Sotto un’incommensurabile massa d’acqua, equivalente grosso modo alla metà del monte Olimpo in Grecia, all’interno dell’area definita il monumento nazionale hawaiano Papahānaumokuākea, qualcosa si aggira non visto e non conosciuto dagli occhi di chicchessia. Qualcosa di nero. Qualcosa di strano. Qualcosa di minaccioso. Creatura rigonfia benché longilinea, la cui coda simile a una frusta termina con una serie di tentacoli, tra i quali lampeggiano occasionalmente piccoli bagliori di luce rossa. E la cui testa, simile a un palloncino… Ma è davvero una testa, quella? In assenza di una terminologia chiara a cui si possa fare riferimento, tutto quello che abbiamo a donarci residue certezze è il commento della voce fuori campo, possibilmente appartenente ad una delle maggiori esperte globali in materia. Parole profonde e altrettanto cariche di significato: “Sembra arrabbiato… Non trovate anche voi che assomigli a un muppet?”
È un fatto ormai noto su Internet che, per chi apprezza sentir tornare momentaneamente bambini dei validi professionisti con lunghe carriere scientifiche alle spalle, conferme accademiche e pubblicazioni di conclamata importanza, nessun canale YouTube risulta essere migliore di quello della nave oceanografica EV (Exploration Vehicle) Nautilus, riconvertita a scopi scientifici in California dopo essere stata a lungo usata per effettuare rilevamenti presso i relitti della corazzata Bismarck e il celebre Titanic. Risorsa costituita da una raccolta delle trasmissioni inviate via satellite all’Università del Rhode Island attraverso cui, molto spesso, l’incredibile materiale viene ripubblicato in diretta online. Il risultato è un repertorio apparentemente inesauribile di segmenti ripresi in alta definizione dal sommergibile telecomandato Hercules facente parte della dotazione di bordo, attraverso cui il grande pubblico viene invitato conoscere l’aspetto e il comportamento di alcune delle più rare o strane creature di tutto il mare. Avviene tuttavia, con frequenza relativamente elevata, che determinate scoperte siano semplicemente troppo buffe, divertenti e al tempo stesso significative, perché possano restare esclusivo appannaggio delle personalità più curiose del web. Ed è allora, immancabilmente, che i video in questione finiscono per essere ripresi dalle principali testate giornalistiche, come contenuti di spicco per le loro sezioni dedicate a scienza o curiosità naturali.
Un catalogo, questo, a cui certamente non poteva mancare l’avvistamento dell’altro ieri di una rara e misteriosa Eurypharynx pelecanoides, comunemente detta anguilla ingoiatrice o pellicano per la presenza di un’ampia sacca in corrispondenza della mandibola, inerentemente snodata come quella di un serpente. Ciò detto, trattandosi di un pesce che vive tra i 1.500 e i 3.000 metri di profondità, tutto quello che potevamo affermare di saperne fino ad ora era dedotto per inferenza, dalla sua rara cattura accidentale all’interno delle reti dei pescatori. Capite dunque, in effetti, ciò di cui stiamo parlando? È il primo avvistamento registrato di questo animale dal vivo, nel suo ambiente naturale nei recessi oceanici più remoti di questa Terra. Anche se in molti, presumo, sarebbero pronti a giurare che una simile creatura possa esistere soltanto nei mari segreti di Marte, Venere o Europa, il satellite ghiacciato di Giove.
Sarà opportuno giunti a questo punto specificare che l’esemplare ripreso in particolare dal batiscafo con sistema di telepresenza Hercules nelle acque del Pacifico non era probabilmente adulto, in funzione della sua lunghezza di poco meno della metà di 0,75 metri, quella che normalmente caratterizza un esemplare adulto della sua specie. Ciò che colpisce maggiormente tuttavia è l’atteggiamento della bizzarra creatura, apparentemente impegnata al momento delle riprese nella sua attività di caccia, oppure spaventata dall’arrivo del sottomarino e per questo subito pronta mostrarsi nel suo aspetto più terribile e minaccioso. Secondo gli studi effettuati sugli esemplari defunti e catturati fino a questo momento, gli scienziati hanno ipotizzato che la mascella snodata, e la grande sacca da pellicano di questi pesci non abbiano infatti lo scopo di permettergli di catturare prede dalle dimensioni maggiori di loro, come avviene per i serpenti, bensì di nuotare in avanti con la bocca aperta, lasciando che la normale resistenza dell’acqua la faccia gonfiare a dismisura, incrementando di conseguenza la propria capacità di filtrare e fagocitare i microscopici gamberi e altri cobepodi presenti negli abissi marini. Mentre il fluido salmastro in eccesso, una volta estratto il suo contenuto nutritivo, dovrà essere costantemente espulso dalle grandi branchie in corrispondenza del “collo” del predatore.
Ogni aspetto, nell’anguilla ingoiatrice, unica rappresentante della sua famiglia ma biodiversamente varia in funzione di un alto numero di sottospecie, è il prodotto evolutivo di uno stile di vita perfettamente adattato a questo ambiente estremo. Con uno stomaco estensibile a seconda della necessità, essa può consumare grandi pasti e l’occasionale pesce vertebrato attirato grazie alla luce dei suoi fotofori rossastri sulla coda, per poi restare a digiuno per lunghi periodi senza subirne le conseguenze. L’analisi dello stomaco degli esemplari ritrovati precedentemente ha inoltre dimostrato la sua capacità di fagocitare e digerire materia vegetale, come le alghe Sargassum, che danno il nome al tratto d’Oceano Atlantico tra le isole Azzorre e le Grandi Antille dei Caraibi americani. Associata alla famiglia delle anguille unicamente per una somiglianza morfologica superficiale, la Eurypharynx è priva di scaglie ma presenta una struttura ossea differente, con un teschio piccolissimo in proporzione alle dimensioni esterne della sua improbabile testa. Per quanto sappiamo del suo ciclo riproduttivo, esattamente come le sue simili a noi più note l’ingoiatrice si accoppia soltanto una volta nel corso della vita, a seguito di un processo di trasformazione a seguito del quale il maschio subisce una degenarazione del suo senso olfattivo molto sviluppato, e perde una parte degli affilatissimi denti. Niente di simile avviene per la femmina invece, che resta perfettamente operativa e in salute. Una volta compiuto il suo destino biologico, il suo partner muore, lasciando le limitate risorse del proprio habitat completamente a disposizione della successiva generazione. Un sacrificio, questo, che forse non ci saremmo aspettati da questo mostro avvolto da un tenebroso alone di mistero.
“Chi osa disturbarmi? Cos’è questa luce? Conoscerete l’angusta corrosione dei miei succhi gastrici, per voi la sacca, è l’unico possibile destino…” Sembra perciò vaneggiare, mentre danza e si contorce l’ostile creaturina, aprendosi alla maniera di un ombrello per poi gonfiarsi e incutere la sua particolare versione di un’infinito terrore. Mentre gli umani a distanza di sicurezza, attraverso gli schermi di pilotaggio del drone, se la ridono scambiando congratulazioni tra loro, per un’altra favolosa scoperta della più lunga, e famosa spedizione scientifica del web. In grado di vantare, per numero di visualizzazioni, un successo persino superiore a quello dei video virali prodotti sulla Stazione Spaziale Internazionale, con gli astronauti che mostrano come farsi un panino e altre cose in caduta libera, con conseguente assenza funzionale di gravità.
Ma la realtà è che per quanto possiamo apprezzare il cibo preconfezionato per esploratori del cosmo, è innegabile che il nostro senso dell’orrido ci conduca verso l’entusiasmo di poter scherzare su chi vorrebbe, senza alcun dubbio, fare di noi, il cibo. E chissà che un giorno, raggiunti i succitati oceani ipotetici di mondi alieni, una versione più grande, e molto più cattiva di questa cosa possa riuscire a realizzare un simile sogno. Assaggiare il gusto magnifico delle persone! Ecco un pensiero in grado di togliere il sonno, a chiunque intrattenga un rapporto sufficientemente proficuo con la sua risorsa più valida nel motivare l’approfondimento scientifico, la fantasia.