Australia 2019, un’assolata giornata di aprile. Il vento soffia lieve, mentre il richiamo del kookaburra distante sghignazza sguaiatamente come se avesse udito una barzelletta sconcia. I koala si sgridano l’un l’altro per il possesso di un albero solitario. I canguri sobbalzano tra le piste d’asfalto che tagliano pianure assolate. Il fotografo della natura nonché orgoglioso nonno di cinque bambini (almeno a giudicare dalla sua copertina di Facebook) Steve Chapple sale, come già fatto gli scorsi anni, sulle pendici del monte Burr, la verdeggiante collina di origini vulcaniche, che è stata capace di eruttare per l’ultima volta, esattamente 5740 anni fa. La ragione è altamente personale, pur dimostrandosi condivisibile da parte di chiunque comprenda le sue passioni: osservare, ancora una volta, l’assembramento autunnale delle coccinelle. Già perché in questo emisfero, contrariamente al nostro, le stagioni calde sono correntemente al termine, il che induce in molti insetti un periodo di frenetica attività, per una ragione che può variare a seconda dei casi e le specifiche necessità. Eppure niente, stavolta, poteva prepararlo a ciò che stava per vedere coi suoi stessi, increduli occhi una volta raggiunto il sito: un letterale tappeto formato da milioni e milioni di queste creature, incuranti del sovraffollamento, intente a calpestarsi l’un l’altra, in quantità tale da ricoprire totalmente la radura, inclusi alcuni arbusti, una recinzione in legno e l’unica struttura visibile nei dintorni: l’antenna della radio FM, eretta in questo luogo distante in un momento imprecisato degli ultimi 10 anni. Ora, scene simili potremmo anche essere abituati a vederle: chi non conosce l’abitudine tipica degli imenotteri, tra cui api e formiche, di sciamare fedelmente al seguito di una regina, verso nuovi lidi da mettere a ferro e fuoco in funzione della loro formidabile fame? Ma la volatrice puntinata dei giardini, intesa come un qualsiasi coleottero facente parte della famiglia Coccinellidae, non può in nessun caso sviluppare strutture di tipo sociale. Essa vive, talvolta come creatura solitaria, altre facendo parte di un gruppo creato dal caso, essenzialmente alla giornata, nutrendosi per lo più di afidi o cocciniglia, fatta eccezione per quelle specie che sono fitofaghe, ovvero in grado di costituire a loro volta un danno per le coltivazioni umane. E a scanso di equivoci da parte degli ottimisti: si, queste sembrerebbero proprio delle Henosepilachna vigintioctopunctata, anche dette localmente coccinelle Hadda dai 28 puntini, note per la loro propensione ad attaccare la pianta della patata ed altre solanacee di primaria importanza per la nostra alimentazione. Per non parlare delle cucurbitacee (zucca, cetriolo, cocomero, melone…)
“Che cosa diamine…” si potrebbe quindi esclamare: “…sta succedendo quassù?!” per aprire la strada a una serie di considerazioni scientifiche che risolvono l’interrogativo principale, aprendo tuttavia la strada ad altri, di pari o superiore entità. Il fatto, essenzialmente, è questo: sopravvivere ai mesi invernali, persino quelli piuttosto temperati del continente meridionale per eccellenza, è un proposito che preoccupa in maniera significativa tutte le appartenenti all’eterogenea genìa delle coccinelle. Tanto che non è affatto insolito, in luoghi in bilico tra la campagna e il contesto urbano, ritrovarsele dentro casa in autunno, per la loro costante ricerca di luoghi al sicuro dalla furia delle intemperie; il che potrebbe tradursi, in assenza d’interferenze, nella ricerca di un tronco cavo, all’interno del quale stringersi l’un l’altra, ben sapendo quanto ciò possa aiutare nel preservare il loro piccolo, prezioso calore corporeo. Ciò avviene, normalmente, in montagna o presso un luogo elevato, per un istinto che le porta a considerare tali recessi maggiormente al sicuro dai predatori. Così che, talvolta, simili assembramenti assumono tutto l’aspetto di un folle rave a pois multicolori. Ma c’è un limite, a simili ammassi, dettato essenzialmente dalla quantità di coccinelle che dovrebbero vivere in una specifica regione. Tale limite, per il monte Burr di quest’anno, è stato ampiamente superato.
La questione ha ben presto raggiunto l’attenzione delle giornali e le tv locali, approdando quindi sul sito online dell’ABC News (notiziario australiano) e da lì, ha assunto il carattere di un piccolo fenomeno virale. Le ipotesi, da ogni lato del mondo, hanno quindi iniziato a succedersi. Tra le quali, probabilmente la più fondata è da ricercarsi in quanto dichiarato dal professore di genetica dell’università di Adelaide, Andy Austin, il quale si è subito fatto avanti per chiedere al Sig. Chapple se in presenza dello spropositato aggregamento fosse presente un odore particolarmente forte ed acre. Il che avrebbe potuto costituire, secondo la scienza acquisita, l’arma di difesa di queste coccinelle contro l’assalto di uccelli o altri animali affamati. Tutto, nelle coccinelle ed in modo particolari quelle appartenenti alla sottofamiglia erbivora delle Epilachninae, è finalizzato a pubblicizzare il loro presunto cattivo sapore: la colorazione intensa dai forti contrasti, tendente molto spesso al rosso e al marrone, oltre alla capacità di rilasciare a comando piccole quantità della loro emolinfa (essenzialmente, il sangue degli insetti) capace di macchiare una parete bianca ed emettere un fetore altamente caratteristico. Non poche guide, a tal proposito, sono reperibili su Internet in merito al miglior modo di rimuovere le coccinelle da casa in inverno, in maniera sufficientemente rapida perché queste non possano lasciare il ricordo indelebile della loro presenza (si consiglia, ad esempio, l’impiego dell’aspirapolvere). E per tornare a noi, l’esploratore australiano con la fida macchina fotografica ha quindi risposto che si, un odore è certamente percepibile, ma sembrava provenire più che altro dalla vasta quantità di esemplari morti a margine dell’ammasso brulicante, in continuo aumento con il progressivo diminuire delle temperature in quei giorni. Un’altra teoria proposta dal professore è che potrebbe trattarsi di un raduno finalizzato all’accoppiamento, eventualità relativamente insolita in autunno, dato che le coccinelle richiedono in media tra le quattro e le cinque settimane per maturare, ma se vengono colte dall’inverno mentre sono ancora delle larve o pupe, avranno estrema difficoltà a garantirsi la sopravvivenza.
Fatto sta che in breve tempo, grazie alla circolazione della notizia, lo strano luogo è diventata una piccola meta turistica della regione. Del resto i movimenti delle coccinelle, soprattutto quelle dai 28 puntini (26 per elitra, e due sul torace) hanno una primaria importanza in Australia, poiché determinano il tipo di pesticidi da impiegare o meno in un determinata regione. Immaginate voi la condizione di un agricoltore, con la bomboletta in mano di fronte a un tronco cavo ricolmo di questi animali, mentre tenta di determinare la specie esatta contando attentamente i puntini. Se quelle che si trova davanti, in effetti, sono comuni coccinelle carnivore, egli rischierebbe di rimuovere un importante agente di protezione naturale per il suo raccolto. Ma se quest’ultime appartengono al gruppo delle vigintioctopunctata, l’inazione sarebbe pari ad appiccare personalmente il fuoco sul proprio campo di patate. Questi insetti per l’appunto, nell’intero corso della loro vita a partire dallo stadio vermiforme, sono delle divoratrici consumate di foglie gustose, di cui “raschiano” progressivamente lo strato esterno, fino a lasciare integra soltanto la più coriacea venatura interna. Il che, molto spesso, basta per garantire un’improvvida dipartita della pianta. È interessante notare come lo stesso nome comune venga attribuito anche alla Epilachna vigintioctomaculata, una coccinella fitofaga che vive invece nei territori dell’Estremo Oriente russo, come le regioni di Amur e Khabarovsk. Non è quindi chiaro se quest’insetto, capace di tollerare temperature decisamente più basse, derivi da un’ipotetico antenato comune, oppure costituisca un semplice caso di evoluzione convergente.
Al che, sarebbe necessario fare un’ulteriore ipotesi sul perché, proprio quest’anno, le coccinelle abbiano scelto di raggiungere lo spiazzo dell’antenna radio in una quantità tanto spropositata. Si potrebbe fare ricorso, ad esempio, al solito problema del mutamento climatico: già, perché no. L’inverno, quest’anno, arriva in maniera più progressiva, permettendo agli insetti d’inserire un ultimo ciclo di riproduzione. Il che avrebbe scombinato i ritmi ed i confini territoriali, portando più di un singolo gruppo comunitario a trovarsi sul luogo più elevato di quella particolare collina dell’Australia Meridionale. Oppure è possibile che la riduzione degli spazi adatti alla loro proliferazione, per l’aumento delle strade e l’espandersi dei contesti urbani, abbia portato le piccole creature a migrare, finendo per scontrarsi con altre che già si trovavano lì, creando la prima vera metropoli artropode a punti neri.
Dal che deriva, che il futuro sarà largamente ignoto, potendo dare inizio ad una nuova stagione di scoperte su simili insetti, un tempo considerati dei coabitanti senza gravi conseguenze del contesto naturale dell’attività agricola collettiva. Coccinelle fitofaghe al posto delle cavallette, capaci di raggiungere un campo e distruggerlo con voracità metodica, lasciando soltanto la fame dove un tempo regnava indisturbata l’abbondanza? Tutto è possibile. Persino probabile, ormai. Tutto quello che resta da fare all’armata strisciante/volante, per il momento, è intercettare le nostre comunicazioni e stilare un’elenco delle canzoni che ricorrono maggiormente alla radio. Preparandosi, anche psicologicamente, al drammatico giorno dell’invasione finale. Terminata l’epoca dei mammiferi, per ritornare allo stato originale, degli artropodi che controllano il mondo.