“Non Serpeverde, non Serpeverde…” ripeteva sottovoce il protagonista della scena più importante, e in un certo senso maggiormente rappresentativa, dell’intero primo film della serie. Poiché potremmo realmente affermare che sarebbe stato lo stesso Harry Potter, se la sua carriera di praticante delle arti oscure lo avesse portato, fin da subito, a un diverso tipo di ambiente, e in presenza di assai più discutibili compagnie? Tuttavia quello che la maggior parte della gente ricorda, di quel fatidico momento, è l’oggetto incaricato dalla fantasia dell’autrice di enunciare lo specifico percorso formativo del maghetto: un appuntito copricapo parlante, versione rivisitata di quello indossato un tempo da stregoni e fattucchiere. Ciò che d’altra parte molti non si aspetterebbero, in merito a una tale forma contorta e sbilenca, è di vederne una riproduzione colossale giusto al di sopra dell’orizzonte, che si staglia contro il cielo nebbioso del britannico settentrione. Quasi come se qualcuno si fosse messo a costruirla, in tempi non sospetti, per ragioni effettivamente non chiare.
Uno dei più grandi misteri mai affrontati nel campo delle disquisizioni di natura occulta è quale sia, esattamente, la lunghezza del quinto arto del demonio. Zampe caprine, corna bovine, ali di pipistrello, barba a punta e… Coda riccia, come quella di un maiale? Eppure in tutta l’iconografia che lo riguarda, per lo meno quella di natura tradizionale, Satanasso appare con una lunga e serpeggiante appendice, dalla caratteristica estremità simile alla punta di una lancia, che non sembra effettivamente riconducibile ad alcun esempio del mondo animale. Non risulta perciò del tutto impossibile ipotizzare, volendo essere creativi, che l’osservazione e successiva descrizione della stessa sia avvenuta nel corso di veri e propri fenomeni di suggestione popolare, in cui qualcuno guardava verso l’alto ed indicava, mentre il resto dei presenti conveniva nell’affermare che si, in effetti in quella posizione c’era “qualcuno” oppur “qualcosa” di mostruoso e sovrannaturale. Casi come quello di un momento imprecisato sopraggiunto successivamente all’inizio del XIV secolo, quando sulla chiesa anglicana in stile gotico di Chesterfield, nel Derbyshire inglese, proprio in cima alla sua torre dal caratteristico pinnacolo appuntito, quell’odiata figura vermiglia si stagliò improvvisamente contro il cielo, meditando chiaramente di crear problemi. Così che il sagrestano, richiamato subito in allarme dai sui compaesani, si affrettò a suonare quel possente ensemble di strumenti di metallo fatti pervenire da una fonderia di Londra, inducendo Belzebù a fuggire, per tornarsene di corsa a casa sua. Ma non prima, questo è noto, di aver lasciato un chiaro segno del suo passaggio. Sembra infatti che la sua coda, in quel momento, fosse stata attorcigliata strettamente tutto attorno all’orgogliosa torre campanaria. E che proprio quando egli si trovò a spiccare il volo, l’abbia trascinata violentemente con se, verso l’alto e di lato.
Ed è questa, tra le molte, l’unica spiegazione folkloristica ufficialmente riconosciuta dalle autorità locali per la particolarità dell’edificio denominato localmente come St. Mary and All Saints, laddove altre attribuiscono piuttosto l’insolita deformazione ad un’iniziativa della torre stessa in qualche modo rediviva, momentaneamente incuriosita dall’evento più unico che raro di una “vergine giunta all’altare” (secondo alcuni, Maria in persona) e poi rimasta in quella posizione, nell’attesa che l’evento possa verificarsi ancora. Nei secoli, e nei secoli, e nei secoli a venire…
Dal punto di vista storiografico, ovviamente, gli approcci esplicativi prendono una strada nettamente diversa. Sembra infatti che a seguito del diffondersi della peste nera verso la metà del 1300 in Europa, la quantità di manovali esperti fosse notevolmente diminuita. E che proprio a causa di questo, durante l’ardua costruzione dell’imponente chiesa di Chesterfield, centro dell’intera diocesi locale, fosse stato commesso un doppio errore nella scelta dei materiali. In primo luogo, quel legno non ancora granché stagionato, il quale avrebbe portato nel giro di pochi giorni la sommità della torre a pendere fin quasi a 45 gradi. Per poi trovarsi a sostenere un’ulteriore deviazione dalle aspettative nel corso degli anni, a causa del piombo usato per la sua struttura interna. Il quale deformandosi per l’effetto del sole nelle ore diurne, finì per far “attorcigliare” letteralmente il cono architettonico in questione, quasi aspirasse ad assomigliare a un puntale natalizio. Eventualità in realtà non del tutto unica, come esemplificato anche dalla famosa chiesa austriaca di San Lambertus a Düsseldorf, che presenta la stessa problematica, senza però pendere anche di lato.
E caso vuole che simili edifici, nella storia dell’umanità finiscano irrimediabilmente per essere apprezzati dalla popolazione, come una sorta di simbolo ed arcana particolarità, sintomatica di un valido presagio. Al punto che, come per la torre di Pisa, se qualcuno dovesse mai suggerire di raddrizzare il pinnacolo di St. Mary and All Saints otterrebbe soltanto uno sguardo perplesso ed immediatamente ostile dagli abitanti di Chesterfield, per cui essa costituisce un importante simbolo locale. L’unico, in effetti, ad aver trovato collocazione in tutta la comunicazione istituzionale, i cartelli stradali e la carta intestata del comune, mediante l’impiego di un logotipo moderno, ancorché chiaramente rappresentativo (in pratica, un triangolo con linee diagonali ad indicare l’andamento a spirale). Sintomatico fu a tal proposito l’intervento di ripristino effettuato nel 1951, durante il quale un apporto di nuovi pannelli metallici venne impiegato per impedire una curvatura eccessiva della torre, preoccupandosi tuttavia di non raddrizzarla eccessivamente, causando l’immediata perdita di un tanto beneamato simbolo cittadino. Ben più pericoloso, d’altra parte, sarebbe risultato il verificarsi di un grave incendio esattamente tre giorni prima del Natale del 1961, insorto per un corto circuito nel transetto nord, dove si trovava il prezioso organo a canne di fabbricazione tedesca. Evento a seguito del quale lo strumento, molti dei paramenti sacri e l’intera collezione di spartiti sarebbero andati distrutti e le fiamme avrebbero probabilmente lambito anche la struttura principale, ivi inclusa l’insolita torre, se non fosse stato per un intervento rapido e deciso dei vigili del fuoco immediatamente accorsi sulla scena. L’esito finale dell’intera vicenda costituisce quindi un’importante parabola della solidarietà tra le parrocchie inglesi, con l’intero vicinato ecclesiastico che contribuì a sostituire una buona parte di quanto era andato distrutto, permettendo in sole 72 ore di rimettere il parroco in condizione di celebrare la messa per la nascita del figlio di Dio.
Che si tratti di un errore, un prodigio o qualunque mescolanza di questi due fattori, è indubbio che il più importante edificio di culto del Derbyshire, con i suoi 70 metri sormontati dall’irrinunciabile galletto segnavento (gli edifici anglicani non usano esporre una croce agli elementi) costituisca allo stato dei fatti uno di quei punti di riferimento straordinariamente rari, che risultano essere al tempo stesso intriganti per la cultura moderna, nonché naturalmente infusi di un antico senso della storia. Oltre ad essere custodi impliciti di un mistero, prezioso aratro per coltivare il senso interpretativo delle persone.
Così volete sapere, per caso, che cosa stesse facendo il demonio che se ne stava appollaiato la sopra, in quel giorno fatidico di tanti secoli fa? Pare che si fosse appena fatto cambiare i ferri agli zoccoli, ma glieli avessero scelti della misura sbagliata. Certo! Nessuno conosce la taglia dei piedi di Satana. Come si usa dire in italiano ed inglese: il diavolo è nei dettagli. E dover sopportare la puzza nauseante dello zolfo, persino nella caotica officina di un fabbro, non lo incoraggia certo a fare un lavoro di fino…