La sottile membrana tra l’esistenza e la non-esistenza si aprì, con un cigolìo determinato da anni d’incuria e non utilizzo. La maniglia bronzea del tipo rotante in senso antiorario sembrava più adatta alla porta di una stanza da letto che alla struttura di una piccola dependance, esposta quotidianamente alla furia degli elementi. Dall’interno del suo scafandro, l’esploratore ricordò quante volta aveva assistito a una simile scena. I soldati in equipaggiamento completo del film, e poi telefilm Stargate, pronti a combattere contro forze aliene mai neppure immaginate prima di quel momento. Gli operatori della simil-installazione Montauk tra le foreste del ben più recente Stranger Things, alle prese con il mostruoso regno del Sotto-Sopra. Nathan Drake nella serie ludica Uncharted, che fa rotolare da parte la porta di pietra prima di penetrare nell’ennesima versione di El Dorado o magnifica terra di Shangri-La. Ma così come non può esserci guadagno senza un certo grado di rischio, la realizzazione individuale è impossibile, senza la sofferenza. Allora con braccia aperte ad accoglierla, e un’espressione dura sul volto, egli ha varcato la soglia, determinato a osservare la Sofferenza che si alzava da terra, avvolgendolo col chiaro intento di soffocarlo.
Tutto è iniziato con un fantastico e inusuale rigoglio degli orti vegetali antistanti. I primi a sparire sono stati i dermatteri, anche detti le forbicine, subito seguiti dai vermi del legno, gli afidi e le altre creature fitofaghe nascoste sotto la corteccia degli alberi. Quindi se ne sono andati i bruchi, letteralmente sublimati nell’aria, con un senso di gratitudine diffuso tra gli agricoltori. Nessuno voleva porsi il problema, finché non hanno iniziato a scappare i bambini. Era l’usanza, qui a Patterson in Louisiana, come nel resto degli Stati Uniti, dire che quel particolare insetto non serve a nulla: la yellowjacket, o vespa dal dorso giallo. Un’entità (Vespula maculifrons) o gruppo di entità (aggiungere V. Squamosa e V. pensylvanica) nettamente distinte per il senso comune di questa nazione, rispetto ai calabroni o la Polistes dominula, vespa della carta europea. Intendiamoci, non che uno di noi, per strada, riuscirebbe a riconoscere l’una dalle altre. L’unica differenza esteriore del singolo insetto è infatti relativa alla disposizione delle macchie gialle e nere della loro livrea aposematica, quel giallo e nero concepito per spaventare i predatori. Ma chiunque noterebbe, dopo un certo tempo, la loro fantastica voracità. La differenza chiave tra l’una e l’altra genìa si rintraccia soprattutto nel loro senso di aggregazione comportamentale, che porta le vespe in questione, piuttosto che a costruire una pluralità di piccoli nidi all’interno del territorio da qualche dozzina d’esemplari ciascuno, verso l’urbanizzazione pesante di una vera e propria giganteggiante comunità. Migliaia, o persino decine di migliaia di individui, abituati a scavare per circa un metro in profondità del suolo, prima di iniziare a costruire i loro condomini segreti da difendere strenuamente col pungiglione. O ancora meglio, intenti a trovare un attico, un controsoffitto, una cantina abbandonata dove iniziare la propria nuova storia residenziale. Dodicimila cuori e una… Capanna. Immaginate dunque la prima reazione del proprietario responsabile di questo ambiente, quando alle reiterate segnalazioni dei vicini, ha finalmente deciso di recarsi in prossimità del vecchio ripostiglio, costruito sul proprio terreno secoli fa, per aprire lentamente la porta e vedere, come in un sogno, la spaventosa nube ronzante della Fine.
Nessuno vorrebbe affrontare un cane rabbioso, un lupo, un’orsa coi cuccioli determinata ad annientare la sagoma che si pone su suo cammino. Ma la realtà è che qualsiasi animale più o meno selvatico, per quanto arrabbiato, può in qualche modo essere tenuto a distanza se non addirittura sconfitto con l’uso di armi adeguate. Mentre non puoi difenderti attivamente da uno sciame. L’unica speranza è rendere più spessa la tua pelle, e candida e impenetrabile, grazie all’uso di una tuta protettiva dotata di casco integrale, guanti e calzature assicurate con generose dosi di nastro adesivo. E sarà meglio assicurarti che la tenuta sia sicura come quella di una tuta antiradiazioni, la cui funzione è assicurare all’operatore un’esistenza continuativa fino al giorno di domani. Perché in effetti, anche in questo caso, è davvero così. Lo dimostra, col suo coraggio e spirito del dovere, il “bug man” locale Jude Verret subito chiamato sulla scena, anche noto professionalmente col nome di STINGER Creations, che non è la boutique di un artista moderno, ma un allevamento di api e piccola casa produttrice di miele. Prodotto di API, non VESPE, s’intende. È da sempre difficile, tuttavia, capire per l’uomo comune la straordinariamente sottile differenza. Così quando si chiama l’esperto, ci si aspetta che risolva il problema, comunque. Negli anni, Jude ci si è abituato. Ha persino deciso di farne uno spettacolo, grazie all’impiego della sua telecamera portatile GoPro. Vespe permettendo…
È un’epopea in tre parti, questa, che culmina con la scena di lui che stanco, si sdraia accanto al cumulo di materiali oggetto del suo inusistato sgombero, tra cui scatoloni, appendipanni e un pallone da basket. Ciascun oggetto ricoperto, immancabilmente, da schiere di celle all’interno di cui capeggiano le uova biancastre, il segno d’ulteriori e ancor più prolifiche generazioni. Dovete sapere, a tal proposito, che la maggior parte delle vespe yellowjacket americane costruiscono tutto questo soltanto per il tempo di un’estate. Al termine della quale, tutte le operaie muoiono, e buona parte dei maschi e delle regine, fatta eccezione per alcuni individui appartenenti ai due gruppi che si sono saputi dimostrare i più forti, monopolizzando il cibo a disposizione all’interno della ronzante colonia. Superata quindi la stagione fredda, avrà luogo di nuovo l’accoppiamento, per cominciare da capo l’incontenibile e talvolta pericolosa infestazione. Può tuttavia succedere, in condizioni climatiche particolarmente favorevoli, come quelle dell’estremo sud del territorio degli Stati Uniti, che il nido riparato dalle intemperie semplicemente superi il problema della senescenza. Ed allora, cosa credete che succeda al ritorno dei figliol prodighi dalla lunga epoca del letargo? Se non una crescita destinata a farsi esponenziale col passare dei giorni… Nel vespaio d’altronde, contrariamente a quanto avviene negli alveari, manca del tutto la percezione dell’unicità della sovrana, con conseguente annientamento di altre ipotetiche intruse. E in questo particolare regno degli imenotteri, l’uniformità genetica è considerata un bonus, piuttosto che la condicio sine qua non, il che porta a non pochi vantaggi in ambito riproduttivo, ma anche qualche problema. Vedi l’abitudine, della precedentemente citata Vespula squamosa, di costruire il proprio nido tutto attorno a quello di un’altra specie di yellowjacket, mirando a sostituire progressivamente l’interezza delle uova precedentemente deposte con le proprie, mirando all’incapacità delle sue cugine di riconoscerne l’identità, come invece possono facilmente fare le api o formiche di tutto il mondo.
Finché un giorno la concentrazione di vespe diviene eccessiva e l’uomo, per forza di cose, decide d’intervenire. L’approccio, in un caso come quello di Patterson mostrato nei qui presenti video, è generalmente complesso da portare a compimento. Poiché le norme di sicurezza consuete prevedono il contenimento prima della distruzione, al fine di evitare il diffondersi delle vespe arrabbiate come un morbo, verso le case incolpevoli del vicinato. Mentre l’approccio di Mr Verret risulta essere, se vogliamo, decisamente più diretto al nocciolo del problema. Nient’altro che un pugno assestato in mezzo al groviglio, subito seguito da una febbrile operazione di sgombero ed accatastamento in giardino. La fase d’irrorazione d’insetticidi, che possiamo soltanto presumere benché non venga mostrata su schermo, segue ben presto alla furia vendicativa dell’alto primate, convinto di essere l’unico dominatore di questo pianeta. Nonostante la brulicante biomassa complessiva degli artropodi (peso di tutti gli esemplari viventi) riesca effettivamente a superarci, e di molto. Una cognizione che rende difficile, realmente, definire cosa sia il successo evolutivo di una specie.
La puntura delle vespe appartenenti al gruppo informale delle yellowjackets, presa singolarmente, non risulta essere particolarmente pericolosa. Stiamo parlando effettivamente di una sostanza con un LD50 (dose letale per 50 individui su 100) di circa 3,5 mg per Kg di peso corporeo. Il che significa che, in assenza di allergie latenti, prima di rischiare effettivamente la vita si dovrebbe essere punti per quasi un centinaio di volte. Eppure ogni anno, nei soli Stati Uniti d’America, le vespe causano diverse decine di morti. Questo perché una volta che aggredisce un bersaglio considerato come una minaccia, uno di questi insetti emette un particolare feromone, che incita le sue colleghe a fare immediatamente lo stesso. Per questo le punture multiple sono tutt’altro che rare. Inoltre il pungiglione della vespa, diversamente da quello dell’ape, non si danneggia dopo l’utilizzo contro la pelle umana, causando la morte dell’animale. Ciascun esemplare può quindi aggredire la stessa persona più volte, grazie all’impiego di un meccanismo biologico dell’arma che assomiglia a una coppia di arpioni, in grado di penetrare in profondità ma anche tornare al mittente, nel momento di raggrupparsi e colpire ancora. Aggiungete a questo la naturale attrazione delle vespe per gli alimenti particolarmente apprezzati durante i pasti all’aria aperta, come la carne cotta al barbecue o le bevande zuccherine, ed avrete dinnanzi a voi la ricetta per una perfetta infestazione nociva e persino pericolosa.
È per questo che il più delle volte, non si può convivere con le vespe. O noi o loro. Un po’ come avviene con gli alieni dei film di fantascienza, o le creature oniriche che infestano i sogni dei bambini.