Lo stato mentale necessario per creare qualcosa è un’effimera presenza, la scorrevole sensazione di un minuto appena. Se ci si ferma anche soltanto un attimo a pensare, per così dire, alla natura stessa del pensiero, diventa difficile a quel punto ritrovare un sufficiente grado di spontaneità procedurale. Così che l’unico approccio, prima di mettersi di fronte alla tastiera, al kit da pittura, al blocco di pietra che attende il colpo dell’ispirazione, diventa la meditazione. Svuotare la mente, traslando il proprio essere in quella regione sospesa tra l’oggi e il domani, senza alcuna traccia di distrazioni. È tendendo a questo, soprattutto, che gli artisti decorano la propria casa. Molto spesso può bastare un singolo oggetto, un quadro, una pianta o un soprammobile, per spostarsi assieme al proprio sguardo nell’altro regno, quello dell’assoluta prontezza della mente e delle idee. Si tratta propriamente, se vogliamo, di un meccanismo d’interazione tra i sensi e la coscienza di noi stessi. La ragione, più di ogni altra, per cui acquistiamo oggetti privi di una funzione nell’immediato. Pensate adesso all’efficienza che può avere, in tale schema, un qualcosa che possa coinvolgervi su due canali: sia visivo che tattile. Offrendo l’illusione di essere di fronte a un meccanismo dall’infinita complessità, benché si tratti, dopo tutto, di nient’altro che un modellino. Bianco, immobile, minuziosamente preciso. Il prodotto offerto dalla compagnia Microscape, fondata da due architetti di New York esattamente un anno fa risponde a una domanda che nessuno forse si era mai posto in precedenza: esiste un mercato per le mini-megalopoli, che puoi mettere assieme sopra al tavolo di casa mediante l’uso di una serie di segmenti modulari? Con un roboante “SI” vista la quantità di fondi fin qui raccolti dal grande pubblico del web: 103.000 dollari al lancio della prima serie, dedicata all’iconica isola di Manhattan (senza considerare gli acquisti della versione prodotta in serie) e altri 54.000 per la seconda, che ha spostato la testina della stampante 3D nel regno concettuale della città ventosa sulle sponde del lago Michigan, Chicago.
Il terzo luogo più densamente popolato degli Stati Uniti, dopo New York e Los Angeles. Un centro abitato con la stessa quantità di abitanti nella sua area metropolitana della città di Roma, ma tutti concentrati in un’area decisamente più ristretta, grazie all’impiego di quella struttura tanto cara all’architettura statunitense: il grattacielo. E ne ha di grandi, e celebri, questa vera e propria capitale mancata: la Willis Tower, che tanto spesso abbiamo osservato svettare sopra l’aeroporto sull’isola artificiale di Meigs Field, scenario prototipico dell’eterno software Flight Simulator per PC; la Trump Tower, ormai celebre per l’associazione, non sempre lusinghiera, con l’attuale presidente degli Stati Uniti; gli Aon, John Hancock, Franklin Center…. Ogni nome una storia, ogni forma, una quantità di spunti d’analisi offerti alla mente che implora di essere distratta, anche soltanto per i pochi cruciali secondi prima di mettersi al lavoro. L’aspetto più intrigante di questa serie di modellini, definiti con lo stesso nome della compagnia produttrice (scelta tipica, di questi tempi) è la loro estrema precisione. Microscape, nelle persone di William Ngo e Alan Silverman, ha infatti concepito il suo progetto fin dal primo momento sulla base di una procedura molto importante nel campo delle rilevazioni urbanistiche e topografiche, la fotogrammetria aerea. Ovvero quella serie di procedure risalenti all’epoca analogica, ma che hanno trovato un’ampia diffusione soprattutto con l’introduzione dei programmi di grafica computerizzata, mirate ad effettuare misurazioni sulla base dell’immagine a due dimensioni. Il principio è semplice, in linea di principio: si prende l’ampiezza di un segmento già noto, in questo caso, ad esempio, la larghezza di una strada. E lo si riporta in qualsiasi altro punto dell’immagine, ottenendo in questo modo le precise proporzioni di ogni oggetto o spazio raffigurato. La procedura in se richiede ovviamente tutta una serie di accorgimenti specifici, dovendo tenere conto delle variazioni prospettiche, dei movimenti dell’aeromobile da cui si effettua il rilevamento e possibilmente, il confronto con i dati raccolti dal dispositivo GPS di bordo. Ma va da se che l’applicazione della stessa, possibilmente assieme ai dati relativi alla distanza registrati con l’uso di un apparato di scansione LIDAR, può ricreare un modello tridimensionale dello spazio sorvolato mostruosamente preciso…
Il che, sostanzialmente, era proprio l’effetto desiderato dai produttori della serie Microscape. Che sarebbe nata, secondo quanto riportato sul sito ufficiale, a seguito del fascino chiaramente dimostrato da tutti coloro che visitavano lo studio dei due architetti, immancabilmente colpiti dai plastici che costoro realizzavano, volta per volta, a sostegno dei loro diversi progetti di natura urbanistica ed edilizia. Le diverse “mattonelle” appartenenti alla prima o seconda serie, dunque, sono state costruite sulla serie di una misurazione precisa, benché occasionalmente reinterpretata ed adattata per dare maggiore evidenza ad elementi considerati importanti nei singoli edifici. In questo, dunque, non manca l’intervento dell’occhio e della mano (pardon…Mouse?) dell’artista, che soltanto dopo aver lavorato per molte ore su questo o quel modello, l’ha dichiarato pronto per la lavorazione mediante l’impiego di stampante 3D. Il procedimento costruttivo dei modellini in effetti, benché gli autori non svelino comprensibilmente i loro segreti d’ufficio, sembrerebbe secondo i commenti online rientrare nella categoria della modellazione a deposizione fusa (in inglese, FDM) che permette di creare il soggetto mediante lo srotolamento di una bobina di materiale plastico che viene progressivamente plasmata dalla macchina. Questo approccio, decisamente più lento e costoso rispetto all’uso di uno stampo (injection moulding) fornisce tuttavia una prodotto non soltanto più definito, ma nel quale possono figurare anche degli spazi vuoti, essenziali per rendere le minuzie di alcuni particolari edifici. Intendiamoci: non è che sia necessario riprodurre ogni singolo portico di un palazzo in scala 1/5.000, nel quale i grattacieli più alti misureranno attorno ai 15 cm appena. Ma sono proprio questi i dettagli che separano un oggetto di pregio dal semplice souvenir, magari acquistato nei negozi per turisti della Grande Mela.
Il concetto di “serie” o “collezione” applicato ai due cicli produttivi dedicati rispettivamente alle città di New York e Chicago è quindi portato fino alle sue più estreme conseguenze. Chi acquista in effetti una delle singole mattonelle, scelte da un catalogo indicizzato che include l’intera zona centrale delle due città, potrà poi espandere il suo modellino dotandosi anche di quelle confinanti, per poi unirle tra loro ricreando l’intero vicinato. Capitalizzando sulla naturale tendenza al collezionismo dei loro potenziali clienti, nel corso delle due campagne di crowd-funding iniziali sono state offerte diverse opzioni di acquisto, con combinazioni quadrate o rettangolari di interi segmenti cittadini. Per quanto concerne Chicago, è stata offerta su Kickstrater addirittura una composizione con tutti i quadranti del progetto, già montati e pronti per trovare posto su una parete, in cui l’acqua del lago Michigan e dei canali cittadini è stata resa grazie all’impiego di un pannello metallico riflettente. Vi lascio immaginare il prezzo di accesso per una simile “ricompensa al finanziamento”, non propriamente popolare. Certo è che posizionare un simile oggetto in verticale, senza alcuna teca trasparente a proteggerlo dalla polvere, sottintenda un lavoro futuro non propriamente indifferente per mantenerlo candido come al momento della sua fabbricazione. Noi tutti ben conosciamo l’amore della polvere per ogni superficie verticale. E non sarà propriamente semplicissimo, inserire un piumino gli angusti spazi di Milwaukee Avenue e Wicker Park…
Il progetto Microscapes ad ogni modo, per lo meno idealmente, non dovrà certamente fermarsi qui. Dopo l’espansione, già promessa all’epoca della prima campagna, dalla più famosa città americana alla sua controparte sulle rive dei Grandi Laghi dell’entroterra, l’azienda ha già lanciato lo slogan “i vostri due cents” per cui tutti i partecipanti al secondo finanziamento, molto presto, potranno votare il prossimo soggetto da far riprodurre alle stampanti 3D del dinamico duo creativo. Anche se, osservando la nazionalità dei finanziatori pubblicata dal popolare portale di crowd-sourcing, sembrerebbe che la maggior parte degli acquirenti provenissero in entrambi i casi proprio dal centro abitato rappresentato nei rispettivi casi. Dal che parrebbe emergere un certo grado di campanilismo regionale. Dopo tutto, come dargli torto… Chi non vorrebbe poter acquistare una versione ridotta ai minimi termini del proprio stesso quartiere? Per avere la sensazione di librarsi, come un uccello, al di sopra delle moltitudini addormentate. O sovrastarle minacciosamente, come un pacifico e rosato Godzilla, in attesa del momento adatto a fare la sua prima mossa contro l’inconsapevole umanità.
Per acquisti: entrambe le campagne su Kickstarter sono purtroppo attualmente concluse (1,2) e i modellini di Chicago saranno disponibili al pubblico soltanto a partire dal prossimo aprile.
Per quanto riguarda New York, invece, il prodotto è acquistabile sul sito ufficiale, con un prezzo unitario di 125 dollari a “mattonella”.