“Creature pacifiche e vegetariane, non attaccano l’uomo” Mi avevano detto. E allora perché questo presunto Gandhi del regno animale mi sta guardando adesso da sotto le sue sopracciglia sporgenti, lo spettacolare manto color ocra che oscilla nel vento assieme alla criniera, contrastante rispetto al vistoso emblema rossastro nel centro esatto del petto… Per poi sollevare, un poco alla volta, le grosse labbra e scoprire la tonalità quasi fluorescente delle gengive, da cui scaturiscono due paia di zanne degne del mostro cinematografico Alien? E perché mi gira attorno col suo intero gruppo di caccia, dalla caratteristica andatura gobbuta e saltellante, le code arcuate dal folto ciuffo, niente affatto dissimili da quelle del prototipico sovrano della foresta?
La caratteristica fondamentale del comando è che ti cambia, trasformando il tuo carattere a seconda della quantità di potere a cui il caso, la fortuna o i meriti individuali ti hanno permesso di accedere direttamente. Un processo che può richiedere giorni, settimane o mesi. E che dire invece di ha il possesso di un tale ruolo da qualche letterale milione di anni… Cosa può succedere al suo codice genetico, e in conseguenza di ciò ai tratti somatici e biologici della sua impressionante presenza? Colui/colei (esistono diverse interpretazioni) che domina sopra l’intero territorio dell’Acrocoro Etiopico, regione di altopiani che costituisce la più fertile, temperata e climaticamente benevola dell’intero Corno d’Africa, dove nessuno muore di stenti e di fame. A meno che sia stato il re, a decretarlo. Perché naturalmente, anche all’interno delle società non-umane può esistere un complesso sistema di gerarchie, fondate sull’accesso a determinati privilegi, tra cui quelli più importante, sopravvivenza e riproduzione. Questo stesso concetto del maschio alfa trova un’interpretazione assai particolare tra i Theropithecus gelada, comunemente detti babbuini di montagna, in cui un singolo branco, di 30 o 40 esemplari in media, può averne uno per ciascuna “unità riproduttiva” (OMU – One Male Unit) oppure diversi che cooperano nella banda di soli uomini (AMU – All Male Unit) perennemente intenta a spodestare le altrui dinastie, per accedere al prezioso harem che troppo a lungo hanno avuto l’ardore di gestire in autonomia. Ciò che desta da lungo tempo l’attenzione degli etologi, tuttavia, è che molto spesso in simili confronti non sia la forza dell’individuo in cerca di casa e famiglia a determinare la direzione dell’ago della bilancia, bensì quella del presunto premio della tenzone, ovvero la femmina più forte col suo intero entourage, capace d’intervenire personalmente per assistere a morsi, oppur bloccare sul nascere, le altrui aspirazioni di gloria. In queste drammatiche lotte che proseguono talvolta al di là di svariate albe e successivi tramonti, con grande sfoggio di superiorità dentistica e ruggiti impressionanti, benché sia fortunatamente alquanto raro che i maschi arrivino a ferirsi a vicenda, contrariamente a quanto accade con altre specie di babbuini. Per non parlar del secondo per dimensioni, e in assoluto il più spietato, tra tutti i primati di questa Terra…
Il punto di forza principale dei gelada, in ambito ecologico, è la loro capacità di occupare a pieno titolo una nicchia ed altitudini sostanzialmente priva di concorrenti. Attraverso specifici adattamenti, tra cui il pelo sorprendentemente lungo per un animale che vive praticamente all’Equatore, i pollici opponibili più sviluppati del mondo animale e copiose riserve di grasso localizzate accuratamente nella regione del posteriore. Questo perché, per sopravvivere in una regione dove la principale, nonché spesso unica fonte di cibo sono dei semplici fili d’erba e semi dispersi al vento, sufficienti ad alimentare il suo esuberante metabolismo soltanto a patto di trascorrere circa 9-10 ore ogni giorno a selezionare e trangugiare bocconi non proprio soddisfacenti, con un’efficacia masticatoria talvolta paragonata a quella della zebra. Le loro dita forti, corte e tozze gli permettono inoltre di scavare nel suolo con invidiabile efficienza, potendo raggiungere occasionalmente gustose radici o ancor più rari, gli estremamente apprezzati rizomi delle piante africane diffuse a macchia di leopardo. Con l’arrivo della sera, quindi, nonostante manchino nella letteratura scientifica casi accertati di predazione, i babbuini si ritirano sui pendii più ripidi delle montagne circostante, dove mettersi a dormire scomodamente su qualche sperone roccioso, probabilmente a causa di antiche esperienze, ormai lungamente dimenticate.
Un gelada vive in condizioni selvatiche per un periodo di fino a 20 anni, nel corso dei quali tende generalmente a fare un ampio ventaglio di esperienze.
È attestato ad esempio il caso di particolari gruppi di queste scimmie che, crescendo in maniera spropositata attraverso il ripetersi delle stagioni, hanno anche raggiunto il migliaio di esemplari all’interno di una comunità indivisa, mantenuta assieme da una vera e propria ragnatela di relazioni interconnesse tra loro. In altri casi, invece, gruppi più piccoli hanno appreso il vantaggio del numero in pericolose scorribande ai danni delle più vicine fattorie umane, attaccate con intento di ladrocinio e accaparramento abusivo delle scorte di cibo. Il che determina spesso gravi problemi per la popolazione, dato che questi animali sono protetti da specifiche norme governative nello spazio del loro intero areale, a fronte di una riduzione del loro numero complessivo dai circa 440.000 esemplari degli anni ’70 fino ad appena la metà.
La questione della conservazione dei gelada, nonostante lo spazio estremamente specifico del loro habitat (concentrato unicamente nel succitato Acrocoro) non viene ancora considerata problematica, in forze della loro capacità di proliferazione e la relativa inaccessibilità dei territori da loro usati per il pascolo e l’interazione sociale. È del resto una notevole fortuna, per loro, quella di abitare tra i confini di un paese non propriamente incline all’industria pesante o l’espansione fuori controllo degli spazi urbani, contrariamente a quanto avviene per altre creature di spazi simili tra gli altri recessi del territorio globale. Detto ciò, in passato queste scimmie venivano catturate ed utilizzate per esperimenti nei laboratori, ragione per cui il CITES (La Convenzione delle Piante ed Animali Minacciati) le ha inserite in via cautelativa all’interno dell’Appendice 2, nella speranza che la loro indicizzazione e controllo possa contribuire al benessere di questa specie fiera e invincibile. Per lo meno finché all’uomo, per qualche ragione, non venga in mente di spodestarla dal suo antico ed irraggiungibile trono.
Guerrieri straordinariamente feroci a loro modo, i babbuini delle montagne dimostrano come anche nel regno animale, l’ebbrezza della caccia non sia l’unica ragione per possedere una propensione alla battaglia e dei letterali coltelli, integrati nel loro caso all’interno del sistema masticatorio. Per la fortuna degli eventuali visitatori o partecipanti a safari fuori dal coro, la loro massa di “appena” una ventina di Kg li rende decisamente più facili da tenere a distanza dei somiglianti felini quadrupedi, signori delle sottostanti pianure. Detto questo, disturbare una scimmia non è mai un comportamento saggio! Poiché la natura ha dotato simili bestie di una scintilla innegabile di raziocinio. E la capacità innata di custodire, individualmente, preziosi frammenti rivelatori all’interno della memoria. E non è forse questo, un incrollabile sinonimo di Sapienza?