L’arte fluttuante di un foglio di Excel

Una visione estatica, nient’altro che un sogno frutto del pensiero libero, disconnesso dai limiti della coscienza. La cascata di Kegon del parco naturale Nikko, coi suoi magnifici colori autunnali, che fluttua su un fondo bianco ricoperto da una griglia numerata. In alto stanno iniziando a materializzarsi dozzine di foglie, lungo un asse che viene definito A e B. Mentre lungo il corso dei numeri 24 e 25, dinnanzi allo sguardo, si dipana la forma prismatica e scrosciante dell’acqua. Ma è in D-48, inevitabilmente, che la vista tende a focalizzarsi: la dove una foglia d’acero giapponese, situata in senso longitudinale, appare trasportata dal vento. D’un tratto l’oggetto si blocca in posizione: come attratto da una forza magnetica misteriosa, qualcosa vola via dalla sua superficie. Ad uno sguardo più da vicino, si riesce a comprendere di cosa si stratti. È soltanto il cursore del mouse.
Per tutto il tempo della sua carriera tecnica all’interno del settore dell’industria manifatturiera, Tatsuo Horiuchi si era impegnato per mettere tutto se stesso in quello faceva. In una visione del mondo coerente con l’ideale nipponico dell’etica lavorativa, non importa quanto secondaria fosse la sua mansione di giornata, egli vi aveva infuso tutta la sua sapienza frutto dell’esperienza acquisita. C’era sempre stato un settore, tuttavia, che l’aveva eluso: quello dell’informatica applicata. Già perché da queste parti, vige una regola strana: cellulari, tablet, distributori e sportelli automatici, console per videogiochi, saranno anche pressoché onnipresenti, ma il semplice gesto di mettersi di fronte a una tastiera, elaborando i dati attraverso un monitor e un processore, viene considerato un mondo ancora per lo più facoltativo. Come fino a poco tempo fa in Italia, i PC sono letteralmente sconosciuti alla scuola pubblica e il tempo trascorso su Internet viene concettualmente subordinato a quello dedicato ai libri cartacei ed altri metodi tradizionali d’apprendimento. Figuratevi, dunque, la situazione di un impiegato veterano. Il quale, dopo i lunghi anni dedicati all’azienda, ha acquisito un prestigio che prescinde il suo grado operativo, rendendolo impervio alla necessità di frequentare un qualsivoglia corso di apprendimento. Ma caso vuole che un conto sia la convenzione, ed un altro il senso del dovere individuale. Così lui, fino all’ultimo giorno di lavoro prima del pensionamento (obbligatorio, s’intende) aveva sempre scrutato con interesse i colleghi all’opera, ed in particolare la maniera in cui realizzavano dei colorati grafici all’interno dei fogli di calcolo in Excel. “Questo tipo di mansione, potrei svolgerla anch’io” si ripeteva pensierosamente ogni sera, prima di andare a dormire, con una punta di rimorso per non aver mai approfondito un qualcosa che, purtroppo, non faceva parte del bagaglio innato della sua generazione d’appartenenza. Finché giunto al giorno fatidico del ritiro, non agì come se gli fosse venuta in mente un aforisma sulla falsariga di quello generalmente attribuito all’incisore Hokusai: “Dopo un’intera vita trascorsa nel fare ciò che amo, ho soltanto un rimorso. Se avessi un altro giorno per praticarlo, sono certo che raggiungerei la perfezione!”
Dura la vita, dopo i 77 anni. Tempo libero, preziose ore. Giorni, settimane, mesi. Periodi trascorsi a leggere il giornale, guardare la televisione, visitare mostre d’arte nella vasta città di Tokyo. Finché non si giunge a porsi il quesito: possibile che non ci sia qualcosa di più in questo lungo periodo della terza età? Ed allora, il Sig. Horiuchi fece l’impensabile: varcata la soglia di un negozio d’elettronica, acquistò un PC. Lo portò a casa, e con un metodo frutto dei molti anni trascorsi a disegnare ed elaborare progetti, gradualmente iniziò a svelarne i segreti. Così facendo, da autodidatta, gli venne un idea. “Avevo sempre desiderato fare il pittore…” Racconta nelle interviste concesse a diverse testate internazionali:  “Ma il problema era il costo della tempera, dei pennelli e le tele. Sono parsimonioso. Per questo l’arte digitale mi ha subito convinto, con la sua praticità e convenienza.” Sapete cos’altro richiede, tuttavia, un budget decisamente significativo? I programmi di grafica digitale. Lui subito decise, quindi, di fare quello che (forse) avremmo fatto tutti al suo posto: iniziò a disegnare utilizzando Microsoft Excel.

Tatsuo Horiuchi è piuttosto famoso nel suo paese di provenienza, dove ha partecipato anche a diversi programmi Tv. È curioso pensare che se il suo strumento elettivo fosse stato un programma concepito in modo specifico per la grafica, probabilmente non avremmo mai sentito parlare di lui.

È in effetti uno strano mondo, questo, in cui è possibile affermare che un software concepito per mettere insieme tabelle basate su calcoli automatici, può creare immagini migliori, e con meno fatica, di quanto sia possibile con il più specifico MS Paint, l’alternativa integrata in Windows agli assai più sofisticati Illustrator o Photoshop. La situazione, nel suo complesso, non poi così strana: qualsiasi cosa può servire a farne dell’arte. Niente è più semplice, concettualmente, di una penna o una matita. Eppure guardate che cosa riescono a produrne taluni individui! Il punto è che negli anni, il più diffuso abaco virtuale dei tempi moderni si è trasformato progressivamente in una soluzione completa in ogni sua parte per presentare i dati. E non c’è niente di più intrigante, nel corso di una riunione aziendale, che qualche ausilio figurativo alle sequele di numeri senza capo né coda. Fu così che la Microsoft, un bel giorno, decise d’includere la funzione delle authoshapes, forme come quadrati, triangoli, poligoni di vario tipo. Ed è in quel preciso momento, che la storia cambiò. Poiché se posso disporre liberamente una forma, e poi colorarla a mio piacimento, c’è davvero altro che mi serva per rappresentare la natura? Qualsiasi immagine bidimensionale dopo tutto, non è altro che una serie di punti su un foglio. L’avevano certamente capito verso la fine dell’800 i pittori Georges Seurat e Paul Signac. E il Giappone, pur non avendo una sua equivalenza al movimento artistico del pointillismo, in qualche modo deve esserci arrivato, come è vera l’arte moderna di Yayoi Kusama, autrice famosa per le sue opere composte esclusivamente da una sequela di pois colorati.
Mentre Horiuchi, dal canto suo, “dipinge” in Excel. E chi siamo noi per dire che si tratta di un mero fraintendimento? Ha davvero importanza che esistano approcci più rapidi, efficienti, persino soggettivamente migliori nel risultato finale? L’arte non è un campo in cui conti soltanto il risultato finale. Io direi piuttosto, che anche il gesto ha la sua importanza. Difficilmente credo che tra l’altro, molti troverebbero da ridire sui colorati paesaggi sfornati dalle stampanti di grande formato che oggi, dopo lunghi anni di pratica, questo singolare artista ha scelto di usare tra le mura della sua casa (bando alla parsimonia!) Figure che ricordano molto da vicino, soprattutto per l’impiego delle colorazioni sfumate attraverso il semplice comando comune a tutti programmi di grafica, un effetto molto amato nell’epoca Edo (1603-1868) Hiroshighe e il già citato Hokusai. Che impiegarono l’equivalente analogico a mezzo inchisotro durante la realizzazione delle loro immortali xilografie, stampe su legno, con uno spirito probabilmente non dissimile da quello messo in pratica dall’anziano appartenente al mondo dei salarymen: la pratica, soltanto la pratica, può permettere di raggiungere l’eccellenza nell’arte. Soprattutto l’eccellenza nell’arte di Excel!

Dopo essere diventato famoso, Horiuchi ha colto al volo l’opportunità di svolgere una mansione utile per la comunità, iniziando a tenere lezioni di disegno con Excel presso il centro anziani del suo distretto. Chissà che un qualche altro Rembrandt o Michelangelo non si risvegli grazie al suo tardivo insegnamento.

Nei primi tempi della rivoluzione informatica, i dispositivi informatici faticavano a trovare posto negli uffici. Essi apparivano come superflui, costosi e ingombranti. A cosa serve un word processor, quando hai la macchina da scrivere… Vale davvero trasferire i dati contenuti nei propri ponderosi schedari all’interno di un database? E se il computer dovesse guastarsi? Finché nel 1978 Dan Bricklin, imprenditore statunitense, non inventò VisiCalc, il primo foglio di calcolo informatico. Per la prima volta era possibile alterare un singolo dato all’interno di una complessa tabella, per vedere tutti gli altri che cambiavano di conseguenza. In quel preciso momento, la figura professionale del contabile fu completamente trasformata. Difficilmente, tuttavia, in quell’epoca tecnologicamente remota, qualcuno avrebbe immaginato di usare un tale strumento per raffigurare boschi, montagne o fiumi. Poiché questa è la forza espressiva del computer: trasformarsi in strumenti molto diversi, a seconda di chi sia ad utilizzarlo. Esattamente come la katana di un samurai.

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