Nello studio del ciclo vitale di un insetto, c’è sempre il momento in cui ci si trova di fronte all’affermazione: “Quindi la femmina depone le uova e si ricomincia da capo.” Bruco, farfalla, bruco. Libellula, larva, libellula. Niente può fermare o rallentare il bisogno funzionale di riprodursi né la pulsione a trovare un luogo idoneo a farlo. Ma per noi esseri umani è diverso. Poiché preponderante è in noi la necessità di raggiungere lo stato di benessere, le nostre priorità sono differenti. Piuttosto che preservare, consumiamo, invece che osservare le inviolabili norme della natura, le calpestiamo ricercando metodi per aggirarle. L’essere umano, allo stato attuale dei fatti, ha drammaticamente bisogno di aiuto, principalmente perché ha perso la capacità di occupare un raggio della grande ruota del cosmo. Ma piuttosto pretende di guidare il carro, puntandolo dritto verso il più profondo baratro dell’entropia. E chi potrebbe mai darcelo, se non i nostri amici artropodi, che per secoli interminabili abbiamo scacciato, bruciato, avvelenato ed odiato qualora invasivi, velenosi o sporchi… Eppure sentite a me, senza mai andare incontro ad un fato terribile, come quello che potrebbe aspettarli nelle prossime generazioni. Adesso che chi di dovere ha capito, finalmente, che essi possono essere prevedibili ed efficaci come una macchina che non si guasta mai. Soprattutto quando mangiano la spazzatura.
La mosca soldato nera (Hermetia illucens) diffuso in tutto il mondo nell’area tropicale e sub-tropicale, è un dittero piuttosto atipico, poiché una volta raggiunta l’età adulta non può più mangiare. La sua bocca viene rimpiazzata da una struttura ad uncino, che usa per fuoriuscire dal substrato e spiccare il volo, per un lungo periodo di due settimane durante le quali, salvo particolari sfortune, dovrebbe riuscire a trovare la sua compagna. In funzione principalmente di questo, la forma adulta dell’insetto (imago) non è infestante, né viene naturalmente attratta dalle abitazioni e dagli insediamenti umani. Nel caso in cui dovesse entrarti accidentalmente in casa, poi, non ha i riflessi straordinariamente rapidi delle mosche nostrane, non punge e può essere facilmente raccolta e lanciata fuori da una finestra. Una volta completato l’accoppiamento, quindi, la femmina va in cerca di una certa quantità di materia marcescente, che può essere di origine vegetale o animale, dove deporrà le sue uova. Poco dopo, muore. La sua numerosa prole, una volta emersa nel mondo a distanza di quattro giorni, avrà un aspetto e uno stile di vita molto diverso: piccole larve biancastre simili a vermi, create esclusivamente per mangiare e diventare più grossi, diventare il più grossi possibile nel giro di poco tempo. Chiunque conosca la leggendaria voracità dei pirañha, connessa all’immagine tipica (ma esagerata) della carcassa di mucca gettata nel fiume e fatta sparire nel giro di pochi minuti, ancora non potrà facilmente prevedere la velocità con cui le BSF (Black Soldier Fly) effettuano il loro lavoro di acquisizione e stoccaggio dell’energia. Nel tempo necessario a maturare, un metro quadrato delle loro larve consumerà 15 Kg giornalieri di materiale organico, qualunque sia la sua provenienza. A questo punto, capite di cosa stiamo parlando? Siamo dinnanzi a una risorsa potenzialmente fondamentale per il nostro futuro.
È naturale che nell’attuale scenario della spazzatura prodotta dal consumismo, questo tipo di rifiuti non occupi il primo posto tra le nostre preoccupazioni. Dopo tutto, gli scarti di cibo, le bucce della frutta e gli avanzi sono naturalmente biodegradabili, giusto? Beh, fino ad un certo punto. Benché i microbi presenti nell’atmosfera possano riuscire a scorporare molte di queste cose, in effetti, essi non riusciranno a farlo quando la maleodorante materia si trova pressata contro se stessa in situazione anaerobica all’interno una discarica, dove tenderà a decomporsi in maniera straordinariamente lenta. Generando, conseguentemente, ingenti quantità di gas metano, uno degli agenti più pericolosi nel riscaldamento terrestre. Così per eliminare il pattume ancora ricco di nutrienti, alcuni paesi si sono rivolti storicamente al suino. Ma i maiali richiedono spazio, lavoro ed attenzioni assolutamente non comparabili a quelle di un’ammasso di larve di mosche. E questo senza considerare il nesso finale della questione: alla fine, senza falla, vengono mangiati da noi. E chi vorrebbe mai consumare una carne che ha nutrito se stessa in siffatta maniera… Anche se, cosa forse piuttosto sorprendente, anche le larve di potranno entrare, in maniera indiretta, a fare parte della nostra dieta. Ne è la prova uno studio prototipico messo in atto dalla EAWAG, l’ente svizzero per lo studio e lo sfruttamento dell’acqua, nel distante arcipelago indonesiano…
Puspa Agro è il nome di un grande mercato ortofrutticolo presso la città di Sidoarjo sull’isola di Giava, frequentato da una parte significativa delle circa 193.000 persone che abitano l’insediamento urbano. Il quale, come tutte le installazioni simili in un paese in via di sviluppo, opera con problematiche di tipo logistico niente affatto indifferenti. A partire dal 2014 quindi, tramite accordi di tipo scientifico presi su scala internazionale, l’installazione è stata integrata nel progetto di ricerca FORWARD, condotto dall’EAWAG per mettere a punto un sistema elaborato dal loro dipartimento ambientale, mirato allo sfruttamento delle mosche soldato nere nello smaltimento dei rifiuti. L’iniziativa ha quindi preso la forma di un edificio in situ, destinato allo specifico scopo di allevare l’insetto e far scomparire gli scarti del vicino centro dedicato al commercio degli alimenti di provenienza vegetale. Il che, naturalmente, era niente meno che perfetto allo scopo: l’assenza di carne tra i rifiuti garantiva infatti la lontananza da batteri potenzialmente pericolosi come come l’E.coli o la salmonella, benché sia stato dimostrato precedentemente che le larve di illucens siano in grado di metabolizzarli ed eliminarli letteralmente dalla catena alimentare. Un rischio il quale, ad ogni caso, sarebbe meglio non correre, visto l’uso che viene fatto della parte più significativa delle larve una volta prossime all’età adulta. Quando il verme ha consumato tutta la spazzatura possibile, essendo riuscito a riconvertire il 90% di essa in preziosissime proteine, saprà che è pronto a pupare ed effettuare la sua mirabolante trasformazione.
Ed è a questo punto che l’allevamento di BSF dimostra il suo più luminoso colpo di genio: poiché le larve, per un istinto insito nella loro innata ragione d’esistenza, riemergono naturalmente dalla spazzatura, dirigendosi dritte verso degli appositi secchi di raccolta. Sarà da questi stessi recipienti, dunque, che esse saranno raccolte ed usate per nutrire pesci o pollame, o ancora tritate ed impiegate per produrre mangime in pellet utile per animali domestici di vario tipo. In questa maniera gli insetti serviranno di nuovo ad un nobile scopo, senza quasi nessun costo d’implementazione, alcun tipo di problematica collaterale o problematiche di sostenibilità. Nel frattempo una parte delle mosche vengono lasciate accomodare nella “tenda dell’accoppiamento” e da lì in appositi habitat forniti di strutture note come eggies, dove deporranno le loro uova potendo accedere ad una fonte di cibo di qualità. Soltanto una volta cresciute a sufficienza, le larve verranno trasferite all’interno della vera e propria spazzatura.
I tre capisaldi dell’iniziativa di matrice svizzera quindi, le 3R – Ridurre, Riutilizzare e Riciclare, hanno trovato spazio negli ultimi anni all’interno del sempre più diffuso àmbito dell’allevamento della mosca nera. Il primo a sperimentare la produzione in serie delle larve, con finalità di nutrire i rettili domestici, è stato il Dr. D. Craig Sheppard, attuale presidente dell’Insect Science Resource di Albany, in Georgia. Il suo prodotto, denominato Phoenix Worms, ha quindi fatto ben presto il giro del mondo, dimostrando la semplicità con cui era possibile far riprodurre artificialmente l’insetto, anche senza le conoscenze pregresse di un’intera industria a sostegno dell’idea. Altre aziende, quindi, hanno seguito l’esempio, implementando e registrando un’ampia serie di marchi concorrenti, produttori essenzialmente della stessa identica cosa. Ciò perché nonostante il desiderio molto sentito di talune aziende, non è possibile brevettare un animale. E ciò costituisce, se vogliamo, un’ulteriore attrattiva della soluzione BSF con finalità di smaltimento dei rifiuti.
Viviamo oggi in un’epoca in cui tutto sembra straordinariamente essenziale. Se dovessimo perdere, in futuro, l’opportunità di nutrirci di creature relativamente nobili e sofisticate come gli altri mammiferi, gli uccelli ed i pesci di questa Terra, sembra che l’intero meccanismo sociale debba crollare seduta stante, ripiegandosi su se stesso alla maniera di un lombrico. E gli stessi vegetariani o vegani per scelta, nella loro ricerca di presunta non violenza di matrice talvolta orientalista, necessitano di un apporto costante di pregiate risorse vegetali. Ma se pensiamo a un domani possibile, con l’effetto serra che grava sulle schiene dei nostri eredi, credete davvero che l’insalata produttrice del sempre più rarefatto ossigeno potrà essere tagliata a pezzi e portata nei nostri piatti? Forse…No. Ma c’è qualcosa di cui non avremo mai scarsità: l’innominabile, orribile, maleodorante spazzatura. Frutto della nostra stessa biologia, i cadaveri e gli escrementi. E quando non ci sarà rimasto nient’altro che questo, avremo soltanto il nostro piccolo alleato strisciante per riconvertirlo nuovamente in materia commestibile, un ciclo dopo l’altro di una tale bieca ma interminabile esistenza. A quel punto, l’insetto ci avrà salvato due volte. E se ancora siete pronti a gridare: “Piuttosto che mangiare larve di mosca, preferirei morire!” Beh, allora che ve lo dico a fare: non avete mai avuto abbastanza fame.