Ci sono molti tipi di morte, ad attendere il bagnante sfortunato che decida un giorno di lasciare la prudenza a riva. Squali, grouper, barracuda. Meduse, murene, razze con il rostro penetrante. Oppure perché no, semplicemente la corrente Atlantica, che in un momento di distrazione può decidere di trasportarti in mezzo ai flutti, lontano da un qualsiasi proposito di salvataggio. Ma c’è un solo caso in cui la triste dipartita, come fonte, possa avere la spontanea ricerca e il desiderio di raccogliere qualcosa di bello. Voglio dire, per la maggior parte del tempo, neppure riuscirai a vederla! Essa risiede sotto la sabbia, con soltanto il suo sifone per succhiare l’acqua e trarne ossigeno, mentre medita sulla natura del suo prossimo assassinio col veleno biologico più letale del pianeta Terra. Ma può succedere talvolta, soprattutto sulle spiagge dei diversi mari tropicali (benché non sia inaudito neanche nel Mediterraneo nostrano) che un’improvvisa ondata di marea la prenda e la sollevi, trasportandola gioiosamente fin laggiù, nel bagnasciuga. Ed allora, si trasforma in un pericolo assai reale: poiché l’intera famiglia delle Conidae, più comunemente dette conchiglie a cono, presenta alcuni dei gusci integrati più esteticamente appaganti, geometricamente simmetrici e persino variopinti. Peccato che in determinati ambienti, siano dette le conchiglie [della] sigaretta, in quanto è noto come la puntura del loro seducente aculeo, nascosto all’interno di una pratica proboscide direzionabile sulla parte frontale dell’animale, lasci alla vittima un tempo appena sufficiente per fumarsi l’ultima della propria infelice esistenza. Prima che sopraggiunga la paralisi, causata dall’attacco di oltre un centinaio di diverse tossine a base di peptidi, capaci di annullare totalmente gli impulsi di controllo e comunicazione del sistema nervoso umano, con conseguente arresto cardiaco e/o soffocamento.
Ed è profondamente diabolico, questo mollusco, perché sembra sapere di possedere la più vasta selezione di veleni dell’ambiente subacqueo, e li miscela attentamente in base alla specifica specie di appartenenza, al bersaglio della sua furia e il vezzo del momento, affinché ci sia del tutto impossibile elaborare un possibile siero. Sostanzialmente, nel tentativo di soccorrere qualcuno colpito dalla sua arma formidabile e letale, tutto quello che resta da fare è tenerlo sollevato, liberargli le vie aeree e sperare che la crisi passi prima del sopraggiungere dell’ultimo respiro. Esistono almeno 30 casi documentati di decessi dovuti alla puntura di una di queste conchiglie, quasi tutti connessi a una specie in particolare: il Conus geographus dell’Oceano Pacifico (geografico perché la sua livrea assomiglia ad una mappa del mondo) piuttosto diffuso sulle assolate coste delle Filippine e dell’Australia. Lungo in media 15 cm, esso costituisce una delle conchiglie a cono più relativamente grandi all’interno della loro categoria, come del resto le altre che mangiano pesce e sono in grado di nuocere gravemente all’uomo. Esiste nel frattempo una seconda varietà, anch’essa carnivora ma evolutasi principalmente per nutrirsi di molluschi e vermi dei fondali, la cui puntura non è generalmente più grave di quella di una vespa. Ed è proprio questo bisogno biologico di nutrirsi di carne, per un animale particolarmente statico come un mollusco dotato di conchiglia, ad aver portato nel tempo allo sviluppo di un’arma tanto micidiale. Nient’altro che, in effetti, una versione modificata della radula, il tipico dente usato dalle lumache di mare per raschiare le alghe dagli scogli, però qui spostato tra possenti muscoli all’interno di un vero e proprio tubo, che potrebbe costituire in senso lato la sua lingua estraibile usata per colpire, e quindi trarre a se la preda. Poiché il dente in questione assomiglia, a tutti gli effetti, all’arpione di una fiocina umana, con tanto di barbiglio ad uncino al fine di restare infisso sotto le scaglie o la pelle del bersaglio di volta in volta selezionato. Ma è pure completamente cavo, e prodotto all’interno di un bulbo velenifero dotato di possente struttura muscolare, la quale una volta individuata la preda (o il predatore) lo proietta innanzi a una velocità di oltre 100 metri al secondo. A questo punto il dente non è più connesso fisicamente al mollusco, ma soltanto tenuto stretto per la sua parte lunga e piatta dalla struttura della proboscide, che ritornando ordinatamente all’interno della bocca, permetterà a quest’ultima di spalancarsi ed iniziare la delicata procedura d’inglobazione.
C’è stata un’epoca, attorno al XVIII e prima metà del XIX secolo, durante cui alcune di queste conchiglie furono considerate probabilmente le più rare e preziose di tutti e sette e i mari. In modo particolare, se appartenevano alla genìa delle Conus gloriamaris, spesso valutata oltre l’equivalente di 1.000 dollari a pezzo, in funzione della loro lucida livrea marezzata. Particolarmente celebre è la leggenda di un collezionista che nel 1792 avrebbe acquistato ad un’asta una di queste conchiglie, soltanto per distruggerla facendo lievitare in modo significativo il prezzo di quella già presente nella sua collezione. Finché all’inizio degli anni ’70 dello scorso secolo, gli avanzamenti tecnologici in materia di esplorazione marittima ed immersioni, non hanno permesso di trovare grandi colonie di questa specie in prossimità delle isole Salomone, rendendole immediatamente i loro principali esportatori. Ed oggi difficilmente una di queste conchiglie può valere più di 100 dollari, benché continui ad essere istintivamente apprezzata per il suo notevole pregio esteriore.
Nonché il pericolo, presumibilmente, affrontato dagli eventuali catturatori di un esemplare vivo. Attività tutt’altro che superflua, quando si considera l’attenzione con cui la scienza medica sta guardando da tempo nella direzione di queste creature, considerate la possibile fonte di numerose sostanze utili in medicina. Nel dicembre del 2004, ad esempio, a partire da alcune tossine prelevate dalle conchiglie della specie Conus magus è stato tratto un antidolorifico 1.000 volte più efficace della morfina, e che tra l’altro non può dare alcun tipo di assuefazione. Altre specie dal canto loro, tra cui lo stesso C. geographus, possiedono lo strumento di un particolare tipo di insulina, liberato nel momento della caccia in una nube tra l’acqua del mare, in grado d’indurre un certo grado di torpore in qualsivoglia pesce di passaggio. Questa sostanza chimica, rispetto all’alternativa usata per il trattamento del diabete negli umani, presenta una struttura chimica più facile da scorporare per i recettori dell’organismo, risultando così in grado di agire nel giro di soli 5 minuti. Ed è proprio per questo, che diversi istituti di ricerca stanno facendo il possibile per riprodurre questa caratteristica, possibilmente all’interno di una varietà chimica più efficace su scala umana. Proposito tutt’altro che semplice, quando si considera che la maggior parte di questi coni sia quasi del tutto impossibile da allevare in cattività.
Le conchiglie a cono presentano generalmente due sessi distinti, che si accoppiano liberando nelle correnti marine il loro materiale biologico nell’approccio al problema noto come fertilizzazione esterna. La femmina depone generalmente 25 capsule delle uova, ciascuna delle quali contiene fino a 1.000 futuri suoi discendenti, benché nei fatti molti di loro periranno nei primi giorni della loro esistenza, come parte del plankton risucchiato da ogni sorta di piccolo e grande animali marino. Il problema principale, nell’allevamento di simili creature, è la loro necessità di cibo molto specifico nei diversi momenti della loro vita, generalmente diverso da quello dell’età adulta. Una volta furiouscite dallo stato veligero, quindi, le larve iniziano a sviluppare la loro conchiglia, fluendo liberamente da tra lo stato vermivoro e quello pescivoro, ed esprimendo una preferenza elettiva per delle particolari specie. Aggiungete a ciò il fatto che grandi quantità di molluschi risultano necessari per la produzione di anche minime quantità di uno specifico farmaco, per comprendere come la futura estinzione di molte di queste specie risulti in effetti, più probabile che il completamento del loro approfondito studio scientifico da parte delle nostre menti più insigni.
Perennemente in agguato con i suoi occhietti posizionati sulla sommità delle antenne, nonché il sifone in grado di annusare la presenza del pasto in arrivo, la lumaca conide non è poi così morfologicamente diversa dalle sue cugine di terra. Tranne che per un piccolo dettaglio: la loro predilezione per il consumo di carne recentemente viva. Il che cambia tutto, naturalmente, poiché come si usa dire: guardatevi dai piccoli quando si arrabbiano. E dalle creature lente, se gli viene fame. Poiché non si sa mai che esse nascondano, all’interno del loro guscio, qualcosa di concettualmente simile al cannone di un carro armato.