Ricordi possibili di un futuro imminente: ho lasciato in macchina l’autostrada per Milano dopo il casello, scorgendo oltre il guardrail un baluginìo distante. È un bacino idrico tra i più famosi del Nord Italia e probabilmente, l’intera Europa, immerso tra ripide colline create dall’azione di un antico ghiacciaio. Garda, immerso in uno scenario spettacolare come un anfiteatro, famosa meta turistica fin dai tempi dell’Impero Romano. Attraversando le verdeggianti colline mi avvicino a Desenzano, il comune più popoloso di queste rive, tra il castello e lo scenario intrigante del Porto Vecchio, per imboccare quindi il viale asfaltato che transita, attraverso un paio di decine di chilometri, attraverso Padenghe, Cunettone e Salò, per poi diventare l’epica e rinomata strada Gardesana. Un percorso pianeggiante dalle dolci curve, tra luci ed ombre dei tunnel scavati nella roccia a strapiombo sul lago, in grado al tempo stesso di ospitare un giro panoramico o il serrato inseguimento di un film di James Bond. Ed è allora che, attraverso palpebre socchiuse per il riflesso dell’astro solare, vedrò qualcosa di difficile da dimenticare. O meglio, qualcuno. Intento a procedere in bicicletta per la sua strada, parallelo al tragitto automobilistico per stagliarsi contro l’altra riva distante, evanescente per l’effetto della foschia. Irrigidendo la mia postura al volante, tento di fare mente locale; mi trovo oramai oltre il borgo di Limone, dove ogni pretesa di spiaggia viene cancellata dal ripido scoglio del corno del Corno di Reamol, sopra cui era collocata l’artiglieria dell’Esercito Italiano, costantemente intenta a far fuoco contro le postazioni austriache dall’altra parte del lago. Ed io so, con certezza nata da Google Earth, che oltre l’orizzonte visibile non c’è nulla, fino alle svariate decine di metri che ci separano dalla superficie dell’acqua distante. Eppure, egli è sospeso, tra cielo e vuoto, mentre impugna il manubrio neanche fosse il triangolo di un deltaplano. Faccio appena in tempo a evocare immagini del piccolo alieno nel cesto anti-gravitazionale, in uno dei film più famosi degli anni ’80, che inizia il tunnel e lo perdo di vista. Una svolta lieve a sinistra, quindi, tra le rocce, appare finalmente la verità. Che come spesso avviene, tenta il sorpasso in curva della fantasia.
Naturalmente, questo scenario ipotetico suppone che io sia vissuto, per molte settimane a partire da oggi, all’oscuro del grande evento che attende il comune più succoso e acido in provincia di Brescia oggi alle 17:00, l’inaugurazione del tratto appena completato di Garda by Bike. Attrazione turistica, infrastruttura pubblica, ausilio alla viabilità, polo mediatico e social dell’entusiasmo e il “desiderio di esserci” delle persone, già richiamate ai dintorni da una campagna pubblicitaria che è stata spontanea, ancor prima che stipendiata. Ma soltanto 300 fortunati tra loro, ciascuno di essi un abitante per l’appunto di Limone, potranno accedere in questa giornata alla passerella sospesa lunga all’incirca due chilometri e mezzo (circa 5 quando sarà completa) infissa direttamente nel fianco roccioso e pietroso con molte centinaia di piloni, versione perfezionata di una vera e propria montagna russa orizzontale, situata niente meno che in uno degli scenari più fantastici disponibili all’immaginazione! Per tutti gli altri, l’unica opzione sarà soggiornare qui fino a domenica mattina, giornata dell’apertura effettiva del varco d’accesso all’itinerario dei sogni, un ricordo pronto a popolare i loro profili Facebook e feed di Whatsapp, forse come elemento a sostegno di una passione decennale per il ciclismo. Oppure, strumento di un bisogno straordinariamente moderno di comparire, lasciare un segno nel fiume di bytes che circonda, oggi giorno, quel mare in tempesta che è il nostro ego personale. E la memoria non può fare a meno di spostarsi, a margine della questione, verso la storica opera galleggiante The Floating Piers dell’artista statunitense Christo, che tra giugno e luglio del 2016 fece del lago d’Iseo una destinazione su scala nazionale, tra una sorta di frenesia che sembrò travolgere un popolo desideroso, almeno una volta nella vita, di “camminare sulle acque” sfruttando dei grossi materassini in polietilene di colore rigorosamente giallo. Mentre la creazione ciclabile del gardesano, sostanzialmente, sarebbe tutto il contrario di quell’effimera evanescenza, fine a se stessa al di fuori di uno specifico messaggio, che a dire il vero è sfuggito alla stragrande maggioranza di coloro che vi presero parte. Qui stiamo parlando, piuttosto, di una sincera dichiarazione d’apprezzamento nei confronti di un mezzo di trasporto, particolarmente intrinseco in queste regioni, la bicicletta che può spostarsi confortevolmente senza un motore, a patto che le strade siano sicure, prive di buche e per lo più pianeggianti. Ecco qualcosa che dovremmo sperimentare tutti, al di fuori del sogno utopistico di un domani ideale.
Eppure non c’è nulla, in tutto questo, che esuli dalla sfera del possibile o il temporaneo, essendo il passaggio frutto dell’opera di un studio ingegneristico, Fontana & Lotti Lorenzi, già famoso per l’assistenza data al patrimonio turistico e architettonico di queste terre, in grado di elaborare per l’occasione un sistema al tempo stesso ingegnoso e funzionale, capace di costituire il gioiello sulla corona di un’intero tragitto lungo 140 Km che potrebbe anche includere, secondo alcune interpretazioni, un’ulteriore ciclabile sospesa di pari lunghezza sulla riva orientale del Garda. Chissà quando potremo assistere a un tale spettacolo fuori dal mondo…
Il “segreto” appare evidente nel breve segmento ripreso via drone da Nico Tijdink, in un video risalente a febbraio scorso che è stato capace di accumulare oltre 49.000 visualizzazioni. Certo: non capita spesso, di vedere la costruzione in corso d’opera di ciò che non è un ponte, né una strada, bensì il tragitto ideale di colui o colei che desidera accrescere il proprio stato di comunione interiore con lo splendore innato della natura (a patto di non trovarsi ingorgati nel traffico, pedalando nel bel mezzo della stagione di punta). Così come viene spiegato, in tutta chiarezza, nell’esauriente sito ufficiale del progetto all’interno del portale degli architetti: la struttura portante di ciascun segmento di passerella include infatti un sistema a doppio cavalletto, infisso nella roccia con lunghi piloni d’acciaio, sopra i quali prendono posto solidi pannelli di cemento armato e fibrato. I parapetti, dal canto loro, trovano invece realizzazione in una leggera struttura in ferro zincato, concepita appositamente per non appesantire o bloccare la naturale armonia del paesaggio. La loro altezza, tuttavia, è di gran lunga sufficiente a evitare ogni tipo d’incidente possibile, particolarmente nei tratti più sopraelevati rispetto al lieve moto ondoso sottostante. Detto questo, il limite di velocità per il tratto sospeso è stato comunque fissato sui soli 10 Km orari, in considerazione sopratutto del fatto che la pista sarà a doppio senso nonostante l’ampiezza di appena 2,60 metri, obbligando i gruppi a procedere rigorosamente in fila indiana. Una norma che come sappiamo, viene spesso ignorata dai meno esperti. Nella sua iterazione finale, la pista sospesa sarà completata da segmenti pedonabili, aree di sosta e un ciclonoleggio, rendendola una vera attrazione per famiglie. Paradossalmente, ad ogni modo, è stata proprio l’atipica collocazione della passerella a garantire che avesse un impatto strutturalmente meno gravoso sul territorio; questo perché, diversamente dalle fondamenta di un normale tratto di strada, tutto quello che ha necessitato trovare collocazione è stata, in ultima analisi, una lunga serie di buchi più o meno equidistanti, nulla al confronto delle tonnellate di terra che vengono normalmente spostate anche per il più insignificante viottolo comunale. Metodologia che ha permesso inoltre di mantenere intonso l’aspetto fin troppo famoso della strada Gardesana, con il suo panorama mozzafiato e la maniera in cui sembra far parte, ormai da molti anni, della montagna stessa. E poi, vuoi mettere? Chi avrebbe mai pensato d’incontrare, nei propri viaggi, la sagoma di un vero ciclista volante… O di tutta la sua famiglia, intenta a stilare il foto-racconto di un fantastico viaggio tra gli elementi!
L’intero progetto del percorso Garda by Bike, che dovrebbe trovare il completamento entro il 2021, è stato il risultato lungamente pianificato di una serie di fondi stanziati in parte dallo Stato Italiano e per quella rimanente dalla Provincia di Trento e le regioni di Lombardia e del Veneto. Per un investimento che dovrebbe raggiungere, alla fine, i 102 milioni di euro, presumibilmente recuperabili grazie all’aumento del turismo di bassa stagione e il rush frenetico che questo miglioramento, nell’idea dei suoi promotori, dovrebbe suscitare nei primi mesi di ogni nuova sezione aperta al pubblico. Quella della passerella sul tratto di Limone, che si estende fino a Riva del Garda, è costata nello specifico attorno ai 5 milioni, metà dei quali sono stati spesi più che altro per assicurare la montagna in caso di eventuali frane. Perché fidarsi è bene, ma nessuno può assegnare un prezzo a trovarsi protetti da ogni possibile o drammatico imprevisto.
Fin dall’antichità, volare è stata una delle massime aspirazioni dell’uomo. Ma volare pedalando, potremmo ben dirlo, è una conseguenza ancora ulteriore, o avanzata, dello stesso approccio al metodo di arricchimento della propria esistenza. Chi non vorrebbe spendere la propria energia, per una volta, in un contesto conforme al sentire di un falco, un piccione o un gabbiano… Per provare finalmente che cosa significhi librarsi, sospesi in un fiume virtuale, al di sopra di un paesaggio che sembra progressivamente allontanarsi dalle nostre percezioni vieppiù distese. Pioggia permettendo.
Forse la pista ciclabile sul lago di Garda è fondamentalmente la rappresentazione tangibile di tutto questo. Come la strada arcobaleno percorsa con l’automobilina da Super Mario, al suono trionfale di una gloriosa fanfara strombazzante, sinonimo di un trionfo impossibile da quantificare. Per cui l’Immagine, alla fine, non è che una minima parte della musica trasportata dal vento. Chissà quanti vorranno, almeno stavolta, estendere la propria mano priva di cellulare. Per sentire la brezza di una simile occulta realtà.