Esiste una tradizione mai ufficialmente discussa che costituisce l’unico caso in cui un’imbarcazione militare toglie temporaneamente la bandiera americana, per sostituirla con la macabra Jolly Roger: il teschio e le ossa incrociate usato dai pirati dei Caraibi, come i loro emuli di altre regioni del vasto mare. O almeno, questo afferma la diceria: che nel preciso momento in cui ci si ritrovi ad attraversare l’equatore per la prima volta (ed è praticamente impossibile, con le oltre 1.000 persone a bordo dei vascelli più imponenti, che almeno un membro dell’equipaggio manchi di una simile esperienza) ci si dimentichi temporaneamente il proprio ruolo istituzionale con il beneplacito del capitano, per dare inizio all’importante cerimonia di nomina dei nuovi shellback: ovverosia letteralmente, quei marinai che accedono finalmente alla corte di Nettuno, diventando degli “onorati crostacei” potendo finalmente porre un tale marchio sulla propria promettente carriera. Anticamente, a quanto pare, l’evento includeva veri e proprie tecniche di hazing tra cui colpire i malcapitati con delle corde bagnate o assi di legno, quando non addirittura gettarli fuori bordo e recuperarli con la massima calma, in mezzo alle onde spaventose dell’oceano esterno. E benché simili spiacevoli o pericolosi rituali siano oggi soltanto un ricordo lontano, un qualche tipo di rituale, con recite ampollose e vari tipi di commenti umoristici viene compiuto tutt’ora, più o meno rilevante a seconda della tolleranza del proprio capitano.
Varcare questa linea immaginaria che divide l’emisfero settentrionale da quello meridionale, è inutile negarlo, costituisce un momento già notevolmente significativo, in cui si passa istantaneamente dall’inverno all’estate o viceversa. Esiste però un tipo particolare di veterano-guscioduro, il cosiddetto shellback dorato, che in un momento compatibile della propria esperienza pregressa si è trovato ad attraversare un’altro fondamentale confine: quello della linea della data internazionale. Immaginate quindi di viaggiare in senso contrario alla rotazione della Terra, presumibilmente in aereo, a una velocità superiore ad essa. Ad ogni fuso orario attraversato, perderete un’ora, viaggiando idealmente indietro nel tempo. Finché, oltrepassato trasversalmente il Passaggio a Nord-Ovest tra l’Alaska e la Siberia Orientale, questo vostro guadagno dovrà essere “compensato” portando avanti di un giorno il vostro calendario. La cerimonia di nomina dei golden shellback, idealmente piuttosto rara, si verifica in realtà a seguire di un particolare tragitto: quello che separa il Canada dall’Australia. Che diagonalmente interseca, la maggior parte delle volte, l’incrocio esatto tra equatore e linea della data, facendo dei suoi veterani non più meri sicofanti, bensì veri e propri compagni onorati della corte del dio dei Mari. Ma se ora vi dicessi che l’attraversamento, maggiormente significativo nella storia, di questo punto saliente sulle mappe non è in realtà stato compiuto dai fieri depositari di tale nomina, bensì da una nave civile a vapore, alla soglia dell’inizio del secolo scorso e come orgogliosamente testimoniato dalla quasi totalità dei suoi passeggeri?
Sto parlando della SS Warrimoo (dal nome di un villaggio nell’Australia meridionale) il cui capitano ricevette, nel giorno esatto del 31 dicembre 1899, una nota strano appunto del suo vice, esperto utilizzatore di cronometro marino e sestante. “Signore, mi ascolti. Anche in assenza di un dispositivo di geolocazione fatto funzionare mediante il segnale di un carro magico nei cieli, sono riuscito a determinare che la nostra posizione in relazione al preciso momento storico ci permetterebbe, volendo, di diventare l’Alfa e l’Omega dei sette mari…” John Phillips, fresco di nomina da parte della neozelandese Union Company, ci pensò soltanto per qualche secondo. Quindi, con un ghigno fanciullesco, diede l’ordine al timoniere di alterare lievemente la rotta, verso l’inseguimento di un sogno.
Ciò che sarebbe stato possibile fare in quella fatidica notte, senza repliche per un periodo esatto di cento anni, era trovarsi nel punto in cui s’incontrano i due succitati confini, ponendo, idealmente, il proprio scafo in diagonale. E secondo quanto narrato da un diario di bordo mai effettivamente sottoposto ad analisi, così fu: nel momento esatto in cui iniziava il nuovo anno, la prua della SS Warrimoo diretta quel giorno verso il continente d’Oceania si sarebbe trovata esattamente 24 ore nel futuro e nel pieno dell’estate, avendo di fatto saltato il primo giorno dell’anno nuovo. Mentre per la poppa era ancora il 31 dicembre di un “freddo” dì d’inverno, in attesa di una transizione della data che non sarebbe arrivata mai. Dato il preciso momento cronologico, tuttavia, l’intera questione risultava essere ancor più eccezionale: le parti anteriori e posteriori del vascello in effetti risultavano posizionate rispettivamente nel XIX e XX secolo, per lo meno in base all’idea che vedeva il secondo iniziare con l’anno 1900. Laddove la percezione matematica per così dire “corretta” afferma, giustamente, che quest’ultimo debba avere ragion d’essere soltanto a partire dall’inizio del 1901, affinché possa concludersi il ciclo di quello precedente. Ma anche l’idea del senso comune, possiederà un valore! E fu così che l’imbarcazione dalla difficile storia pregressa, coinvolta precedentemente nel fallimento delle linee passeggeri Huddart, fece il suo ingresso preponderante nella storia: occupando allo stesso tempo due giorni, due anni, due secoli e due stagioni.
Ora la veridicità di un tale racconto, come spesso capita per le storie di marinai, resta largamente incerta, sopratutto perché la prima narrazione ufficiale al pubblico sarebbe giunta soltanto 42 anni dopo, in un articolo di giornale canadese. Inoltre occorre sottolineare, di nuovo, come la mancanza di dispositivi GPS all’epoca rendesse un’operazione piuttosto complessa annotare la precisa latitudine di una nave in mare aperto, con una precisione massima ottenibile stimata attorno ai 200 metri; mentre per quanto concerneva la longitudine, l’unico calcolo possibile era quello ottenibile tramite la misurazione dell’ora di Greenwich, quindi subordinata alla validità del migliore orologio a bordo. È quindi certamente possibile, per non dire probabile, che la Warrimoo fosse nei fatti soltanto la nave più VICINA all’incrocio delle linee durante il cambio di secolo, senza aver centrato nei fatti il suo fatidico bersaglio. Che ci si fosse posti a bordo la mera questione, tentando in qualche maniera di assecondare la fantasia, resta ad ogni modo una faccenda altamente significativa, che parla del modo in cui l’uomo ha da sempre intrattenuto relazioni privilegiate con le regioni marittime del suo pianeta.
Per quanto riguarda l’attraversamento della linea della data, questa stessa nave neozelandese aveva già trovato un suo insigne narratore: niente meno che il grande scrittore e giornalista statunitense Mark Twain, autore tra gli altri dei romanzi Tom Sawyer e Huckleberry Finn, impegnato nel 1895 in un tour di letture in giro per il mondo con la sua famiglia, al fine di sbarcare un lunario non propriamente in condizioni ottimali. E lui stesso aveva riportato, nei suoi diari, del modo in cui un bambino fosse nato a bordo nel momento fatidico, senza lasciare al medico e l’infermiera di bordo l’opportunità di associarlo a un singolo giorno di nascita, lasciando “Un segno indelebile nella sua esistenza, che gli avrebbe impedito di metter su famiglia o farsi strada nella vita” (leggendo il passaggio in lingua originale si capisce facilmente che l’autore stava tentando di fare dell’ironia). Ed è perciò alquanto affascinante immaginare che cosa, un grande filosofo dell’epoca moderna, avrebbe potuto trarre dall’esperienza di cinque anni dopo, sperimentando la traslazione dell’essere in quattro punti cronologici capaci di ricombinarsi tra loro.
Successivamente a una simile esperienza trasformativa, purtroppo, la nave SS Warrimoo sarebbe andata nuovamente incontro alla sventura. Reclutata come trasporto truppe durante la grande guerra, avrebbe infatti finito per scontrarsi nel 1918 (ultimo anno del conflitto!) contro l’incrociatore francese Catapulte, causando la detonazione accidentale del suo intero carico di bombe di profondità. Con la sconveniente quanto prevedibile risultanza di far colare a picco entrambi gli scafi, per non parlare di una significativa perdita di vite tra entrambi gli sfortunati equipaggi. E fu quindi con questo terribile evento che la sua navigazione ebbe fine, mentre la Terra continuava a ruotare imperterrita, del tutto indifferente alle alterne tribolazioni umane.
Chi può dire, alla fin della fiera, se tutto ciò sia avvenuto davvero, o costituisca null’altro che un lieve soffio dell’aurora tra le infinite serpeggianti parole sussurrate dai marinai? Ma sopratutto, è mai possibile che l’episodio si sia ripetuto, all’inizio del 2000 (o ancor meglio il 2001) magari ad opera di un vascello battente, per qualche fatidico minuto, la stessa riconoscibile insegna del pirata Barbanera? Di sicuro, dev’essersi trattato di uno al massimo. Due navi non possono occupare una singola porzione di spazio allo stesso tempo… Relativamente parlando.