtù. D’altra parte, non sono molti gli impianti al chiuso sufficientemente grandi da condurre un vero e proprio campionato motoristico, ragion per cui attraverso gli anni si è palesata questa reale esigenza di allenarsi, in prima battuta, quindi competere direttamente, in circostanze dove l’asfalto non compare più visibilmente al di sotto della fredda coltre d’acqua parzialmente congelata. Ma quando si prende in considerazione un veicolo come questi, sostanzialmente privo di sospensioni, apparirà evidente la necessità di poter fare affidamento su una superficie il più possibile uniforme. Perfetto, giusto? Cosa c’è di maggiormente piatto, che un fiume o un lago totalmente congelato?
La realtà di queste latitudini e località geografiche, ampiamente comprovata da esperienze e disastri pregressi, è che lo spessore del ghiaccio necessario a sostenere addirittura una vera e propria automobile si aggira attorno ai soli 20-25 cm. Mentre molto meno, a conti fatti, può bastare per un go-kart. Ecco dunque l’origine dell’idea, nata all’ombra delle vecchie ciminiere, di trasformare un piccolo affluente del Volga in autostrada delle circostanze, dove perseguire l’effettiva realizzazione di un sogno.
Ma poiché Novichkov e i suoi colleghi di avventura, per come appaiono chiaramente all’inizio del video, non sono affatto dei bambini né tantomeno praticanti alle prime armi, appare ben presto chiaro come i loro kart non siano affatto del tipo, per così dire, entry-level. Bensì rientrando nella categoria dei cosiddetti shifters, risultino spinti innanzi da quel particolare tipo di motore che oltre ad essere dotato di rapporti del cambio, misura in genere una cilindrata tra gli 80 e i 125, con velocità raggiungibili ben al di sopra dei 100 Km orari. Potendo fare affidamento d’altra parte, per quanto concerne l’aspetto difficile della guidabilità su ghiaccio, sull’impiego delle caratteristiche gomme chiodate dal piccolo diametro, del tutto inscindibili da questa particolare disciplina dell’universo sportivo ex-sovietico.
Come occasionalmente avviene dopo aver tentato di approfondire una particolare contingenza comparsa su YouTube, questa corsa apparentemente folle tra i ghiacci risponde alla logica specifica di una distante, ma rumorosa visione del mondo. La cui comprensione più profonda, idealmente, potrebbe contribuire a ritrovare quella reciproca scintilla di comprensione che aveva portato, in epoca remota, al più significativo gemellaggio toponomastico tra Italia e Russia. In un epoca in cui forse, per lo meno momentaneamente, la diffidenza reciproca non governava ogni singolo possibile aspetto delle relazioni internazionali. Eppure, nonostante il ghiaccio, di acqua ne sarebbe passata parecchia tra gli scoscesi argini… Di quel vasto fiume che è l’Eurasia.