I mercatini dell’usato sono un varco potenzialmente fecondo di legami diretti con epoche e discorsi parzialmente dimenticati, luoghi dell’anima e dei sensi appartenuti, in precedenza, a uomini e donne di un tempo lontano. Ma tra tutte le tipologie di oggetti che qualcuno, in tali circostanze, può decidere di fare propri, un posto in particolare è riservato alle registrazioni audio, specie se direttamente successive all’invenzione dei dischi in vinile. Poiché non importa quanto sia chiara l’etichetta, celebre il cantante o riconoscibile la copertina: nessuno può davvero prevedere il tipo di sentimento che potrà provare, nel momento esatto in cui quella puntina inizierà a spostarsi verso l’interno, estraendo da quei solchi una voce tra i disturbi statici, capace di spostarci a pieno titolo nelle regioni della memoria. Specialmente quando a catapultarci nel mezzo dell’esperienza è il collezionista MusicBoxBoy con il suo notevole fonografo in legno della Victor, completo dell’iconica piastra incisa con il cane che ascolta “La Voce del suo Padrone”. E il disco, un’improbabile edizione del 1927 della Electra, contenente un’unico misterioso brano dal titolo “L’ultima canzone del Veterano”. Titolo attribuito, come annunciato con poche semplici parole, alla coinvolgente esecuzione di un tale Lauren Higbie con l’accompagnamento musicale di Mabel L. Higbie (moglie? Figlia?) Ora, caso vuole che quest’uomo sia in realtà piuttosto facilmente rintracciabile, fino a una lapide del cimitero di Oakwood, Illinois, dove giace, come chiaramente evidenziato, un fiero soldato del Primo Regimento d’Artiglieria Navale nato nel remoto 1842. In altri termini, qualcuno che ebbe modo di combattere sotto la bandiera dell’Unione, durante il più importante e sanguinoso conflitto interno della storia americana e che al momento della registrazione poteva vantare ben 85 anni di età.
L’occasione per raccontare un dramma della cui portata, almeno in parte, si riesce a prender atto, tramite le appassionate parole di questo poetico lamento chiaramente dedicato ai suoi compagni caduti in guerra “Durante la fresca gloria della gioventù” Mentre lui “Dalla cima di un lungo secolo, ha tagliato la montagna di sangue e lacrime, versate per la salvezza del suo paese.” Ma è nel proseguire delle strofe successive, unite ad un particolare aspetto relativo alla creazione di un simile componimento, che gradualmente viene fatto emergere il vero senso ultimo della canzone. Quando lui parla di “Fiera Legione che si è fatta onore nella lotta” ed “Angeli che attendono l’adunata mattutina” poiché come sappiamo tramite chi scrisse tali versi, il reverendo e suo commilitone John Hogarth Lozier, essi furono in effetti dedicati a un vero e proprio grande personaggio della storia dell’Illinois: niente meno che John Alexander Logan, il più importante generale proveniente dall’universo civile a combattere dalla parte giusta nel duro conflitto per la libertà e l’abolizione degli schiavi. Nonché tra i primi sostenitori, se non addirittura i fondatori, dell’organizzazione simile a una fratellanza nota con l’acronimo MOLLUS (Military Order of the Loyal Legion of the United States) in grado di accogliere, nel corso degli anni successivi alla guerra, figure politiche di primo piano tra cui ben 8 presidenti inclusi Grant (in carica: 1869 – 1877 e McKinley (1897-1901). Ma non prima di essersi fatto onore in svariate battaglie, ad alcune delle quali, possiamo soltanto presumerlo, ebbero modo di partecipare direttamente anche Higby e Lozier…
La figura in parte politica di John Alexander Logan, destinato a concorrere alla carica di vice-presidente con il repubblicano James G. Blaine nel 1884, perdendo per soli due stati contro la coppia democratica Cleveland/Hendricks, costituisce ancora oggi una figura di spicco per tutti gli abitanti del suo stato di provenienza, al punto ch’egli risulta essere, assieme a Lincoln in persona e il già citato generale, poi presidente Ulysses S. Grant (sotto il quale servì durante il conflitto) una delle sole tre persone citate nella canzone “Illinois”, scritta nel 1890 da un altro veterano della guerra civile, Charles H. Chamberlain. Le storie su quest’uomo, avvocato praticante a partire dal 1851 e poi un rappresentante al Congresso, fino all’arruolamento volontario con il grado iniziale di colonnello, per partecipare alla storica battaglia di Bull Run (1861) primo vero scontro di quello che Higby avrebbe chiamato nella sua canzone “Il fiume di sangue e lacrime” scrivendo il primo capitolo della sua saga. Logan divenne famoso, all’epoca, come Black Jack, a causa dei suoi capelli ed occhi particolarmente scuri, ma anche e sopratutto per la capacità dimostrata nel condurre gli uomini, così notevolmente superiore a quella di tanti altri comandanti-politicanti che fallirono le loro prove durante le prime campagne dell’Unione. Il suo primo ruolo importante figura quindi nella battaglia di Belmont-Columbus del 7 novembre 1861, una contingenza non particolarmente importante nell’economia del conflitto che tuttavia ricevette un monumentale ruolo di propaganda come prima sconfitta del grande Grant, costretto a ritirarsi verso Paducah nel Kentucky per l’arrivo inaspettato di rinforzi confederati. Occasione nel corso della quale, accompagnando la ritirata del suo generale, dovette rialzarsi e procedere a piedi dopo che il suo cavallo era stato ferito, unendosi frettolosamente ai sopravvissuti sulle due cannoniere corazzate Lexington e Tyler. Da quel momento tuttavia, dopo aver abbandonato del tutto il suo ruolo politico, Logan avrebbe fatto carriera conducendo l’assalto risolutivo presso il forte di Donelson a febbraio del 1862, riportando una lieve ferita che non gli impedì, tuttavia, di assumere il rango di generale di brigata e dopo un’ulteriore vittoria a Corinth, Mississipi l’ottobre successivo, quello di generale a due stelle (major general). Nel momento in cui sembrava che stesse per ricevere da Grant in persona il ruolo di comandante dell’Armata del Tennessee, tuttavia, si vide soffiare il posto da George H. Thomas, che dopo una lunga attesa e tribolazioni era riuscito a sbaragliare l’esercito confederato nella battaglia di Nashville del 1864.
Ma senza indugiare ulteriormente nelle sue imprese belliche, possiamo a questo punto avvicinarci alla questione potenzialmente richiamata nella canzone del veterano, con quel riferimento anacronistico, e forse non soltanto poetico, a un’ideale “Legione di Eroi”.
È il 14 aprile del 1865 quando il presidente in carica Abraham Lincoln, in funzione di ciò che era arrivato a fare e per il simbolo che aveva rappresentato, viene assassinato nel Ford’s Theatre dal pistolero John Wilkes Booth. Meno di 24 ore dopo la sua salma viene portata nella grande sala del Campidoglio di Washington, dove i suoi membri del gabinetto e gli altri politici vengono chiamati a raccolta per prestare omaggio ad uno dei più grandi e significativi uomini che avessero mai conosciuto. Fu allora che tre uomini, riuniti in mezzo alla folla vociante, fecero un sincero giuramento. Costoro erano: il colonnello e dottore militare Samuel BW Mitchell, già fondatore della confraternita Phi Kappa Sigma dell’Università della Pennsylvania; il tenente colonnello Ellwood Zell e il capitano, nonché oftalmologo Peter Dirck Keyser. L’idea da loro elaborata, destinata a trovare terreno fertile, era che i superstiti dell’ideale razzista che aveva un tempo guidato le gesta dei Confederati fosse ancora più che mai operativi, e stessero cospirando per assassinare i loro oppositori tra la classe politica americana. Per contrastare tale pericolo dunque, essi fondarono la legione del MOLLUS (vedi sopra) i cui membri avrebbero ricevuto un “grado” in funzione dell’unico parametro che non potesse venire falsificato: la diretta discendenza da un veterano che aveva combattuto per l’Unione, durante la guerra civile americana. E benché si tratti di quel tipo di associazione di uomini (e a partire dal 1899 donne, con la fondazione della gemellata DOLLUS) la cui appartenenza non viene direttamente pubblicizzata dai membri fatta eccezione per quelli più importanti, possiamo facilmente desumere che assieme al generale Logan, ad essa fossero appartenuti anche i due commilitoni connessi alla storia de “L’ultima canzone del veterano”, Higby e Lozier. O che se formalmente così non fosse, per lo meno nello spirito, tali note fossero dedicate all’opera di chi ancora credeva nell’ideale di uguaglianza che, almeno in potenza, costituiva uno dei fondamenti stessi della Repubblica americana.
Perciò è facile trascurare dischi polverosi abbandonati in soffitta, sopratutto quando privi di un nome celebre sulla custodia, laddove essi possono rappresentare, proprio in funzione del numero limitato in cui vennero prodotti, un modo per ritrovare le trascorse generazioni. E in rari casi addirittura contenere la voce stessa, ormai vetusta, di coloro che in prima persona combatterono quelle battaglie. Il cui effetto finale sull’ideale pubblico, persino e direi sopratutto adesso, risulta purtroppo assai difficile da determinare.