Se ci venisse chiesto di nominare, tra tutte le innovazioni intercorse in campo tecnico fin dagli albori della società civile, quale sia quella che maggiormente ha influenzato il nostro stile di vita nel contesto urbano, non credo che avremmo particolari esitazioni nell’indicare con gesto sicuro la stanza del WC. Il tempio che ci consente, ogni qual volta se ne presenta la necessità, di elevarci al di sopra delle nostre necessità biologiche, occupando un ambiente completamente privo di contaminazioni di qualunque provenienza, più puro e immacolato di quanto sarebbe disposta ad offrirci la stessa natura. Ma come per la punta dell’iceberg proverbiale, l’oggetto di ceramica verso cui rivolgiamo la nostra ammirazione non è che una minima parte dell’intero sistema, il pistillo di un fiore che getta le sue radici giù, in profondità, oltre lo stesso asfalto che ricopre le strade della nostra quotidianità. In ciò che potrebbe costituire l’apparato circolatorio dello stesso contesto urbano, il corso del fiume sotterraneo e il sentiero di mattoni gialli che conduce fino al fino al mago di Oz. Si tratta certamente di un sistema che offre un certo grado di ridondanza, eppure inevitabilmente condizionato dagli stessi problemi di un vero e proprio essere vivente. Blocchi. Intasamenti. Sarebbe della pura e semplice ingenuità, a tal proposito, porre un limite al vasto ventaglio di guasti che può subire. E fu in corrispondenza di questa presa di coscienza, grosso modo, che i primi ingegneri civili compresero la necessità d’includere nei loro progetti la presenza del tombino. Una via d’accesso, verticale come si trattasse di un camino, verso le viscere sotterranee della questione. Imprescindibile miglioramento il quale, come spesso capita, portò con se ulteriori complicazioni. Chi si sposta in macchina, le conosce particolarmente bene: poiché non particolarmente facile, risulta essere l’inclusione di un coperchio di metallo che sia perfettamente in linea con il manto stradale, ed ancor più problematico diventa mantenere tale stato dopo che si è reso necessario il ripristino dello stesso, tramite l’aggiunta di ulteriori strati di catrame bituminoso. Più e più volte attraverso gli anni, finché il coperchio metallico, raggiunto il punto critico della questione, non finisca per diventare una sorta di tassello concavo, che mette a dura prova le sospensioni dei veicoli e qualche volta, purtroppo, fa cadere i più distratti tra gli utilizzatori delle due ruote. Come dirimere, una volta giunti a questa situazione estrema, una simile questione? C’è un modo soltanto: scavare tutto attorno al pozzo verticale, finché non torni ad affiorare in superficie la condotta, ed effettuare un’ulteriore colata di cemento e asfalto, in asse con la nuova superficie stradale. Operazione che richiede, nella migliore delle ipotesi, almeno un paio di giornate complete di lavoro. Nel corso delle quali è inevitabile che il traffico subisca delle deviazioni. O almeno, questa era la prassi fino all’altro ieri. Lasciate invece che vi presenti Mr. Manolo; pardon, volevo dire Manhole. (Parola inglese che indica, semplicemente, il “buco per le persone” attraverso cui le tartarughe ninja intervenivano sul teatro dell’ennesima malefatta concepita dal malefico clan del Piede)
Un attrezzo specializzato come sanno esserlo soltanto quelli provenienti dal contesto nordamericano, in quegli Stati Uniti in cui è frequente che intere aziende di successo sorgano attorno alla necessità di risolvere un singolo, importante problema. Realtà operative come l’ultima creazione di Michael Crites della Crites Excavating che dalla sua sede presso Lima, in Ohio, si è espanso fino alla vicina cittadina dal nome familiare di Delphos, per iniziare la produzione di un sistema che potremmo definire rivoluzionario, a dir poco. Immaginate: la ditta appaltatrice che arriva sulla scena del misfatto e in pochi minuti, con gesti nati dalla lunga pratica, toglie il coperchio e inizia a lavorare. Quindi la piccola ruspa sollevatrice che viene posta in posizione e in l’applicazione di un dispositivo dall’alto grado di specificità, taglia, solleva e sostituisce. Tempo necessario per portare a termine l’operazione? Poco meno al massimo, di un’ora. Sarebbe difficile non percepire, a questo punto, l’importanza di far conoscere un sistema simile anche ai nostri sindaci e assessori…
Il Mr. Manhole, dal punto di vista concettuale, è un sistema che viene venduto completo in ogni sua parte per sostituire e livellare i tombini. Il cuore del quale è costituito dalla gigantesca sega a tazza, dal peso massimo di poco più di una tonnellata, concepita per essere alimentata dal sistema idraulico del muletto da cantiere. Ne esistono due modelli, dal prezzo notevolmente diverso: un top di gamma a sei lame che prende il nome di Six Shooter (dal tipico revolver a sei colpi dei cowboy) ed una versione entry level con quattro, consigliata per “aziende dal carico di lavoro inferiore” a cui viene invece attribuito l’appellativo di B-52 (la fortezza volante, bombardiere a quattro motori della seconda guerra mondiale). Uno schema di denominazione il quale, sopra ogni altro, lascia trasparire un senso di patriottismo che dev’essere senz’altro funzionale nell’acquisizione di contratti governativi tra i confini del paese dello Zio Sam. La prima parte della procedura, e del kit fornito alle aziende clienti a seguito del corso di preparazione all’uso del dispositivo, è il posizionamento dell’apparato noto come speedplate, una sorta di ganascia all’inverso per la centratura, che allargandosi tramite l’impiego di una leva assicura un bloccaggio più che mai sicuro del colletto cementizio che racchiude il camino d’ingresso verso le fognature. Viene quindi posizionato lo scudo per i detriti, finalizzato ad evitare l’eccessivo disperdersi di polvere e altri materiali durante l’esecuzione del buco. A quel punto, viene fatto avanzare il muletto, con montato sul sistema di sollevamento l’impressionante dispositivo che, più di ogni altro, merita l’attribuzione della nomina di Mr. Manhole. La sega per il carotaggio, o trapano che dir si voglia, ha un aspetto certamente insolito, soprattutto perché i suoi denti taglienti non corrono tutto attorno al bordo della tazza ma si trovano al termine di un numero variabile di estrusioni metalliche, simili a braccia. Questo è il primo colpo di genio nel progetto del dispositivo, poiché gli permette di penetrare più facilmente nel duro asfalto ed oltre la superficie che si trova al di sotto senza l’impiego di copiose quantità d’acqua, con conseguente riduzione ulteriore delle necessità a cui far fronte prima dell’opera di restauro. La seconda innovazione si trova invece proprio nella piastra della speedplate, che grazie all’aggancio di un’asta verticale alla testa del macchinario, verrà quindi impiegata per sollevare via, letteralmente, la parte residua successivamente al taglio dell’area oggetto di rifacimento. È forse proprio questo il passaggio che, più di ogni altro, riduce il carico del fattore umano e i rischi potenziali d’infortuni, permettendo di arrivare a sostituire fino a 15 tombini in un solo giorno, contro un massimo precedente di 0,5; 0,3.
Completata l’estrazione come se si trattasse di un dente malato, tutto quello che dovranno fare gli operai sarà a quel punto riempire lo spazio vuoto con del catrame a livello della strada, avendo cura che questo presenti l’idoneo livello di compattezza e flessibilità. Ragione per cui, generalmente, viene inclusa nella nuova colata anche dell’armatura metallica di forma circolare, per scongiurare la formazione successiva di crepe.
È una curiosa corrispondenza filologica, che la località da cui opera la ditta produttrice di questo miracoloso ausilio alla manutenzione urbana, porti proprio il nome di una celebre località greca, quella Delfi dove aveva sede il più importante oracolo del mondo antico. Quella grande sacerdotessa, la Pizia, che entrando in una trance mistica affine alla disciplina dello sciamanesimo, rivelava a influenti visitatori il metodo per risolvere le più gravose situazioni dei loro governi. Nella sala centrale del tempio greco, prima delle grandi opere d’ingegneria dell’uomo. In una rappresentazione che era puro teatro, più sacro che profano, nel quale non avrebbe certamente sfigurato, nel momento cardine della solenne circostanza, l’intervento di un’entità divina, il miracolo di una statua semovente, la luce di uno specchio pitagorico o altri ausili usati all’epoca per il coinvolgimento dei fedeli.
Qualcosa che anche oggi ci farebbe comodo, per far comprendere agli addetti agli appalti la più lampante, eppure poco chiara delle verità: che non sempre chi dice di saper fare tutto, sa risolvere lo specifico problema all’ordine del giorno. E che a volte la suprema specializzazione operativa, sopratutto nei fornitori di un importante servizio, è sinonimo di un buon lavoro, sebbene ad un costo talvolta superiore. Ma fare le cose una volta sola, e bene, costa sempre meno che doverle fare di nuovo…