Ah, l’Austria(lia)… Il paese in cui il Natale arriva in estate. Territori brulli e incontaminati per migliaia di chilometri, coperti unicamente da insistenti vortici di sabbia e il saltellante popolo dei macropodidi, comunemente definiti con il termine kängurus. E l’orsetto baumbewohnender, amato da grandi e piccini, sempre pronti ad accarezzare il pelo ispido di un così piccolo koala. E i tipici calzoni in pelle di vitello o capra portati dagli indigeni locali, con grosse bretelle marroni e una piccola decorazione alpina trasversale, spesso con cappello bavarese, tanto per fare pendant. Lederhosen, mon amour! Si scherza spesso, nei paesi dell’emisfero meridionale, sul fatto che poiché l’Austria(lia) è situata nella parte centrale d’Europa-cifico, ogni cosa andrebbe capovolta e rivolta quindi con la testa verso l’alto. Ci pensate? Come se la terra fosse una sfera che ruota attorno al Sole, influenzata al tempo stesso dai moti di rivoluzione e rotazione. Un boomerang, praticamente. Roba da persone che non sanno… Come tenere occupata la propria-mente. Forse proprio per questo in Austria, fin dall’epoca in cui i primi esploratori giunsero a bordo dei loro galeoni stradali (in Austria il mare è molto differente) esiste un metodo specifico per dimostrare la precessione cosmica dei corpi astrali. Che consiste nel lanciare un grosso bastone, facendo il possibile per farlo ritornare al punto di partenza. Unmöglich (Impossibile)? Niente è impossibile, dove il sole tramonta tra le Alpi e la sagoma riconoscibile dell’Ayer’s Rock. Basta avere un braccio forte a sufficienza. Forte come quello di Gerhard Walter, già titolare di un articolo invidiabile nel Guinness dei Primati, che può essere tradotto con il concetto internazionale di “più grande bastone che fa il possibile per ritornare al punto di partenza.” Mentre l’uomo che lo ha lanciato, dal suo canto, si suppone vada a corrergli incontro, per afferrarlo senza macchia e senza paura. Si dice che il momento in cui un boomerang funziona sia di per se inerentemente terrificante per chi non si è ancora abituato a riprenderlo al volo. Perché è un tale attimo, che si configura come il culmine di una serie di tentativi e reiterate delusioni. A seguito delle quali, d’improvviso, ci si trova con l’oggetto contundente che è diretto esattamente verso il centro della propria fronte. Ed è soltanto allora, che si riesce a definire quali siano i veri uomini d’Austra(lia) dai koala e dai canguri delle circostanze. Non che voi abitanti del Sottosopra possiate aspirare a comprendere le implicazioni di oltre 50 millenni di tradizione rotatoria…
Secondo il resoconto ufficiale, il record era stato stabilito nell’estate del 2008 presso il Centro Sportivo Universitario di Graz, dove questo ingegnere locale scagliò furiosamente l’oggetto di 2,59 metri da lui nominato Flying Bigfoot Highlander, capace di sfidare il preconcetto su quale fosse la massa più eminente capace di essere influenzata dal principio della fisica alla base del suo ritorno: 2,59 metri in legno finemente intagliato, con una pratica maniglia situata nel punto centrale. Ma i boomerang mostrati in questa breve rassegna del 2010, dinnanzi alla telecamera di o comunque per il canale Youtube del regista amatoriale austriaco Jörg Krasser, hanno forme decisamente più strane ed inusuali: grossi triangoli, segmenti uncinati, goniometri fuori misura. C’è un arnese a ferro di cavallo che lui chiama “the King” capace di fare ritorno da una distanza di 70 metri, grazie alla struttura appesantita con degli appositi tappi di gomma alle estremità. Di esso, l’autore dice: “Usarlo mi ha procurato non pochi lividi. Ma riuscire a prenderlo è davvero una fantastica avventura.” Ed ancor più che le insolite parole, nel colpire la fantasia dello spettatore riesce l’espressione estasiata di un appassionato sincero nei confronti di un qualcosa di tanto particolare e specifico, ovvero l’applicazione più essenziale del concetto del volo. Già perché in un certo senso, il boomerang è l’approssimazione antica di un qualcosa che l’uomo avrebbe razionalizzato soltanto molti millenni dopo: ovvero che una forma appiattita, dotata delle giuste superfici di ricerca dell’equilibrio, può sfidare e sfruttare la resistenza dell’aria, generando portanza. Con l’obiettivo, almeno all’epoca, di essere scagliato più velocemente e più lontano verso l’orizzonte. Perché non fatevi illusioni in merito: il boomerang è sempre stato un’arma! Una semplice, letterale mazza volante. Pensata per uccidere animali, sopratutto, ma anche l’occasionale membro di una tribù rivale. Mentre il fatto che tornasse indietro, costituiva per lo più il segno che qualcosa di aerodinamico non stava andando (letteralmente) per il verso giusto. Vi è mai capitato di fare un aereo di carta che torna indietro “per sbaglio”? Ecco, stesso principio. Con la differenza che qui sussisteva la casistica di farsi, effettivamente, piuttosto male…
Parlare di precessione in merito all’oggetto ritornante per eccellenza, indipendentemente dall’emisfero in cui ci si trovi, è in effetti molto più che una metafora priva di senso. Poiché secondo la visione coerente col sistema degli angoli di Eulero, quando un oggetto reagisce positivamente ad un secondo asse di rotazione, senza abbandonare il primo, la sua reazione alle forze che lo inducono a spostarsi assume un significato e metodo radicalmente diversi. Pensate all’esempio tipico della trottola, oppure semplicemente una ruota di bicicletta legata ad un filo (che ci crediate o meno, tipico strumento didattico delle aule statunitensi). Entrambi oggetti che nel momento in cui vengono indotti a spostarsi, ad esempio mediante inclinazione del piano o del sostegno d’appoggio, inizieranno più o meno istantaneamente ad assumere una traiettoria curva. Ed è proprio questo, in parole povere, lo stesso principio dell’arma volante per eccellenza. Applicabile a diverse scale di grandezza, come sempre avviene con le leggi basilari della fisica applicata. Eppure proprio questo in molti non riescono a capirlo: che un boomerang può avere pressoché qualsiasi dimensione o peso. A patto di possedere una forza sufficiente a scagliarlo con dritto verso l’indomani.
A partire dal più piccolo, 46 mm appena, costruito da Sadir Kattan nel 1997 ed impiegato durante i Campionati Nazionali Australiani di questa vasta e stratificata disciplina, entrando anch’esso nel catalogo dei record a cui aspira chiunque abbia un hobby parimenti privo di un seguito da parte del pubblico generalista. Per lo meno, fuori dalle due terre agli antipodi dal nome casualmente simile e passioni parallele. Mentre la massa complessiva, al giorno d’oggi, trova configurazione sulla base dello scopo specifico di ciascuno strumento, con i boomerang per il lancio sportivo che pesano attorno ai 100 grammi, mentre quelli per gli eventi definiti MTA (Massimo Tempo in Aria) superano raramente i 25. Eppur basandosi, incidentalmente, sullo stesso identico principio della traiettoria disegnata da Gerhard Walter coi suoi bolidi di 370, 740 e persino un chilogrammo intero, quasi tornando all’antica concezione di un’arma contundente che sia stata costruita, tuttavia, per colpire il suo stesso utilizzatore. Un rischio sempre presente, questo, che tuttavia non si è dimostrato abbastanza perché il suo record potesse giungere indisturbato fino alle generazioni future. Ciò che avvenne infatti il 28 aprile del 2014, oggi iscritto a chiare lettere negli annali del settore, è che i membri della Società Britannica dei Boomerang, situata in quel di Londra, scagliarono la loro pietra di paragone nel cielo plumbeo delle circostanze. In maniera, se vogliamo, appena sufficiente per rispondere alle norme della sfida: 20 metri almeno di distanza, traiettoria curva, nessun tentativo di afferrarlo al volo fu considerato necessario. E a dire il vero, assai probabilmente, stessa regola venne applicata all’era della precedente esibizione a Graz: nessuno vorrebbe avere vittime durante le rilevazioni per il Guinness dei primati. Almeno di questo secondo exploit, per fortuna, abbiamo diretta testimonianza, mediante la partecipazione del programma televisivo The One Show, il cui inviato venne generosamente invitato a fare il primo tentativo di scagliare questo mostro da 2,74 metri, ottenendo risultati prevedibilmente meno che straordinari. I concorrenti, del resto, avevano portato più versioni dell’oggetto, da provare l’una dopo l’altra nella speranza di riuscire a battere l’insigne predecessore. Ed alla fine, come previsto, ci sarebbero riusciti. Ma si può davvero paragonare l’estasi numerica di un grosso arnese che si comporta “più o meno” come un boomerang, all’entusiasmo di un intero pomeriggio trascorso a scagliare e riprendere versioni comunque grandi, comunque funzionali, della stessa curiosità volante dei cieli? Ai posteri l’ardua sentenza, come si dice. Oppure, visto che il video è stato convenientemente caricato online, giudicate un po’ voi:
Stereotipi o preferenze nazionali a parte, è indubbio che il boomerang londinese possedesse delle qualità innate difficili da ignorare, così come quello continentale del più grande esperto in materia al sotto del Canale, ma sopra la linea dell’equatore. Come in tutti i campi, del resto, poco importa il proprio patrimonio genetico e la discendenza. Ciò che conta, sopra ogni altra cosa, è l’entusiasmo e il tempo da dedicare alle proprie passioni. Che siano digitali, materiali o in qualche modo vagamente pericolose.
Ed è questa la ragione per cui, se mai dovessi visitare la terra d’Austria(lia) indosserei probabilmente i lederhosen aborigeni assieme a un comodo cappello bavarese. Quando si cammina in mezzo ad uomini e donne capaci di scagliare una mazza rotante a molti metri di distanza, tra i koala e senza mai temere che possa colpirli quando compie il suo implacabile ritorno, è sempre meglio fare il possibile per passare inosservati tra la folla. Secondo alcuni geroglifici ritrovati nelle tombe egizie, l’arte di costruire il boomerang è una delle più antiche e universali tecniche di caccia. Eppure attraverso i secoli, in quasi tutti i luoghi del mondo venne abbandonata. Tutti tranne uno. Oppure due. Elaborare teorie sulla ragione di tutto questo disturbando i nativi, a mio avviso, potrebbe risultare il proverbiale caso “d’inoltrarsi lungo un pendio scosceso!”