Questa è per i ribelli, i fuorilegge, i guerrieri al di fuori degli schemi. Per chi è disposto a tutto, tranne seguire l’ordine prestabilito. Voi che vedete una scatola di costruzioni e piuttosto che cercare le istruzioni, iniziate a chiedervi “Che cosa può fare lei per me?” Come pretende il vero spirito dell’ingegneria… Si armeggia coi mattoncini per molti motivi. Chi ama quella sensazione tattile e cerca soltanto la sfida di assemblare il set, come si trattasse di un comune puzzle bidimensionale. E chi invece non si accontenta davvero, finché non ha esaurito il combustibile nel serbatoio (tank) della creatività. C’è stato un tempo lontano, prima del fortunato sodalizio con il brand multi-generazionale di Star Wars, in cui la compagnia svedese di costruzioni non solo per bambini aveva giurato di fare il possibile per: “…Non essere associata a stili di gioco che glorificano i conflitti o lo spargimento di sangue di alcun tipo, pur riconoscendo la capacità dei bambini di distinguere il gioco dalla realtà.” E in effetti, avete mai visto un jet militare, un elicottero, un carro armato fatto di Lego? Certo che si. È semplicemente impossibile stemperare la metafora del conflitto dall’animo umano, non importa quanto si è giovani e innocenti. Si potrebbe persino affermare… Il contrario. A meno che si stia effettivamente parlando dell’operato del nostro Sariel, celebre esperto polacco che ha associato la sua produzione a una particolare serie di costruzioni cosiddette “per giovani adulti”. Le Lego Technic note per l’ampia selezione di ingranaggi, cremagliere, motorini elettrici e funzionalità avanzate. Come i telecomandi. Difficile, a quel punto, allontanare la propria mente dal proposito di costruire una riproduzione in scala dei propri veicoli preferiti. E caso vuole che a lui, più di ogni altra cosa, piacessero i carri armati.
La visione di questo Mark V che avanza maestoso sul parquet del salotto, superando ostacoli come libri, assi inclinati e fortificazioni occupate dall’agguerrito criceto di casa evoca immagini di un importante momento tecnologico, in cui venne raggiunto probabilmente l’apice della filosofia di sviluppo inglese alla base della nave di terra (la Landship) il veicolo che avrebbe annichilito l’importanza primaria delle trincee nella prima guerra mondiale. Era un’esigenza profonda nata dal senso stesso del conflitto bellico che stava tenendo bloccato il mondo, e che nell’idea dei suoi principali promotori tra cui lo stesso Winston Churchill, all’epoca maggiore al comando degli Ussari di Sua Maestà, doveva cancellare quello spazio invalicabile che era la terra di nessuno, le centinaia o migliaia di metri, che separavano una lunga buca dall’altra, dove vigeva soltanto la regola orribile della mitragliatrice. Fu quindi determinato in terra d’Albione, con largo anticipo sull’offensiva di Somme lungamente progettata da inglesi e francesi contro il dilagante impero tedesco, che tutto quello che serviva era un grosso apparato corazzato semovente che fosse in grado di abbattere il filo spinato, assorbire il volume di fuoco delle armi leggere ed offrire copertura di prima scelta alla fondamentale, benché vulnerabile fanteria. Nonché ovviamente, rispondere al fuoco. La prima epoca del progetto fu portata a compimento grazie all’opera, principalmente, di un comitato guidato dai tenenti Walter Wilson e William Tritton operante nel corso dell’estate del 1915, per cui venne coniato il nome in codice di tank. Fu dopo tutto, la loro prima creazione dal nome di Little Willie, una sorta di contenitore, o per meglio dire una scatola perfettamente squadrata in grado di spostarsi alla vertiginosa velocità di 2 Km orari (escluso il peso dell’armatura, che non fu mai montata). Ben presto ci si rese conto, tuttavia, come un simile approccio al design sarebbe stato del tutto incapace, una volta raggiunta la trincea nemica, di uscirne nuovamente fuori e continuare la propria importante funzione strategica sul campo di battaglia. Prima della fine di quell’anno, dunque, il design originario fu sostituito da una scocca vistosamente romboidale, con i cingoli che risalendo sulla parte frontale gli avrebbero permesso di fare presa in molte impossibili situazioni. Il suo nome era Mother e in effetti, di lì a poco avrebbe dato i natali ad un’ampia serie varianti, di “marchi” numerati dall’uno al dieci, destinati a diventare una vista comune sui campi di battaglia di ciò che restava della terribile grande guerra. Ma nessuno immaginava, realmente, dove si sarebbe arrivati di lì ad appena 25 anni, dopo la duratura, ma instabile e insoddisfacente pace che era stata imposta dai vincitori con il trattato di Versailles.
Il bello dei carri armati costruiti da Sariel non è soltanto la loro interattività, con scomparti apribili, cannoni orientabili e l’impiego sempre possibile del telecomando. Ma anche al loro aderenza al vero aspetto esteriore degli ispiratori storici, ottenuta grazie all’impiego di un alto numero di componenti rari reperiti attraverso il web nel corso di anni ed anni di pratica di questa particolare passione. Proprio per questo, realizzando la vera filosofia alla base del concetto di costruzioni giocattolo, l’autore racconta nella sua FAQ ufficiale di non avere alcun interesse a mantenere costruite persino le sue creazioni migliori, che smonta continuamente per impiegarne i componenti all’interno di nuovi, ed ancor più sofisticati progetti. Sull’ipotesi di vendere i prodotti finiti a terzi, si dice poco propenso data la mole di lavoro e difficile reperibilità di alcun dei componenti, benché poi aggiunga in maniera del tutto responsabile che: “Tutto è possibile dietro il giusto compenso.” Ma al tempo stesso, invita i suoi spettatori a tentare di imitarlo giungendo a risultati il più possibile simili, magari aiutandosi proprio con le linee guida offerte inerentemente dai suoi stessi video. Benché non siano presenti delle reali istruzioni, le quali richiederebbero secondo il suo metodo di lavoro anche più tempo che lo stesso assemblaggio del modellino.
E per quanto concerne i soggetti, bè… Ce n’è davvero per tutti i gusti. A partire dal già mostrato Mark V, completo persino di tronco tattico per salvarsi dai pantani, passando per un fantastico, benché ordinario Tiger I tedesco e fino ai mostruosi giganti corazzati del termine della seconda guerra mondiale, quando l’aumento di potenza dei motori e le esigenze di un campo di battaglia sempre più pericoloso avevano portato le più potenti nazioni della Terra a far avanzare, sul suolo fangoso d’Europa, la concentrazione di metallo temprato più grossa che fosse possibile concentrare in un agglomerato con la tecnologia di allora. Arrivando a delle vere e proprie esagerazioni, come il Panzer Maus (topolino) di cui furono prodotti soltanto due esemplari, mai effettivamente impiegati in battaglia per la loro palese mancanza di senso pratico. Stiamo parlando, dopo tutto, di un carro armato talmente pesante che non esisteva un ponte in grado di sostenerlo ed avrebbe dovuto attraversare i fiumi, nell’idea preliminare di Ferdinand Porsche su esplicita richiesta di Hitler, sfruttando una presa d’aria tubolare che poteva essere sollevata come il periscopio di un sommergibile della marina. Su terreno morbido inoltre, sarebbe stato molto lento a causa della pressione esercitata sul suolo, anche se la corazzatura assolutamente fuori parametro lo avrebbe reso impervio a tutti i carri armati coévi. O meglio, QUASI tutti…
C’è un certo non so che di poetico, nel fatto che il nadir della stella imperfetta del Maus dovesse provenire proprio dal paese all’altro capo dell’Atlantico, per cui la nazione tedesca aveva costituito il nemico bellico, culturale ed economico da ormai più di un’intera generazione. Gli Stati Uniti d’America, dove la soluzione a molti dei problemi della guerra è sempre sembrata essere: “mettici un cannone più grande”. E che soluzione straordinariamente efficace, essa si è dimostrata in più di un momento storico della modernità… Esattamente come minacciava di farlo, assai probabilmente, con un altro super-prototipo dell’ultimo minuto, concepito con lo scopo specifico di annientare gli inespugnabili bunker della linea Siegried che costituivano l’ultimo baluardo tedesco prima della capitolazione. Proprio così: un carro armato concepito per distruggere gli edifici, con il suo poderoso cannone da 105 mm denominato T5E1 . Peccato soltanto che, prima che potessero raggiungere il fronte in questione all’inizio del 1945, i due soli esemplari costruiti fossero destinati a trovarlo già conquistato dall’avanguardia degli alleati, mentre di nuovo, il progetto di trasportarli in Estremo Oriente per contribuire allo sforzo contro il Giappone dovesse venire vanificato, causa l’impiego di una ben più terribile, atomica ed impensabile arma.
Proprio così: la Lego sapeva bene quel che faceva, quando bandiva il tema bellico moderno dalla sua proposta di giocattoli per nuove generazioni, nel tentativo di allontanarle dal senso di esaltazione che possono dare simili terrificanti, magnifici meccanismi. Oggi, che il mondo è di nuovo instabile, ha davvero senso continuare a farlo? Ben presto, se non è già successo, il piccolo Timmy vedrà incedere i mostri cingolati sullo schermo della Tv di casa, nel corso di un “innocuo” telegiornale. E questa volta, lasciando una scia di vera e tragica distruzione. Forse sarebbe meglio, a quel punto, avere gli strumenti e i ricordi per aiutarlo a riconoscere la verità. Che non tutto ciò che è bello, per gli istinti naturali dell’invenzione e la ricerca tecnica, è parte di un campo effettivamente degno di essere celebrato. In tal senso, la dimostrazione di abilità e precisione offerta da artisti come Sariel costituisce un’importante chiave d’accesso alla cultura. Uno stimolo a produrre, e comprendere più a fondo, gli abissi della spietatezza umana. Il sincero divertimento che ne deriva, idealmente, dovrebbe costituire la parte più profonda dell’intera lezione.