Sulle bottiglie di vino provenienti dalla tenuta della Vergenoegd in prossimità di Città del Capo, Sud Africa, è rappresentata la sagoma riconoscibile di un’uccello relativamente inaspettato. La testa tonda, il becco piatto, la coda a punta rivolta verso l’alto. E il corpo disposto in senso stranamente verticale, come se stesse tentando d’imitare una persona. O un pinguino. Poiché Paperino di Walt Disney, si è poi scoperto, non era solamente una fantasia bensì una fedele interpretazione della verità: la postura quasi umana delle anatre corritrici indiane (Indian Runner Ducks) una razza agile, operosa, affidabile, dalle numerose significative qualità. Sufficienti, in se stesse, perché un direttore provi la necessità di onorarle sull’etichetta del suo prodotto, benché qui siamo di fronte a una motivazione più specifica e diretta. Di questi simpatici animali, in effetti, l’azienda ne possiede più di mille, usati quotidianamente per assolvere a due mansioni molto importanti. Primo, intrattenere i visitatori e gli ospiti della tenuta, presso cui l’evento della “parata delle anatre”, fatte passare nel parcheggio e di fronte al ristorante annesso è diventato un celebre momento di svago. E secondo (non per importanza) assicurarsi che tutto sia in ordine presso gli spazi in cui si pratica la monocultura della vite d’uva. Chi non ha bene impresse nella mente, in fondo, le immagini dei greggi d’anatre, spinte innanzi dagli agricoltori di un qualche paese d’Asia verso i pascoli, magari con l’aiuto di uno o più cani, neanche si trattasse di una squadra militare sottoposta alla ferrea disciplina dell’avventura… Mentre qui, in effetti, lo scopo è totalmente diverso: fare del bene all’ambiente che in cambio, non si dimenticherà di noi. O per meglio dire, di loro: Peter Stuart il capo delle operazioni, Denzel Metthys l’allevatore di papere e tutti gli altri dipendenti della Vergenoegd. Qui c’è da fare un gran sospiro, sorridere, scuotere la testa. Ma poi pensarci un attimo, soltanto per stupirsi dell’eccezionale funzionalità dell’idea. Una volta messo in atto il marchingegno, la disinfestazione a mezzo uccello acquatico è un’attività che non ha costi significativi di alcun tipo. È per questo massimamente sostenibile, garantendo inoltre la totale sicurezza dell’ambiente, in assenza di alcun tipo di agente contaminante o potenzialmente nocivo per la salute. Due volte al giorno, mattina e sera, le anatre vengono accompagnate fino ai vigneti, dove si disperdono ed iniziano il loro pattugliamento. Una qui, una lì, si chinano per afferrare un bruco, una lumaca, una cavalletta… Quindi passano alle erbacce, che iniziano a sradicare con magnifico trasporto divorandone anche i semi. Se non fosse impossibile, sembrerebbe quasi che le anatre abbiano un piano comune, l’intento profondamente sentito di guadagnarsi un posto tra i loro padroni umani. Portata a termine l’operazione di rastrellatura, torneranno verso il basso edificio deputato ad ospitarle, ma non prima di aver lasciato sul terreno una cospicua quantità di guano. Quello stesso prodotto degli uccelli che fino al secolo scorso veniva definito il “concime dei miracoli” per la sua straordinaria capacità di offrire le sostanze nutritive alle piante.
Secondo la cronologia ufficiale e le altre informazioni reperibili online, tutto ebbe inizio nel 1820, quando l’allora proprietario della tenuta Johannes Gysbertus Faure, che l’aveva acquistata dal pastore luterano Georg Lochner, fece importare sei di queste anatre come soluzione temporanea per eliminare una parte dei suoi ospiti maggiormente indesiderati. Missione nella quale gli uccelli seppero dimostrarsi talmente efficaci, che in breve tempo l’imprenditore non soltanto fece il possibile affinché producessero una prole, ma iniziò anche ad acquistarne ulteriori ed ingenti quantità. Ben presto la marcia delle papere diventò una stimata pratica presso la sua tenuta, propedeutica a una coltivazione fluida e priva d’incidenti. A quel punto, raffigurare le Indian Runner sull’etichetta del vino era un passaggio praticamente obbligato. Oltre che utile dal punto di vista del marketing: c’è qualcuno a questo mondo che non ama, almeno in linea di principio, le abitatrici starnazzanti dei laghetti di mezzo mondo?
Le corritrici indiane, come razza, presentano diverse caratteristiche che le renderebbero inadatte alla vita selvatica, come del resto molte altre delle varietà ricavate nei secoli a partire dal germano reale. Considerate fin dall’inizio come uccelli per la produzione di uova, piuttosto che il consumo della loro carne, esse arrivano a produrne 150-200 annuali, che generalmente depongono così dove capita, senza costruire alcun tipo di nido. Per questo l’allevamento di simili anatre richiede un’attenzione costante, con uno o più addetti che le sorvegliano per la maggior parte del tempo, mettendo in salvo ogni qualvolta gli risulta possibile la loro prossima generazione. Si tratta di anatre dal peso variabile tra 1,4 e 2,3 Kg, piuttosto snelle, e dotate di una caratteristica morfologica decisamente particolare. L’osso che corrisponde al loro bacino è infatti situato più in avanti rispetto alla regione della coda, il che le porta ad assumere la loro particolare postura eretta durante la deambulazione. Ma anche a camminare con un’agilità decisamente superiore, risparmiando così del tempo prezioso prima di raggiungere il proprio luogo di lavoro. Si tratta di animali tenuti in alta considerazione dagli allevatori, per la varietà di colorazioni che possono assumere, la loro natura instancabile ed un’importante valore aggiunto: la quasi totale incapacità di starnazzare. Soltanto la femmina, in effetti, possiede un richiamo e lo usa in maniera piuttosto sporadica, favorendo la serenità di coloro che vivono in prossimità dei vigneti della Vergenoegd. Inoltre per concludere, queste anatre non sanno volare, ulteriore vantaggio non da poco per chi intende praticare il loro allevamento e spostarle quindi da un luogo all’altro in base alla necessità di giornata. Sulla presunta provenienza di tale genìa, in effetti, andrebbero effettuate delle complesse verifiche, visto come molto spesso il termine “indiano” fosse usato durante la fine del Rinascimento e la prima Epica Industriale per riferirsi a qualsiasi cosa proveniente da lontano per mare, e quindi trasportato a terra molto spesso dai celebri india-men, marinai di ventura reclutati nel loro vasto sub-continente ricco di misteri. Non sarebbe d’altra parte la prima volta che la storia dell’allevamento aviario promuove simili fraintendimenti, come già avvenuto nel caso dell’oca africana o la papera moscovita, provenienti in realtà rispettivamente dalla Cina e dal Texas, Stati Uniti.
Come raccontato in diverse interviste dall’addetto alla supervisione del vigneto Denzel Metthys, la convivenza con le anatre è straordinariamente ricca di spunti e momenti memorabili degni di essere raccontati. In modo particolare lui, che ha ricevuto l’imprinting da parte delle sue beniamine e viene ormai considerato alla stregua della mamma di tutte loro, identifica Rocco e Sunny, tirate su in casa, che per questo risultano più espansive con le persone e vengono amate in modo particolare dai visitatori della tenuta. E poi Elvis, l’anatra con un ciuffo sulla testa, strana deviazione genetica che dimostra notevole efficacia nel trasformarla in una vera rock star. Tali e tante simpatie, tuttavia, non dovrebbero farci dimenticare la natura assassina e spietata di questi uccelli, che percorrendo un campo saranno efficaci nel rimuoverne ogni vaga traccia di vita artropode o animale. Se riescono a prenderli, in effetti, le anatre non si fanno problemi neppure nel trangugiare un topo o una talpa; attività che richiede, normalmente, generose quantità d’acqua. Simili uccelli, dopo tutto, non hanno i denti.
In questo mondo assediato dai disastri ecologici, tra sversamenti petroliferi, industrializzazione profonda e buco dell’ozono, ogni piccolo passo in avanti può essere d’aiuto. In tal senso, l’esperienza del vigneto sudafricano è importante perché dimostra che un’altra strada è non soltanto percorribile, ma persino proficua. Un’articolo dell’agenzia AP riporta in effetti un prezzo annuale per l’impiego dei pesticidi convenzionali che si sarebbe aggirato sui 2.400 dollari, contro il solo prezzo di acquisto delle anatre per disporre di un sistema valido a funzionare per molte generazioni a venire. E zero spese, ovviamente, per quanto concerne il mangime: perché mai dovremmo andare incontro alla necessità percepita di ridurre l’efficienza di tante piccole fameliche corritrici… Tutto questo, senza neppure considerare il ritorno d’immagine e la pubblicità acquisita, grazie ad una prassi operativa così memorabile ed affascinante.
Vi siete già convinti? Avete ordinato una papera per il vostro orto, terrazzo, giardino? Di certo, la costituzione di un vero e proprio gregge in situazioni urbane potrebbe essere decisamente più difficile da gestire. Ed il traffico tenderà a risentirne. Ma sarete ben presto i più popolari con i bambini dell’intero vicinato. Questo almeno, ve lo posso assicurare con assoluta sincerità.