Fra tutte le imprese compiute in tempi di guerra, la meno celebrata resta molto probabilmente quella dei convogli. Gruppi di navi, spesso condotte da civili, incaricate di attraversare gli oceani, per portare rifornimenti o truppe fino al fronte di battaglia, esponendosi a una quantità enorme di rischi. Negli anni immediatamente successivi al 1940 in particolare, le imbarcazioni inglesi e dei loro alleati erano solite affondare senza nessun preavviso, per l’intervento spietato di un sommergibile silurante. Ma c’era un altro avversario, a differenza di questo prevedibile, ed a conti fatti non altrettanto letale: l’aereo della Luftwaffe. Aereo d’assalto in picchiata o caccia a seconda dei casi, soltanto più raramente bombardiere strategico, essendo questi ultimi riservati a bersagli fissi in pieno territorio nemico. Così che, per colpire il bersaglio, questi doveva giungere particolarmente vicino allo scafo. Esponendosi al contrattacco da parte dei marinai. Ora la Royal Navy, per quanto potente, non poteva permettersi di posizionare un cannone antiaereo su ciascun vascello con mansioni logistiche. Ed a dire il vero, neanche una pluralità di mitragliatrici. Ciò che poteva concedere, invece, era una pletora di proiettori Holman. Armi costituite, essenzialmente, da nulla più che un tubo di metallo, con un serbatoio per l’aria compressa nell’estremità posteriore. Il quale veniva riempito di una certa quantità di granate Mills (il classico “ananas”) e quindi puntato verso il cielo. Finché il rombo del motore soprastante, percepito in anticipo, avesse lasciato intendere che il momento era giunto. E per difendere la nave, una, due o tre di queste armi venissero fatte catapultare, con un tonfo sordo, il loro carico all’indirizzo dell’avversario. Ora, quante pensate che fossero le probabilità di colpire un formidabile Stuka o un Messerschmitt della serie Bf sfruttando simili marchingegni? 1 su 10? 10 su 100? Forse ancor meno ma la realtà è che poco importava: l’obiettivo principale era spaventare il pilota, creando inoltre uno schermo di fumo che l’avrebbe costretto a rilasciare il suo carico letale da una maggiore distanza di sicurezza, incrementando le probabilità che sbagliasse il colpo. Simili aerei potevano sganciare, in effetti, un massimo di 3 o 4 bombe prima di dover andare a rifornirsi alla base. E a quel punto, l’imbarcazione sarebbe stata salva.
Il cannone Holman, nient’altro che una versione bellica di quello che negli Stati Uniti chiamano spud o potato cannon fu quindi trasformato in un giocattolo, usato dai bambini per proiettare pezzi di tubero verso bersagli distanti. Finché il progressivo diffondersi della Tv e dei videogiochi, assieme alla culture pericolose delle armi e delle cause civili, non avrebbe portato i genitori a relegare un simile attrezzo diabolico nel dimenticatoio. In tutti i casi, tranne uno: quello di chi ama recarsi in spiaggia, canna da pesca alla mano, per tentare di procurarsi un pranzetto pinnuto. Pescare può essere divertente. Pescare a quel modo può anche essere, deludente. Specie per tutti coloro che, non essendo campioni olimpici del lancio del peso, devono accontentarsi di scagliare la lenza a un paio di decine di metri, potendo aspirare al massimo a qualche pesciolino della grandezza approssimativa di un’aringa obesa. Se non che le voci corrono, e sebbene al giorno d’oggi sia difficile risalire a chi ci abbia pensato per primo, nelle spiagge di quel paese è oggi talvolta possibile vedere persone, con un contegno assolutamente serio, che si recano fino al bagnasciuga portandosi l’equivalente plasticoso di un vero e proprio fucile anticarro. Per poi inserirvi dei grossi tocchi di pesce surgelato, facente funzione d’esca, nascondente all’interno il piombino e l’amo connessi a una canna da pesca di tipo convenzionale. Poco prima di estrarre la pompa da bicicletta, e prepararsi a far fuoco.
Esistono in realtà una grande quantità di cannoni da pesca, sia ad aria compressa che a propellente chimico, prodotti da almeno altrettanti marchi specializzati. Da un semplice giro di YouTube, si può desumere come altrettante persone abbiano messo in campo la loro capacità creativa, per risparmiare producendoli da se. Il dispositivo mostrato nei video soprastanti, il Sand Blaster della Bunker Up (con brevetto degli Stati Uniti) presenta tuttavia alcuni vantaggi importanti, nella qualità dei materiali, la distanza raggiungibile dichiarata di fino a 300 piedi (91 metri) e per la maniera in cui permette l’impiego diretto di canne da pesca convenzionali, senza dover ricorrere a problematici e spesso irreversibili adattamenti. Vengono inoltre fornite delle capsule in PVC a forma di proiettile, da usare per pressare il pesce surgelato ed assicurarsi così un proiettile della precisa dimensione del calibro, aumentando di conseguenza il potere di sparo. Una valvola a rilascio istantaneo, infine, garantisce l’espulsione del colpo solamente una volta raggiunto l’optimum della pressione desiderata. Si tratta del resto di un prodotto dal prezzo di almeno 599 dollari, con una versione “deluxe” dotata di ruote gommate per il posizionamento e bombola di CO2 integrata per la ricarica che raggiunge o supera facilmente il migliaio. I risultati raggiunti, di contro, sembrerebbero giustificare ampiamente la spesa, con una sezione testimonianze del sito ufficiale ricca di prevedibili superlativi, la quale tuttavia non manca di evidenziare i punti forti di questo particolare approccio pseudo-militarizzato alla pesca. “Ho fatto fuoco 1.000 volte e gli unici casi in cui non ha funzionato, avevo sbagliato io qualcosa nella preparazione del tiro” oppure “Sono un pescatore di una certa età che non ha più la forza di un tempo. Poter scagliare la mia lenza lontano come facevo un tempo mi ha letteralmente cambiato la vita.” Ma forse il commento che coglie maggiormente nel segno è quello che compie il parallelo a cui tutti, inconsciamente, stavamo pensando: “Quando si tratta di raggiungere la distanza adeguata a una pesca di pregio, il Sand Blaster è una barca dal costo davvero irrisorio.”
L’unica controindicazione che viene in mente, d’altra parte, è quello che può succedere nel caso in cui alla distanza massima dello sparo abbocchi effettivamente un pesce DAVVERO grosso e forte. Costringendo il pescatore a combattere per tirarlo a riva con un gioco della lenza rimasta inferiore ad un terzo, e soprattutto da una distanza abbastanza considerevole da dare al pesce ottime probabilità di fuga. È innegabile, da ogni modo, che una simile sfida possa costituire in realtà un divertimento per gli sportivi più appassionati. Mentre per gli altri, rimane sempre l’alternativa ultra-facile di un mulinello motorizzato. Certo a quel punto, diciamolo, esistono anche le pescherie…
Altro problema potenziale nell’impiego di questi cannoni, soprattutto nel caso in cui s’intenda impiegare la versione dotata di propellente chimico per il riempimento del serbatoio (generalmente propano o ghiaccio secco) è la regolamentazione normativa vigente, che può variare da un paese all’altro e in America, persino da uno stato all’altro. Stiamo del resto parlando di un’arma dal calibro e la potenza non propriamente insignificanti, che pur avendo una precisione molto bassa, potrebbe arrecare non pochi danni nel caso in cui dovesse colpire accidentalmente cose o persone. In Italia ad esempio, dove le pistole e i fucili ad aria compressa sono considerati di libera vendita soltanto fino alla potenza di 7,5 joule, è probabile che il dispositivo si troverebbe ad occupare quanto meno una zona grigia, andando incontro a potenziali multe da parte delle autorità. A meno di riuscire ad ottenere un permesso particolare, ma qui, almeno personalmente, non saprei neppure quale a quale ente potrebbe rivolgersi l’aspirante pescatore cannoniere.
A mali estremi, estremi rimedi? Come famosamente fece incidere nel XVIII secolo Luigi XIV su tutte le sue bocche da fuoco: “La forza è l’ultima ragione dei re.” E se i pesci (grossi) non volevano che qualcuno fosse abbastanza folle da sparargli addosso, dovevano vivere più vicini alla riva. Ma forse simili connessioni esulano dalla percezione ittica di causa ed effetto. A differenza di un gradito pasto, che sembra piovere “miracolosamente” dal cielo. Per condurre, con assoluta certezza, il fortunato di turno al grande Oceano del Paradiso. Dove ogni mattino i pesci mangiano loro stessi. Ed ogni sera vengono ricreati, con scaglie, pinne e tutto il resto.