Ore 21:40, quando le tenebre della notte iniziano a farsi pesanti, e i predatori che le amano maggiormente si svegliano per trascorrere la propria porzione quotidiana di vita. “Eppure, l’ultima volta che avevo guardato in quel terrario ce n’era soltanto uno!” Sotto la luce tenue della lampada ultravioletta sul mobile del salotto, gli scorpioni brillavano di un colore vagamente azzurrino. Il primo era immobile e sembrava, come di consueto, una strana lampadina dotata di zampe e pedipalpi a tenaglia. L’altro, illuminato di un bagliore più tenue, si agitava all’apparente ricerca di cibo. Oppure, era soltanto nervoso? Ancora una volta, Juan pensò che stava acquisendo meriti in Paradiso. Grazie alla sua disponibilità fuori orario, non richiesta ma certamente apprezzata, ad andare a dare da mangiare agli animaletti di suo fratello Carlos, mentre si trovava all’estero in viaggio di nozze. Creature come il millepiedi africano, che ora sgranocchiava ferocemente una foglia d’insalata perfettamente uguale a quella all’iguana che si trovava in cucina. O il pitone reale di 143 cm, con una stanza tutta per se, a cui aveva dovuto fornire un topo surgelato prelevato dall’apposito surgelatore: “Puoi darglielo subito, Flower sa che deve aspettare qualche ora prima di mettersi a sgranocchiarlo” Aveva detto Carlos. Ma non aveva specificato di avere DUE scorpioni. Questo è veramente troppo, pensò stizzito il fratello minore. “Adesso che cosa dovrei fare, prendere un altro grillo vivo?” Parlando, guardava la telecamera collegata al Wi-Fi che lui stesso aveva consigliato di acquistare, dopo averla individuata a un prezzo ridotto su un sito Web. Ma sapeva fin troppo bene che l’interlocutore, come suo solito, non avrebbe risposto. Probabilmente adesso si trovava in visita al grande palazzo reale di Bangkok, nel mercato cittadino o di fronte al Buddha d’oro del tempio di Wat Pho… Con un sospiro, Juan aprì lo sportello del mobile in legno di quercia ereditato dalla zia Lorena la scorsa estate, per tirare fuori la scatola di scarpe vibrante da cui proveniva un roboante e sempre più intenso ronzio, “Meriti…In el Paraìso” Sussurrò di nuovo tra se e se l’incaricato temporaneo e per sua fortuna non-padrone-di-casa. Mentre sollevava il coperchio e infilava la mano, armato di pinzetta, tra la massa brulicante di Acheta domesticus, i cosiddetti grilli del focolare. Quindi, in un solo fluido movimento, rimise il coperchio e trasferì il malcapitato fino all’apertura superiore dell’habitat trasparente di Serket, la femmina di scorpione imperatore (Pandinus imperator) e… Il suo misterioso, precedentemente sconosciuto compagno. “L’avrà comprato di recente…Chissà.” Poi, con un sospiro, aprì le pinzette.
Quasi subito, gli eventi presero una piega inusuale. La femmina dalla coda arcuata, lunghezza all’incirca 22 cm, non stava infatti reagendo come di consueto. Restando, piuttosto, del tutto immobile nel suo angolino. Mentre il nuovo e meno fluorescente arrivato, appena visibile nell’ambiente scuro dell’ampio soggiorno, prese quasi subito ad agitarsi. Inscenando una danza di guerra che pareva finalizzata ad intimorire l’intruso/delicatezza gastronomica, prima di troncarlo a metà con le sue chele. Agendo quindi d’istinto, Juan aprì di nuovo la scatola, ed introdusse un secondo grillo nel terrario. Ora le cose iniziavano a farsi DECISAMENTE interessanti. I grilli si erano radunati al centro dell’area percorribile, flettendo minacciosamente le loro appendici boccali prima di prepararsi all’ultimo strenuo combattimento. Inspiegabilmente lo scorpione ignoto sollevò i pedipalpi, con fare minaccioso, come fosse un gladiatore nel Colosseo di Roma. Normalmente tutto ciò a cui si ha modo di assistere è un rapido assalto e finisce lì. Fu in quel momento che il telefono squillò, improvvisamente, sulle note di “Bang Bang, he shot me down” di Nancy Sinatra, cantato nel 1966. “Ca..Carlos!?” esclamò sorpreso il fratello, mentre appoggiava le pinzette per mettersi a rispondere a due mani. Se chiamava da tanto lontano, doveva trattarsi di una questione davvero importante?
Aracnidi: gli avventurieri del regno della natura. Il ragno con la sua tela e il veleno (talvolta) letale, stregone del processo architettonico, in grado di catturare creature molto più grandi di lui grazie alla furbizia e la preparazione. Gli urypigi dalla coda a frusta, che puntano sulle loro dimensioni e la rapidità nel ghermire la preda, diretti come guerrieri barbari della Cimmeria. E poi ci sono loro…Gli scorpioni. Forti, si. Veloci, se necessario. Ma sopratutto, furtivi. Abituati a muoversi di notte per non attirare l’attenzione, e capaci di giungere alle spalle del bocconcino selezionato, prima di colpirlo in un solo fluido movimento grazie all’impiego del telson, il pigidio specializzato sull’ultimo segmento della coda. Letteralmente inarrestabili, a meno che… Si renda necessario combattere. Nel qual caso, necessitano della giusta armatura…
“Juan, che diamine stai facendo?” Esclamò senza prendere fiato suo fratello, all’altro capo della costosa connessione satellitare tra cellulari: “Togli immediatamente quei grilli!” Gli interrogativi presero ad affollarsi nella sua mente, mentre lasciava cadere il dispositivo sul divano prima di afferrare nuovamente le pinze. Per una mera deformazione professionale, era abituato ad eseguire le direttive di chi ne capiva palesemente più di lui. Fu allora che, raggiungendo la momentanea illuminazione della Conoscenza, capì esattamente che cosa stava succedendo. E quanto si fosse sbagliato nella sua prima valutazione delle circostanzi correnti.
Il Pandinus, che non ha nessuna relazione con l’automobile più popolare mai commercializzata dall’azienda nostra Fiat, è uno scorpione che abita prevalentemente le foreste pluviali dell’Africa meridionale, ragione per cui mantenerlo in buona salute non è poi così semplice come molti tenderebbero a pensare. Poiché occorre il giusto grado di temperatura ed umidità, fornito da un’apposita ciotola tenuta all’interno dell’habitat, possibilmente fornito di numerosi nascondigli e un terreno scavabile per la sua scorpionesca tranquillità. Ma quante soddisfazioni, per un lavoro ben fatto! Prima fra tutte quella di vederlo crescere, giorno dopo giorno, finché la corazza di cui è dotato non potrà più in alcun modo riuscire a contenerlo. Ed è proprio allora, partendo dal fondo, che lui/lei dovrà farla a pezzi, per ricostruire la propria essenza dalla A alla Z. In altri termini, dovrà fare la muta, più volte fino all’età adulta. Il quale momento, costituisce una condizione piuttosto delicata nella vita dell’aracnide, durante le quali, non importa quanto siano diverse le dimensioni, può lui stesso trasformarsi in una preda! Tutto questo pensò rapidamente Juan, mentre scansava di lato quella che credeva essere Serkert, ma era sempre stato nient’altro che il suo involucro esterno, ormai privo di vita o qualsivoglia significato. Con un rapido movimento del polso, agguantò quindi il primo dei due grilli. Proprio mentre vedeva il secondo, inorgoglito dall’attimo di incertezza della sua nemesi, che balzava sulla schiena del grosso scorpione. “Non c’è… Più… Tempo!” Esclamò Juan, mentre con una smorfia, afferrava il grillo tra le il pollice e l’indice della mano sinistra. Nel farlo, tuttavia, commise un gravissimo errore. Appoggiando il dorso della mano contro il pigidio dello scorpione, che l’animale, proprio in quel momento, stava cercando d’infiggere nell’addome del nemico. Così che, a ritrovarsi punto non fu più quello, ma il malcapitato umano. “Juan! Juan!” Si udiva la voce distante, proveniente dall’altoparlante del cellulare. Ma lui stava già svenendo per l’improvviso dolore, mentre accidentalmente spingeva la scatola dei grilli oltre il bordo più estremo del divano.
“Juan! Juan!” Continuò la voce nella sua testa: “Non stai per morire, non preoccuparti!” Istintivamente, lui pensò che l’angelo stesse dicendo la verità. Perché si diceva che nell’ultimo momento dell’esistenza, la propria vita dovesse ricomparirti di fronte agli occhi come se si trattasse di un film. Mentre lui, inspiegabilmente, stava rivivendo la vita dello scorpione. A partire dal momento, svariati anni fa, in cui esso era stato prelevato dal sottobosco confinante con la savana, prima di essere introdotto nella gabbietta finalizzata alla commercializzazione internazionale. A tal punto sono effettivamente popolari questi aracnidi, per la loro indole docile nonostante l’aspetto impressionante, che il CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora) ha dovuto inserirle tra l’elenco delle specie più severamente regolamentate, nonostante non siano in alcun modo rari o prossimi all’estinzione. L’industria cinematografica in modo particolare li ha sempre amati, particolarmente nei film dell’orrore o di avventura sulla falsariga de La Mummia, in cui vengono presentati come velenosissimi e assolutamente letali. Niente di più lontano dalla verità <phew!> considerata la cognizione popolare, per lo più corretta, che più sono grandi i pedipalpi (le “chele”) tanto meno lo scorpione è stato concepito dall’evoluzione per fare affidamento sulle armi chimiche al fine di procurarsi uno snack, preferendo piuttosto contare sulla mera forza bruta di cui Madre Natura l’ha dotato. Ciò detto, allo stato selvatico si tratta comunque di feroci predatori, in grado di ghermire, tra le altre cose, anche lucertole, piccoli di uccelli nel loro nido o topi dai tempi di reazione particolarmente rallentati. Una volta afferrata la preda dunque, il Pandinus inietta comunque il suo veleno paralizzante, per sicurezza, prima di iniziare a secernere la sua speciale saliva liquefacente, per suggerne il nutritivo contenuto. Tutti gli scorpioni sono infatti privi di un vero e proprio apparato digerente, facendo piuttosto affidamento su questo particolare artificio per poter metabolizzare il pasto. Il che costituisce una delle ragioni per cui possiedono un metabolismo così straordinariamente rallentato, che può permettergli di nutrirsi anche meno di una volta al mese. In cattività è tra l’altro consigliato dargli da mangiare piuttosto raramente, proprio perché una crescita più rallentata può prolungare la loro vita fino a un periodo di 8-9 anni. Praticamente, abbastanza per diventare un membro di qualsiasi famiglia.
Aprendo lentamente gli occhi, l’addetto alla nutrizione temporanea prese subito a massaggiarsi la mano sinistra, sdraiato sul pavimento. Il dolore era intenso, ma localizzato. Più o meno come una puntura di vespa. Lievemente perplesso, si chiese come mai continuava a sentire questa voce insistente nelle orecchie, che lo chiamava: “Juan, Juan, Juan” Finché non si rese conto, in effetti, che il suono udito dalle sue orecchie era più una specie di “Cri, Cri, Cri” Finalmente aprì gli occhi, scrutando dritto nell’obiettivo della telecamera Wi-Fi. Ai margini del suo campo visivo, numerose forme scure si agitavano nell’aria tersa della stanza dall’umidità controllata. “Gri…Grilli?” In quel momento, la porta della cucina si socchiuse lentamente. Era Stephan l’iguana, richiamata dall’imprevisto rumore. Con un’espressione indecifrabile, il lucertolone aprì la bocca a mostrare la lingua rosa. “È di nuovo l’ora di cena?” Sembrava chiedersi, silenziosamente beata.