Attorno alla primavera del 2008, l’istituto tedesco Alfred Wegener per la ricerca marina e polare posizionò una serie di idrofoni in Antartide a una profondità di circa 70 metri sotto la superficie del ghiaccio e 90 dal fondale oceanico. Quindi, ricercando l’aiuto del popolo di Internet, mise in streaming sul suo sito una trasmissione in diretta di quanto veniva registrato da questi dispositivi, nella speranza che i commenti del pubblico aiutassero i ricercatori ad individuare eventuali pattern ripetitivi. L’effetto fu, fin da subito, sorprendente: per essere stati collocati in uno dei luoghi più remoti e disabitati della terra, i microfoni acquatici registrarono tutta una serie di suoni estremamente inquietanti: rombi, scricchiolii, gemiti ultraterreni. Finché in un giorno, la cui data oggi non è più chiara, non riecheggiò sulle onde dell’etere una sorta di richiamo, come il fischio di una sirena di nave o il richiamo di un cetaceo mai udito prima. Una potenziale balena dalla voce quasi umana, oppure un kraken analogo a quelli nascosti sotto i ghiacci eterni delle lune di Giove… Affermò con tono di soggezione qualcuno, mentre gli addetti analizzarono accuratamente l’onda dello spettro udibile e non, arrivando gradualmente a una raggelante conclusione: benché la dinamica della sua formazione fosse tutt’altro che chiara, il rombo in questione, come del resto tutti quelli uditi fino a quel momento, non era altro che un prodotto del ghiaccio stesso, dovuto al frizionamento e la spaccatura delle sue alterne propaggini contrapposte. Masse sommerse, grandi come l’isola di Manhattan, che urtano tra loro alla maniera dei continenti di questo stesso pianeta… Ben lontano da quanto, pur volendolo fortemente, l’occhio scrutatore degli umani potrà mai riuscire a comprendere pienamente. Eppure il caso vuole che dei fenomeni simili, sebbene su scala ridotta, possano verificarsi anche in posizione più prossima alla luce del Sole.
Non se ne parla spesso da queste parti perché, dobbiamo ammetterlo: quanto spesso avviene, alle latitudini italiane, che l’intera superficie di un lago si trasformi in una lastra di ghiaccio dello spessore di almeno 4, 5 cm? Per poi restare sufficientemente solida, e per un tempo abbastanza lungo, perché la sua liquefazione graduale possa sostenere questo particolare tipo di concerto della natura? Eppure, la “voce del lago” è un fenomeno molto noto nei paesi alle latitudini elevate, come il Canada, la Svezia e la Siberia, dove ogni tipo di escursionista, dai più avventurosi a chi semplicemente si prefigge di praticare un foro nella superficie trasparente, prima di immergervi la propria lenza sperando di catturare il pranzo o la cena, raccontano di averla udita almeno una volta. Così che ad offrircene testimonianza, questa volta, ci pensa Henrik Trygg, uno dei pattinatori nonché il titolare dell’omonimo canale, che come ogni inverno si è recato a far visita a Kvarnsjön, uno dei quasi 100.000 laghi del suo paese, poco lontano dalla città di Stoccolma, la capitale. Con attrezzatura di tutto punto, inclusiva di bastone per effettuare i dovuti saggi relativi alla solidità del ghiaccio, i punteruoli usati per tirarsi fuori in caso di caduta e un particolare tipo di mezzi per la deambulazione, molto popolari dalle sue parti. Si tratta dei cosiddetti pattini nordici (o touring skates) delle lame di circa 50 cm con un aggancio diretto per gli scarponi da sci, che permettono di muoversi sul ghiaccio senza doversi mettere delle calzature specializzate, con conseguente miglioramento dell’isolamento termico complessivo. Una scelta, in realtà, particolarmente appropriata, proprio perché tali strumenti, rispetto ai pattini tradizionali, incidono il ghiaccio in maniera meno marcata, riducendo di conseguenza il pericolo di dare inizio a una reazione a catena con conseguente bagno nell’acqua non troppo lontana dagli 0 gradi. Ciò che la sua equipe ha curato, dunque, con fini divulgativi, è stato non soltanto effettuare le convenzionali riprese via drone, fin troppo rumoroso perché fosse possibile udire la “voce” di chicchessia, ma anche posizionare successivamente dei microfoni all’altezza della superficie, permettendoci di udire, finalmente anche noi dei paesi più prossimi al Sole, il suono che produce un pattinatore su “45 mm di ghiaccio nuovo e nero” un colore, quest’ultimo, che indica la perfetta trasparenza, condizione davvero importante affinché il video possa andare a buon fine. Questo perché, nel caso in cui si trattasse di ghiaccio opaco o eccessivamente spesso, il suo canto risulterebbe occupare delle frequenze talmente basse da non risultare udibile per l’orecchio umano, motivo per cui la “voce del lago” resta comunque piuttosto rara, risultando udibile soprattutto all’inizio e alla fine del lungo periodo invernale. Più o meno come allora (l’esperienza risale all’inizio di dicembre) quando puntualmente, rispondendo alle aspettative degli autori, i loro strumenti di registrazione hanno iniziato a rilevare una sorta di sibilo crescente, un po’ come il colpo di un’arma blaster usata dai personaggi di Guerre Stellari: Pew, Pew, PEEEEW. E caso vuole che per una tale assonanza, in effetti, ci siano delle ottime ragioni…
Quasi tutti i più scaltri commentatori al video, dunque, non hanno tardato nel ricordare un qualcosa di simile che avevamo udito in precedenza. Ovvero nella fattispecie, il famoso exploit di Cory aka Mr Safety, una delle più antiche e famose celebrità di YouTube, che nel 2014, poco dopo essersi trasferito a nord dalla sua natìa California, aveva pensato con intento umoristico di far “rimbalzare una pietra piatta” su un lago con condizioni di glaciazione simili a quelle del Kvarnsjön nella nostra sequenza d’apertura. Con un risultato, a giudicare dalla sua reazione quasi paradossalmente entusiastica, che decisamente non si sarebbe mai aspettato: mentre la pietra procedeva verso il centro del lago, infatti, il suo rumore continuava a mutare e salire di tono, finché nuovamente non parve di essere al centro di una battaglia tra gli Stormtroopers e le forze armate dell’Alleanza Ribelle, il cui esito avrebbe deciso il fato stesso della galassia.
Le ragioni di un tale episodio auditivo, definito dall’autore del video come “il suono più cool che abbiate mai sentito” (laddove l’impiego della parola cool, tipico slang americano tradotto con “fantastico” o “eccezionale” vuole anche giocare sul doppio senso con il suo significato originario di “freddo”) sono state lungamente analizzate, vedendo diverse proposte prodotte attraverso la sequela dei soliti esperti del web, non sempre realmente, o approfonditamente informati. Fino al raggiungimento di un consenso para-scientifico il quale, caso raro, sarebbe risultato per lo più corretto. La ragione per cui il suono del ghiaccio può essere indicato con questa particolare onomatopea (la cui pronuncia va intesa all’inglese, ovvero con PEW che corrisponde, grossomodo, a piyuu) va infatti ricercato nei diversi ratei a cui si propagano le diverse frequenze dell’onda sonora, attraverso l’aria, l’acqua e soprattutto il ghiaccio, in grado di accelerarle fino alla vertiginosa velocità di 3.000 metri al secondo. Con il risultato che, per un individuo che si trovi sufficientemente distante, il suono causato dal formarsi di una piccola crepa arriverà essenzialmente in maniera progressiva, a partire da una nota altissima fino a quella più bassa, in rapida approssimazione della sequenza nota in campo musicale con il termine tecnico di glissando. Il risultante suono, così strano ed apparentemente innaturale (laddove in effetti è tutt’altro che questo) colpì a tal punto i tecnici del suono della prima trilogia di Guerre Stellari, che essi decisero di impiegarne un’approssimazione per le armi da fuoco principali usate da tutti i loro personaggi, ovvero i cosiddetti fucili blaster. I quali, aperta parentesi, non sarebbero affatto, nella fiction, dei laser come alcuni sembrano pensare, caso in cui risulterebbero quasi del tutto silenziosi, bensì degli acceleratori portatili di particelle ioniche ultrariscaldate. La maniera in cui si scelse di separare le frequenze fu dunque semplice, ed al tempo stesso geniale: l’artista del foley (o rumorista) una delle figure più ingiustamente trascurate della settima arte, si recò presso dei cavi di tiraggio di un’antenna radio, poco prima di percuoterne uno tramite l’impiego di una pesante chiave inglese. Con il risultato che il suono, viaggiando istantaneamente lungo il cavo metallico, ritornò indietro a guisa del possente e altamente desiderabile PEW PEW.
È sempre stata una delle considerazioni più interessanti effettuate a margine del vasto campo delle scienze terrestri, quella secondo cui il nostro stesso pianeta sembrerebbe avere, in un certo senso, una sorta di mente propria. Come un piano estremamente specifico, in realtà conseguenza delle precise interconnessioni tra i fattori fisici e ambientali (in realtà? Davvero?) interpretando le quali, sogna qualcuno, sarebbe persino possibile prevedere il futuro. E fu forse proprio questo, il fattore alla base di tanti miti e leggende su esseri sovrannaturali o stregoni, architetti di un misterioso passato che ormai molto pochi affermano di ricordare.
Nell’economia di una simile considerazione, dunque, sarebbe difficile sopravvalutare l’importanza di una voce come quella dei ghiacci, che sembra derivare da un’ambito totalmente scollegato da quello dei mondi animale e vegetale. Bensì dalla metaforica pietra viva, ovvero la mente degli atomi stessi, su cui ogni giorno noi camminiamo e imponiamo, come più ci piace, la nostra materialistica volontà. Sarebbe bello poter sperimentare, in merito a questo, almeno una volta, l’esperienza del pattinatore svedese coinvolto in un dialogo privilegiato con forze molto più grandi di tutti noi. Ma purtroppo, o per fortuna, dovremo accontentarci della registrazione: simili freddi sono piuttosto rari quaggiù. Ed a quanto pare, lo saranno sempre di più col passare degli anni. A meno che a qualcuno, miracolosamente, non venga in mente una soluzione per chiudere il buco dell’ozono ed arrestare l’effetto serra, che ci rincorre ormai da generazioni, come i lupi della mitologia nordica Skoll e Hati fanno, rispettivamente, con gli oggetti cosmici di Sol e Mani. Ovvero il Sole; la Luna.