Forma e funzione, il più delle volte, trovano corrispondenza nel mondo dell’aviazione. Come dimostrato da una linea guida che può applicarsi egualmente all’ambito naturale, per cui un qualcosa di affusolato è immancabilmente svelto e agile, come un falco pellegrino, mentre un ponderoso cilindro dotato di ali finisce per corrispondere all’aquila reale, adeguatamente appesantita dal carico di una preda quadrupede ghermita tra l’erba delle pianure. Esiste tuttavia un campo in cui l’umana tendenza a presumere tende a seguire spunti d’analisi formalmente scorretti e questo sarebbe, senza lasciare la via metaforica, quello degli artropodi volanti. Insetti: imenotteri, ortotteri… Odonati – strana parola, quest’ultima! Quasi come se la creatura corrispondente, tipica esploratrice delle acque stagnanti con il suo duplice paio d’ali, appartenesse a un’insieme del tutto diverso nell’ambito delle creature sottodimensionate, un ordine antico e altrimenti dimenticato. E sapete qual’è la parte migliore? Che effettivamente non siamo affatto lontano dalla realtà. Potremmo anzi dire d’averla centrata in pieno, sia per quanto riguarda l’essere, che l’aeroplano.
Già, perché sarebbe in effetti difficile, a distanza di esattamente 44 anni, tentare d’individuare a cosa stesse effettivamente pensando l’inventore e progettista aeronautico inglese John Edgley, quando propose ai suoi finanziatori l’idea per l’Optica, il buffo velivolo “capace di sostituire l’elicottero” facendo fronte a un ampio catalogo di necessità e funzioni. Sarebbe stato difficile tuttavia non notare l’abitacolo vagamente sferoidale, con ampi pannelli tondi simili ad occhi composti, seguìto da una parte centrale il cui diametro ampliato ricorda quello dell’addome volante e le ali dritte e sottili con la duplicazione di un elemento diverso e quanto mai inaspettato: la coda (qui occorre ammetterlo: niente di simile esiste nel mondo degli animali). Ovvero un ventaglio di caratteristiche funzionali, ed aerodinamiche, finalizzate a garantire una velocità di volo continuativa di appena 130 Km/h, abbastanza bassa da permettere di osservare il paesaggio in ogni sua minima caratteristica, o sorvegliare direttamente un principio d’incendio e/o sospetto criminale.
Esattamente come il tipico mezzo a decollo verticale fornito della prototipica coppia di eliche eppure, impossibile negarlo, con alcuni vantaggi assolutamente rivoluzionari: tanto per cominciare, la stabilità. E chiunque abbia mai puntato uno strumento scientifico o telecamera dal sedile passeggeri di un tale apparecchio, ben conosce le vibrazioni prodotte dal classico occhio-nei-cieli, tali da invalidare molti degli approcci più approfonditi ai possibili sondaggi compiuti in volo. L’Optica risulta essere, inoltre, comparativamente assai più silenzioso e SOPRATTUTTO, molto più facile da pilotare. E questo è il fondamentale nesso della questione perché, come in molti tendono a sapere fin troppo bene, all’elicottero non piace affatto volare. Ragione per cui il suo pilota, ad ogni intervento sui comandi, deve apprestarsi a compensare almeno due tipi di derive mediante l’applicazione di forza su ciclico, collettivo e manetta della potenza, pena l’imminente perdita di controllo e conseguente schianto potenzialmente letale. Mentre pilotare un piccolo aereo come questo può essere paragonato, sostanzialmente, al tenere il volante di un’automobile, benché le possibili complicazioni siano di un tipo a cui è decisamente più difficile porre rimedio. E caso vuole che fu proprio un problema di questo tipo, verificatosi alle origini della storia commerciale dell’Optica, a decretare il fallimento del sogno custodito dal suo creatore…
Cose che potevano succedere, cose che non sono state, possibili bivi nel corso e l’incedere della storia. E una frequente duplicità di possibili risultanze che condiziona, volta per volta, l’intento creativo d’innumerevoli proposte comunque valide, alla linea di partenza. Così effettivamente, nel progetto originario di Edgley non poteva dirsi mancare alcunché; a partire dall’ottimo motore Lycoming O-320 da 260 cavalli, usato per alimentare l’elica intubata a cinque pale che si trova nel centro esatto del velivolo, concepita sulla base progettuale dei cosiddetti pusher, ovvero aerei che “spingono” se stessi, piuttosto che essere tirati in avanti dal propulsore. Il che era senz’altro fondamentale, per un approccio progettuale che si proponeva di sfidare l’assoluta visibilità dell’elicottero, grazie alla rimozione di qualsiasi ostruzione nella parte frontale. Benché persino una simile definizione atipica, a conti fatti, fallisca nel raccontare tutta la storia, almeno una volta considerato come l’impianto O-320, sostituito dopo il primo prototipo con un più potente O-540, fosse stato in effetti collocato in posizione arretrata rispetto all’elica stessa, creando una sorta di puller (configurazione “tirante”) che a sua volta spingeva l’abitacolo e tutto il resto dell’aereo.
Un altro tratto notevole dell’Optica, considerato di primaria importanza nel suo ruolo futuro presunto d’osservatore dei cieli, risulta essere l’eccezionale autonomia: fino a otto ore alla più ridotta velocità di crociera, dimezzate a “soltanto” quattro per chi desiderasse mantenere il ritmo più elevato di circa 200 Km/h. Comunque sufficiente a garantire una riduzione dei costi assolutamente notevole rispetto a quella di una qualsiasi aerodina. Perché mai dunque, una volta acquistato lo spazio per produrlo in serie presso il campo di volo Old Sarum nel campagnolo Wiltshire, il buon Edgley andò incontro verso la fine degli anni ’80 al fallimento e la successiva svendita dell’azienda? La casistica è fondamentalmente duplice ed ahimé, davvero sfortunata. Il declino degli ordini, nonostante le numerose pubblicazioni entusiastiche da parte delle riviste di settore, raggiunse l’apice soltanto sei anni dopo il volo inaugurale condotto nel 1979, quando un pilota della polizia assieme al suo fotografo di bordo persero disgraziatamente la vita nella contea di Hampshire, per motivi che risultarono, in origine, particolarmente difficili da determinare. Soltanto a distanza di anni quindi fu decretato che doveva necessariamente essersi trattato di un errore umano, probabilmente dovuto alla forcella piuttosto ridotta tra la velocità di volo consigliata (130 Km/h) e quella di stallo (100 Km/h) dell’aeroplano, in effetti conduttiva, assieme al comfort elevato e il basso livello di rumore, ad un certo tipo di tragici errori. E se a quel punto il danno d’immagine era già stato possibile affermare che il peggio doveva ancora venire. Così che nel 1987, improvvisamente, la catena di montaggio di Old Sarum andò improvvisamente a fuoco, a causa di un presunto piromane, distruggendo un’abbondante metà degli aerei che erano in stato d’ordine da parte di svariate istituzioni di polizia e (ironicamente) vigili del fuoco, ormai prossimi al completamento. Da questo colpo, la compagnia non si sarebbe mai più ripresa.
Il che ci porta rapidamente ai giorni nostri e in conseguenza di questo, a un rapido riassunto dei fatti intercorsi da allora. Dopo l’ultimo exploit della partecipazione di un esemplare al film con Mark Hammil del 1989,
Slipstream, l’azienda venne liquidata ed acquistata dalla FLS Aerospace, che aveva progettato di rilanciare l’Optica assieme ad un altro progetto mai realizzato di Edgley, l’aereo da addestramento militare Sprint. Successivi problemi finanziari tuttavia portarono al fallimento del progetto ed una nuova vendita, a partire dalla quale i diritti di produzione dell’insolito aeroplano passarono da uno speculatore all’altro. Finché nel 2007, e questo non può che essere definito come un vero colpo di scena, John Edgley stesso riuscì nuovamente ad acquistarli per una cifra trascurabile, fondando una nuova realtà commerciale dal nome di AeroElvira. Per poi procurarsi, soltanto l’anno successivo, uno dei pochi esemplari di Optica ancora pienamente funzionanti ed iniziare a “sondare le acque” in vari show aeronautici, nel tentativo di trovare nuovi finanziatori. Un obiettivo raggiunto grazie all’aspetto e la performance dell’aereo, spesso confusi con quelli di avveniristici prototipi. A quanto riportano svariati articoli di settore, con il contributo della InterFlight Global, che dovrebbe tornare a produrre in serie l’agile non-elicottero entro la fine del 2019.
Dimostrando almeno in linea teorica, che non importa quanto tempo possa essere trascorso dal momento in cui ci si è ritrovati ad essere dei letterali “fossili viventi”, come vengono talvolta definiti i rappresentanti dell’ordine dei Paleoptera, ovvero le libellule e gli altri Odonati. Se l’idea di partenza era buona, sarà sempre possibile risorgere dalle acque, tornando nuovamente a librarsi tra l’aere lieve e scrutare attorno col proprio occhio di sorveglianza, inerentemente superiore a quello di qualsivoglia drone.