Nella regione inglese della Cumbria, il cui confine settentrionale tocca la Scozia, esiste una zona dotata di un fascino e attrattive molto particolari. Nel Lake District (distretto dei laghi) patrimonio dell’UNESCO dal 2017, si estende un vasto parco naturale, contenente al tempo stesso la montagna più alta, ed il lago più profondo dell’intero arcipelago di Britannia. Un luogo incontaminato a cui venne associato, a partire dall’epoca Vittoriana, un intero gruppo di poeti che qui stabilirono la propria abitazione, traendo ispirazione dalla vita vera per le loro metafore e descrizioni dell’universo naturale. Ma neppure Beatrix Potter in persona, scrittrice e illustratrice del famoso libro per bambini Peter il Coniglio, avrebbe saputo immaginare qualcosa di tanto straordinariamente inaspettato, così surreale e privo di precedenti. Si tratta in effetti, di un fenomeno piuttosto difficile da osservare. In primo luogo, perché coinvolge lo stato pre-adulto di uno degli insetti più rari di questa zona, il geometride della farfalla tappeto reticolato (Eustroma reticulatum) normalmente originaria della Siberia, Mongolia, Cina e Giappone. Il cui esatto percorso, per giungere fino alle regioni settentrionali d’Europa, non è stato mai effettivamente spiegato dalla scienza. Mentre una cosa, almeno, è stata chiara fin da subito agli osservatori: che come il panda gigante, tale creatura risulta solita nutrirsi di una pianta e soltanto quella. Che non è, in questo caso, l’eucalipto bensì una notevole balsaminacea, appartenente al genus assai vario delle Impatiens, nota con almeno due nomi: erba gioiello ed Impatiens noli-tangere ovvero, in lingua latina “non mi toccare”. Mai. “Oppur finirai” sottinteso “Per subirne le terribili conseguenze.”
Questa intero gruppo di piante cespugliose alte fino ad un metro e mezzo, rappresentato assai più frequentemente negli Stati Uniti dalla varietà Impatiens capensis (così chiamato poiché si riteneva un tempo, sbagliando, che provenisse dall’Africa Meridionale) non è velenoso, tossico o in altro modo nocivo. E sono in realtà molti gli animali, sia vertebrati che artropodi, a trarre nutrimento dalle sue foglie zigrinate e i molti semi che sembrano circondarla nei primi mesi autunnali, ben prima di quando le altre piante, generalmente, tentino l’ardua strada della riproduzione invernale. Ciò che sembrerebbe aver catturato, tuttavia, la fantasia delle impeccabili telecamere di un documentario della BBC, è qualcosa che riesce a costituire cionondimeno un pericolo per queste striscianti creature. Una latente qualità volatile, che può essere soltanto descritta come tendenza ad esplodere, scagliando il proprio stesso contenuto, assieme a chiunque sia tanto incauto da trovarsi a contatto con esso, lungo una traiettoria di svariati metri e fino al suolo distante del sottobosco. Un balistico. Pirotecnico. Deflagrante piccolo segreto della natura.
Il termine tecnico per riferirsi al fenomeno è deiscenza esplosiva, ovvero quel tipo di apertura e diffusione dei semi che invece di fare affidamento sulla consumazione e conseguente dispersione ad opera di uccelli, mammiferi ed insetti, percorre la strada dell’autosufficienza, accumulando all’interno di ciascun frutto (o in questo caso, mero baccello dei semi) una certa dose di forza fino al momento della maturazione, che può essere quantificata nel caso della varietà capensis come 1.24 J kg elevato alla −1. Poca, ma più che sufficiente a far arrotolare su loro stessi i cinque sepali della capsula come fossero il braccio di una minuscola trappola per topi, scagliando in tutte le direzioni il loro prezioso contenuto biologico e vitale. Ovviamente, perché ciò possa avvenire è necessario un fattore scatenante. Che può essere il vento. Oppure qualcuno che risulti essere abbastanza incuriosito, o affamato, da disturbare l’involucro esterno del vegetale. Un bruco?
Ci sono consapevolezze trasmesse assieme al patrimonio genetico lungo il percorso evolutivo delle creature, acquisite senza alcun tipo d’intermediazione culturale da parte delle prossime o future generazioni. Così molti animali selvatici sanno quanto sia rischioso mangiare determinate piante, funghi o sostanze velenose, proprio perché possiedono gli strumenti innati d’interpretare i segnali di pericolo pre-esistenti. Non così, il bruco dell’Eustroma reticulatum. In primo luogo perché, siamo davvero sicuri che essere catapultato in aria costituisca per lui l’episodio finale della propria esistenza? La voce fuori campo del documentario sembra darlo per scontato, mentre molti dei commenti al video scherzano sul fatto che proprio questa fondamentale imprudenza, debba necessariamente essere la ragione per cui la variante inglese dell’insetto si trova attualmente a rischio d’estinzione. Mentre la logica c’insegna come, benché ragionare in scala possa risultare utile al fine di elaborare concetti scientifici, quando si lavora col peso e con la massa le dimensioni facciano tutta la differenza del mondo. Ed è perciò anche possibile che, una volta sperimentata l’esperienza della catapulta, i loro bruchi dalla deambulazione altamente caratteristica (prima si sposta avanti il sedere, poi la testa e così via a seguire) riprendano tranquillamente a camminare. Profondamente arricchiti, potremmo ben dire, da una prova tecnica di quel volo che successivamente alla metamorfosi, potranno sperimentare in maniera decisamente più controllata.
Per quanto concerne la nostra ingombrante esistenza umana, le piante di jewelweed non presentano praticamente alcuna caratteristica negativa, anzi! Soprattutto se si esclude una certa tendenza all’invasione dei giardini all’inglese, in maniera non sempre desiderabile né proficua. Si tratta, del resto, di un tipo di vegetazione alquanto decorativa, con i suoi fiori bilobati, giallastri o rossi a seconda della varietà e dotati di un canale d’impollinazione per gli insetti volanti, in grado di ricordare alla lontana delle orchidee. Qualche volta, le piante producono fiori dalle colorazioni meno accese e di tipo cleistogamico, ovvero contenenti sia parti maschili che femminili, capaci di supplire all’eventuale assenza di una pianta con cui mescolare il proprio patrimonio genetico. Ciò è importante poiché stiamo parlando di una pianta annuale, ovvero che muore ogni volta col sopraggiungere dei mesi più gelidi dell’inverno, tornando quindi puntualmente a rinascere direttamente dai propri semi. Ma in mancanza di uno scambio genetico, la successiva generazione sarà sempre più piccola e meno forte.
Le foglie si presentano come idrorepellenti, caratteristica capace di dargli un aspetto splendente a seguito della pioggia o se vengono immerse in acqua. Si tratta di un adattamento particolarmente utile nei suoli paludosi e presso le rive dei fiumi o ruscelli dove spesso si trova a crescere, che gli permette di liberarsi facilmente dell’umidità in eccesso durante le ore serali. E al tempo stesso, consente a noi di riconoscerle a colpo d’occhio, e coglierle ogni qualvolta se ne presenti la necessità. Dando ragione al suo nome alternativo di balsamo splendente, infatti, la pianta possiede anche molte doti potenzialmente utili a salvarci la giornata…
Sembra a volte che una determinata macchia boschiva non possa fare a meno di contenere i due punti più estremi dello spettro situazionale. Con piante antinfiammatorie, digestive, lenitive, disinfettanti. Oppure, il più tremendo contrario. Negli Stati Uniti esiste un detto: “Leaflets three, let it be!” (Se le foglie hanno tre diramazioni, non toccare!) riferita nello specifico alle molte specie del genus Toxicodendron, in grado d’infliggere dolorose dermatiti da contatto per l’alto contenuto di urushiol, sostanza estremamente tossica per gli umani. Il che non previene, purtroppo, l’occasionale contatto accidentale con escursionisti imprudenti o impreparati. Una casistica a seguito della quale, notoriamente, la sapienza popolare invita le sfortunate vittime a guardarsi attorno cercando proprio lo scintillìo dell’Impatiens, che avendo le stesse necessità ambientali tende spesso a condividerne l’habitat, crescendo a poca distanza. Questo perché, come sapevano già i nativi d’America ed è stato confermato anche da almeno uno studio scientifico moderno (2012 – VickiAbrams Motz et al.) essa contiene dei principi attivi capaci di neutralizzare con estrema efficienza gli effetti nefasti della crudele collega, arrivando ad offrire al ferito un senso di sollievo pressoché immediato. Ancor più, quando si avesse il tempo per prepararla adeguatamene e bollirla nella preparazione di un apposito impacco da posizionare sull’area colpita. Il che potrebbe nei fatti risultare piuttosto difficile, qualora ci si trovi da soli e sperduti nel mezzo di una vasta foresta americana.
Chi può realmente ipotizzare, dunque, che cosa passi per la testa di un bruco? Forse egli non desidera altro che un’esperienza capace di trasformare il significato ultimo della giornata. Il pasto, seguito dall’agile balzo, un piccolo volo verso la gloria della posterità futura. Non tutti vorrebbero diventare, per forza, una farfalla. E soltanto chi abbandona per una singola volta le catene della severa gravità, grazie al trucco della catapulta, può affermare di aver compreso la balistica verità. Invidiarlo è comprensibile. Voler essere, in qualche maniera, simile a lui.