Procedendo con la massima cautela, l’uomo in tutta protettiva anti-esplosivi spinge avanti di un mezzo metro la coppia di ruote dentate con un lungo rullo al centro. I suoi stivali affondano lievemente nel fango, mentre il fruscìo del vento sottolinea il muoversi ondeggiante della foresta pluviale. Coi la sola forza del pensiero, rivolge un’esortazione al suo piccolo compagno di lavoro: “Annusa bene, non ti sbagliare, non ti sbagliare, trova la cosa…” Tra le due ruote, assicurato a un tratto snodato del raccordo di collegamento, si trova assicurato un corto guinzaglio, libero di scorrere lungo l’intero estendersi di una scala graduata. Al termine del guinzaglio c’è un’imbracatura, e dentro quest’ultima, un grosso topo. La ruota compie un altro mezzo giro, quando all’improvviso, la creatura del peso di circa 1,5 Kg si ferma, emette un lieve squittìo ed inizia freneticamente a scavare. “Eureka, ci siamo! Oggi faremo la differenza. Ancora una volta, aiuteremo a demolire lo stereotipo costruendo al suo posto qualcosa di MIGLIORE…”
La cognizione largamente ignorata che tutte le creature naturali, prima che i loro gesti subiscano una contaminazione da parte degli umani e talvolta anche dopo, vogliono fondamentalmente fare del bene. Così che persino lo squalo, divoratore a proprio immediato ed apparentemente esclusivo vantaggio, in realtà segue un istinto violento perché ha cognizione esclusiva di se, e del suo bisogno futuro di procreare. Ed anche il tipico roditore, animale ladro, subdolo, pericoloso per le malattie che può portare ed in grado di moltiplicarsi a dismisura, non è affatto la manifestazione della volontà di Satana su questa Terra (come molti, in ai tempi della peste nera, tendevano comprensibilmente a pensare) ma un piccolo e svelto essere, inerme sotto ogni punto di vista tranne quello dell’intelligenza, che messo in una situazione difficile tende a fare lo stesso di tutti noi: si adatta. Il che significa, in assenza di spazzatura e sporcizia, che persino il ratto può influenzare positivamente gli eventi, lasciando surplus operativo nel valore totale del mondo. Tutto ciò che serve, è metterlo nelle giuste circostanze. Più facile a dirsi che a farsi… Vero APOPO?
APOPO, una strana parola, che rappresenta in realtà un’acronimo (“Anti-Persoonsmijnen Ontmijnende Product Ontwikkeling) dell’idioma olandese, mirato ad identificare la più singolare e nonostante questo utile tra tutte le organizzazioni non governative di quel paese, non a scopo di lucro, fondate nel corso degli anni ’90. Ad opera di Bart Weetjens, un uomo che ha visto il maestro Splinter nei suoi beniamini domestici ammaestrati, e dopo lunga meditazione, ha deciso nel 1997 che avrebbe fatto il possibile, affinché anche altri riuscissero a percepire un tale grammo nascosto d’inusitato eroismo. Tramite lo strumento che, da sempre, ha permesso agli animali di arricchirsi di connotazioni ulteriori: l’addestramento. Considerate di nuovo, a questo punto, che i topi del nostro protagonista non erano del tipo minuscolo che saltella nei campi, e nemmeno le belve sovradimensionate tipiche degli impianti di fognatura urbani. Bensì una pratica via di mezzo, o se vogliamo la perfetta unione di entrambi i mondi: il Cricetomys gambianus, ovvero topo con la tasca del Gambia, il che non vuole riferirsi ad un’improbabile quanto inesistente parentela con la genìa australiana dei marsupiali, costituendo piuttosto un diretto riferimento allo spazio extra presente nelle sue guance, analogamente a quanto avviene con il tipico criceto. Con una scala, tuttavia, sensibilmente aumentata: alcuni di questi animali sono stati visti riempirsi la bocca a tal punto di datteri o altra frutta, da non riuscire più letteralmente ad entrare nella loro buchetta. Il che dimostra, se non altro, la loro poca attenzione ai pericoli ed innato sprezzo di quanto potrebbe gettare nello sconforto persino il più esperto dei soldati veterani. Il che è certamente un bene, visto il mestiere che Weetjens, una volta trasferitosi in Morogoro, in Tanzania e fondata la sua APOPO, ha fin da subito deciso di attribuirgli: trovare grazie all’olfatto le mine anti-uomo, presso tutti quei paesi in cui vaste zone coltivabili devono essere lasciate a loro stesse, per il giustificato timore di saltare per aria all’improvviso, come tardive vittime di guerre ormai quasi del tutto dimenticate.
Preparare alla sua missione uno di questi piccoli operativi non è semplice, e richiede in media un periodo attorno ai 9 mesi, a seconda di quanto portato a farlo sia lo specifico esemplare da prendere in considerazione. Ciononostante, il costo complessivo necessario a portare a termine il corso preliminare, anche una volta preso in considerazione lo stipendio degli addestratori ammonta a circa 7.300 dollari, contro i 25.000 necessari per un cane, animale che tra l’altro risente di un significativo svantaggio rispetto al baffuto mammifero che pesa soltanto un decimo di lui: può risultare abbastanza pesante, in determinate condizioni, da far scattare il meccanismo d’innesco delle mine antiuomo. Con conseguenze fin troppo facili da immaginare. Considerate, dunque, l’operatività di un piccolo roditore, abituato per sua stessa natura a cercare le cose nascoste nel sottosuolo… Il ratto del Gambia, in particolare, insettivoro per natura benché mangi sostanzialmente di tutto, ha l’abitudine acclarata di stabilirsi nei pressi dei nidi di termiti, talvolta al di sotto del condominio artropode stesso, incurante dei suoi abitanti residui al termine della stagione. Per poi usare i suoi piccoli artigli, affilati attraverso millenni di evoluzione, allo scopo di trovare le zampettanti vittime inconsapevoli della sua eccezionale voracità, preferibilmente di notte: stiamo parlando, dopo tutto, di una creatura che ci vede pochissimo e che proprio per questo, ha affinato il suo olfatto fino a un livello in grado di sfiorare l’assoluta perfezione. La sua affinità con il mondo degli insetti eusociali, tra l’altro, si riflette anche nel tipico progetto della tana in grado di ricordare un formicaio, dotata di un lungo tunnel d’ingresso con una serie di stanze all’estremità, di cui una per dormire e le altre adibite a magazzini di cibo, trasportato a destinazione grazie alle pratiche tasche delle guance. Pensate che uno di questi topi può raccogliere fino a svariate volte il suo peso in materiali commestibili nel giro di una singola notte! Una naturale laboriosità che tradotta in termini di servizi utili agli umani, significa un rateo di rimozione mine decisamente superiore a quello che può essere portato a termine senza alcun tipo di aiuto animale. Tanto che, nel corso degli anni, Weetjens non ha potuto fare a meno d’interrogarsi su quale altro canale avrebbe potuto beneficiare del formidabile olfatto dei suoi piccoli lavorati, che nel frattempo erano stati ridefiniti con l’appellativo di HeroRATS. La ricerca in merito iniziò nel 2003, grazie a un contributo di fondi ricevuto dalla Banca Mondiale…
L’idea era semplice, ma geniale. Tutti abbiamo sentito, del resto, la storia di padroni di cane il cui cancro è stato diagnosticato per tempo, grazie allo strano comportamento del loro abbaiante amico. Così che, se il ratto del Gambia poteva sostituire Fido nel fiutare le mine, che cosa sarebbe successo, facendo il possibile per prepararlo all’impiego nel campo della medicina? Lavorando prevalentemente in Africa, benché trasferte nel resto del mondo siano tutt’altro che inaudite, la APOPO ha iniziato quindi ad interessarsi ad una delle infezioni che mietono un maggior numero di vittime in quel continente: la tubercolosi. Il processo di addestramento dei topi non si discostava poi troppo da quello precedente, benché avesse luogo prevalentemente all’interno di una pratica gabbietta. A intervalli regolari, agli animali venivano quindi sottoposti campioni di tessuti affetti o meno dalla malattia, ricompensandoli ogni qualvolta l’identificazione avveniva in maniera corretta. Questo attraverso un metodo impiegato già nel campo delle mine, ovvero il suono netto del clicker, seguito da un piccolo dono alimentare. Il clicker, per chi non lo sapesse, è uno strumento che scatta stringendolo tra le dita, emettendo un segnale riconoscibile per gli animali, che questi dovranno connettere nella loro memoria ad un gesto compiuto in maniera corretta, con l’imminenza della gradita regalìa. Si tratta di un sistema in realtà molto utile, poiché permette di associare il momento esatto del compito portato a termine, con la soddisfazione di aver preparato il padrone a contraccambiare, secondo la prassi tipica dell’interazione uomo-animale.
Eppure tutto questo non dovrebbe essere visto come una forma di cupidigia o senso innato d’avidità. L’animale agisce in attesa di ricompensa, poiché questo è una sorta di linguaggio universale, subito comprensibile indipendentemente dalla capacità di elaborazione mnemonica e la prontezza nel comprendere le istruzioni ricevute. Ma sono certo che per i topi addestrati da più tempo, una volta raggiunto uno stato superiore di comunione col proprio addestratore, l’aspettativa di ricompensa sia ormai una mera formalità.
Di certo, la stima nei confronti dei topi non è uno stato d’animo facile da raggiungere, soprattutto a una distanza tanto elevata dal centro/laboratorio di Morogoro. Tuttavia, è sempre possibile avere fiducia negli uomini esperti, che a loro volta hanno fiducia in loro. Stiamo in fondo parlando di un semplice processo relativo al campo del’etologia, ovvero lo studio del comportamento animale. Non è scienza missilistica, come quella mostrata in alcune puntate “lunari” del cartoon di Tom il gatto & Jerry il topo…