Il vento che vi scompiglia i capelli, mentre procedete a filo dell’acqua a una velocità approssimativa di 35 Km/h. Per uno spettatore di passaggio, potrebbe sembrare che state pilotando un normale jetski, il mezzo di trasporto che stanno sempre di più sostituendo le piccole imbarcazioni da diporto. Finché, sull’onda dell’entusiasmo, non fate l’impensabile, tirando a voi con decisione il manubrio: ecco che a partire da quell’attimo, un poco alla volta, iniziate a sollevarvi, mentre gli spruzzi del mare lasciano i vostri fianchi, per trasformarsi nell’approssimazione di una scia d’idrogeno che si estende alle vostre spalle. Il volo è perfettamente stabile, la sensazione di controllo, assoluta. Dopo aver fatto un gran respiro, premete col guanto da motocross il pulsante che si trova in corrispondenza della vostra mano destra. Ed è allora, che inizia l’avvitamento.
È strano come un uomo o una donna possano realizzare, nel corso della propria esistenza, qualcosa di così incredibile da eclissare quasi del tutto i loro traguardi precedenti e, in misura minore, anche quelli successivi. Quando ad aprile del 2016 l’inventore e sportivo francese Franky Zapata salì, come aveva fatto molte altre volte prima di allora, su una piccola piattaforma in grado di sollevarlo dal terreno e dall’acqua, Internet fu scossa da una sorta di brivido trasversale, in grado di trasportare la discussione su milioni di pagine social e blog. Perché per la prima volta, tale dispositivo non era connesso tramite un tubo flessibile al motore di una moto d’acqua, per sollevarsi grazie all’effetto-reazione di un getto rivolto verso il basso, bensì funzionava grazie all’impiego di una turbina elettrica con 10 minuti di autonomia, capace di trasportarlo, teoricamente, fino a 10.000 piedi d’altitudine con una velocità di 150 Km/h. Cifre da far girare letteralmente la testa, e che non avrebbero sfigurato nella dotazione di gadget di un supereroe. Dalle quali non tardarono ad arrivare i problemi e le opportunità: dapprima la proposta di acquisto da parte di un’azienda militare, interessata a fare dell’Hoverboard Air un veicolo da combattimento e perlustrazione, poi ritirata verso dicembre dello stesso anno. Quindi il divieto categorico da parte del governo francese, a marzo del 2017, di sollevarsi da terra mediante l’impiego del rivoluzionario veicolo, pena l’immediato arresto per aver messo in pericolo le persone. Un contrattempo tutt’altro che indifferente, per un inventore etico come lui, che ha sempre fatto un punto d’orgoglio dell’essersi affidato principalmente a fornitori ed aziende di supporto della sua stessa nazionalità. Ma anche l’occasione di tornare a dedicarsi, per qualche tempo, alla stessa classe di veicoli che l’aveva reso ricco e famoso a partire dal 2012, grazie a un successo spropositato nel campo dei resort d’intrattenimento e degli spettacoli sul lungomare: gli idrogetti volanti. Il suo Flyboard (di nuovo quello stile nella nomenclatura) in effetti, è sempre stata una di quelle visioni che non può fare a meno di sollevare il senso dell’empatia umana, generando pressoché istantaneamente il desiderio di andare a provarlo, almeno una singola volta nella vita. Raggiungendo, o persino superando, l’attrazione più tradizionalista del kitesurfing, ovvero la pratica del parapendio velico mentre si viene trainati da un piccolo mezzo a motore. Una diffusione, coadiuvata dalle molte apparizioni televisive inclusa quella del 2013 presso il popolare talent La France a un incroyable talent, che l’ha indotto negli scorsi anni a declinare l’idea in alcune interessanti varianti. Tra cui vanno citati l’Hoverboard (oggi distinto dalla sua versione volante, in realtà più simile al Flyboard) ispirato dalle antologiche tavole da skateboarding del film Ritorno al Futuro e il Jetpack by ZR, di più facile impiego grazie alla configurazione a zaino tenuto in posizione da una pratica cintura di sicurezza a cinque punti d’aggancio. Strumenti in grado di coprire ogni grado possibile di preparazione fisica ed esperienza pregressa, se non che mancava ancora un qualcosa che potesse rispondere ad uno dei bisogni primari di tutti coloro che cercano l’adrenalina: andare (ragionevolmente) veloci. Ed è stato proprio ragionando su una simile questione, che si è profilata l’occasione di lasciar sbocciare la nuova idea.
Il Flyride, come ha deciso di chiamarlo in maniera piuttosto descrittiva l’ex-campione di moto d’acqua, rappresenta l’unione di quanto messo in pratica fino a questo momento, per creare un modo nuovo e decisamente accessibile di fluttuare nell’aria compiendo memorabili evoluzioni. Il principale punto di stacco con le alternative precedenti, assai probabilmente preso in prestito dallo stesso epocale Flyboard Air, è la presenza di un qualche tipo di sistema ugelli secondari o controllo indiretto tramite il fly-by-wire, tanto che, come chiaramente vantato nella brochure ufficiale, il veicolo (natante?) risulta in grado di stabilizzarsi da solo grazie all’impiego di un giroscopio incorporato a bordo. Altro fattore determinante, benché non del tutto innovativo del suo metodo presunto d’impiego, è l’inclusione seriale di un telecomando EMK per il controllo remoto della moto d’acqua connessa tramite il lungo tubo, che come nelle altre soluzioni convenzionali della Zapata Racing, dovrà fornire i cavalli necessari a far muovere e divertire il pilota. Questo dispositivo, generalmente venduto a parte per una cifra non propriamente indifferente, viene normalmente tenuto in mano da chi effettua la sessione per permettergli di controllare la quantità d’acqua immessa nel tubo, poi scagliata indietro in quantità sufficiente a contrastare l’effetto costante della forza di gravità, permettendogli un maggior numero di manovre ed evoluzioni. Benché quindi l’alternativa di un “uomo a terra” che manovri i comandi della moto d’acqua sia sempre possibile, e persino consigliata nel caso in cui ai comandi dovesse trovarsi un assoluto principiante, risulterebbe molto difficile raggiungere in tale modo la flessibilità e il divertimento di pilotare semplicemente il Flyride con il movimento della manopola, come fosse un comune mezzo a due ruote. Con il risultato che, effettivamente, il jetski diventerà una sorta di motore a traino, in grado di rallentare ma non fermare la marcia della magnifica motoretta volante. Il che rende una simile esperienza la più “orizzontale” e semovente dell’intero catalogo della Zapata Racing.
Con la consueta attenzione al settore del noleggio consumer, ad ogni modo, Zapata ha previsto diverse modalità impostabili a priori, per evitare che i ragazzi o bambini troppo entusiastici possano mettersi nei guai. Estremamente valida, in tal senso, anche la possibilità di imbarcarsi nell’esperienza come semplici passeggeri, vista la capacità di trasporto incrementata, per la prima volta, a due persone o un peso massimo di 200 Kg. La più intrigante delle innovazioni ad ogni modo, resta la presenza del giroscopio e tutto quello che ne deriva: inclusa l’opportunità di effettuare “evoluzioni automatiche” ovvero nella fattispecie, ogni immaginabile combinazione di avvitamenti. Il Flyboard è stato infatti programmato, come fosse un drone acrobatico, a volteggiare automaticamente su se stesso da un lato o dall’altro, a seguito della pressione dei due tasti posizionati sulle manopole di guida nell’esecuzione della prototipica manovra identificata con l’espressione barrel roll. Roba da fare invidia alle più consumate volpi spaziali del sistema Lylat, a bordo dei loro performanti caccia Arwing.
C’è un entusiasmo, una naturale tendenza alla ricerca di cose nuove, che segna il passo di tutti i veri inventori di questo mondo, connotando ogni loro gesto a vantaggio della comunità. Nelle interviste rilasciate precedentemente, Zapata raccontava di essersi svegliato un giorno alle 4 di mattina, con un’idea in testa che non poteva in alcun modo allontanare dal centro dei suoi pensieri. E di come, lavorando febbrilmente fino all’ora di pranzo, fosse riuscito a mettere insieme un prototipo del suo primo Flyboard con le parti già presenti nella sua officina. Per poi chiamare suo padre, che si mise alla guida della moto d’acqua, mentre lui spiccava il volo effettuando “evoluzioni degne di un delfino”. Fu così che poi ottenne, dal suo sponsor di allora, il permesso di mostrare al mondo l’invenzione dopo la sua partecipazione a un torneo di jetski in Cina, finendo sulle pagine di diversi giornali locali. ll resto, come si dice, o almeno dovrebbe dirsi, è pura e semplice storia di YouTube.
Quale imprenditore, oggi, può fare a meno dell’opportunità offerta da Internet, del poterci mettere la faccia, materialmente parlando, facendosi il miglior portavoce del proprio brand? Così oggi lo troviamo ancora sul suo canale, con lo stesso approccio dei primi tempi, mentre spiega personalmente il funzionamento del sistema di aggancio degli ugelli, oppure il montaggio del controller per il telecomando EMK. E volete sapere come, a mio avviso, potrebbe aver inventato la fluttuante moto che si avvita con un semplice comando delle nostre dita? Probabilmente, ancora una volta, l’avrà sognata. È questo, che dovremmo riuscire a fare sopra ogni altra cosa: ricordarci quello che immaginiamo nelle ore notturne. Lo sanno più o meno tutti, istintivamente: i sogni sono la chiave dell’indomani. E le moto volanti, l’unico mezzo che potrà portarci in anticipo da quelle parti.
E’ in vendita o solo una demo? Quasi quasi un pensiero lo ci si puo fare
Si, la moto è in vendita sul sito ufficiale dell’inventore a questo indirizzo: https://zapata.com/flyboard. Non conosco le modalità di acquisto dall’Italia.