La bacca che hackera il sistema dei sapori

“Tu sei uno schiavo, Billy. Nient’altro che uno schiavo, come ogni altra persona vissuta nel secolo della gastronomia. La tua è una prigione dolcissima, fatta di cioccolata, dolci e caramelle.Nessuno può comprendere la vera natura dello zucchero, da solo. Dovrai scoprire con la tua lingua quale sia l’unica alternativa.” A sottolineare perfettamente l’affermazione, un fulmine globulare sbocciò nel cielo, illuminando la grande finestra della sala mensa universitaria. L’interlocutore dal marcato accento russo sorrise brevemente, mettendo in mostra una fila di denti perfettamente bianchi e regolari. Le strisce altrettanto candide della tuta dell’Adidas parvero dilatarsi, mentre estraeva dalla tasche dei pantaloni due piccoli oggetti dalla forma sferoidale. “Non te lo chiederò di nuovo. Pillola azzurra: dimentichi tutto. Domani tornerai da Starbucks per prendere il tuo milkshake “dietetico”, pranzerai da McDonalds e crederai ciò che ti fa più comodo. Fine della storia. Pillola rossa, resti con me nel paese dei sapori. E allora scoprirai davvero, quanto è profonda la gola del Sarchiapone.” Billy fece un mezzo passo avanti, esitante, per guardare cosa avesse effettivamente nel palmo delle mani lo strano individuo, al cui ingresso in scena ogni proposito di prudenza pareva essersi squagliato come un ghiacciolo in un pomeriggio d’agosto. Era sera inoltrata, adesso, e nessuno percorreva le ampie sale della Columbia University, il cui motto era sempre stato: In lumine Tuo videbimus lumen. Ma di luce in questo preciso momento storico, lui lo sapeva, non ce n’era granché. Per quanto concerneva la sinistra, non ebbe alcun dubbio. Quello poteva essere soltanto un mirtillo. In quale maniera il frutto dell’ericacea Vaccinum potesse indurre in lui uno stato di trance tale da trasportarlo indietro nella sua solita realtà, questo non era chiaro. Ma forse era meglio non indagare. Nella mano destra, invece, c’era qualcosa di mai visto prima. Un frutto lievemente oblungo, della dimensione approssimativa di un’oliva, il cui color vermiglio sfolgorava per l’effetto dei riflessi dell’unica fonte di luce soprastante, inesplicabilmente lasciata accesa dall’ultimo dei custodi. Billy dovette ammettere in un primo momento, nonostante la sua prossimità alla laurea in scienze agrarie, di non avere affatto chiara la specie di ciò che stava osservando. Ma poi, gradualmente, gli ritornò alla memoria un vecchio articolo letto sul sito del New York Times, e il video che accompagnava lo strano racconto…
Miracle berry, Miracle berry, esattamente come una “berry” (bacca) ma infusa del “miracle” (sia lode a Te!) di alterare e modificare le percezioni umane. Come sagome stagliate nel fuoco, apparvero nella mente le figure dei convitati, composti dal popolo variegato della Spropositata Mela. Lì un avvocato, ancora in giacca e cravatta, desideroso di cancellare lo stress di una dura giornata in tribunale. Là una possibile casalinga, senza il marito, i lunghi capelli sciolti e un mezzo sorriso sornione, che dimostrava l’intenzione, almeno per questa sera, di sfuggire alla monotonia delle sue giornate passate tra faccende di casa e compiti dei bambini. Studenti, pompieri, vigilesse. E in mezzo alla folla, muovendosi come un fantasma, lui: alias Supreme Commander, l’immodesto governatore del convito, una “festa del trip dei sapori” potenzialmente vietata dalla FDA (Food & Drugs Administration). O per meglio dire dalle sue lobby, le industrie dello zucchero e dei dolcificanti, che attorno agli anni ’70 dello scorso secolo fecero tutto il possibile per insabbiare e rendere indesiderabile la potenziale scoperta del secolo, un metodo per liofilizzare, senza una repentina perdita delle sue speciali caratteristiche, il rosso frutto del Synsepalum dulcificum, sapotacea cespugliosa in grado di crescere facilmente soltanto in alcune regioni riarse dell’Africa occidentale. Il cui uso era diffuso, almeno dal XVIII secolo ma potenzialmente assai prima, alle genti indigene, come documentato dal cartografo e navigatore francese Chevalier des Marchais. Il quale aveva notato, durante i suoi viaggi, le usanze di quell’ensemble di popoli e tribù che era costretta, dalle sconvenienti condizioni ambientali, a nutrirsi di alcuni dei cibi più aspri e insapori al mondo. Se non che, prima di farlo, i suoi esponenti erano soliti masticare la strana bacca, per poi divorare tuberi, radici, frutti parzialmente maturi, come fossero vere delizie degne dei più rinomati gourmand parigini. La cosa, ovviamente, dovette apparirgli improbabile e non sappiamo se mai in effetti, egli abbia avuto il coraggio di provare su di se l’effetto dell’improbabile stupefacente. Ma sarebbero passati altri tre secoli e mezzo, prima che a qualcuno decidesse finalmente di trasportare questa esperienza nel mondo dei semafori e delle cabine telefoniche in via d’estinzione.

La bacca dei miracoli appartiene ad una delle categorie vegetali più difficili da far crescere in cattività. Essa richiede particolari caratteristiche di umidità, pH del suolo e temperatura. I tempi di maturazione risultano essere, inoltre, particolarmente lunghi.

Uno dei molti problemi della bacca del Synsepalum dulcificum è che la sua capacità di rendere dolci le cose aspre, e memorabili le esperienze nutrizionali scarne, risiede all’interno di una proteina detta molto appropriatamente miracolina (MLC) il che limita notevolmente i trattamenti di conservazione a cui può essere sottoposta. Guai a chi congelasse, o cuocesse una di queste bacche: tutto ciò che gli rimarrebbe tra le mani, in effetti, non sarebbe che un acino privo di qualsivoglia misurabile qualità. Inoltre il frutto stesso decade nel giro di appena un paio di giorni dal momento in cui viene colto, rendendo il trasporto a lunghe distanze estremamente difficile e/o costoso. Si tratta inoltre di una sostanza particolarmente complessa, che ancora oggi non può essere sintetizzata. L’unico approccio possibile, dunque, per sperimentare facilmente il suo particolare effetto, risiede nelle diverse marche di pillole, simili a vitamine, in cui risiede qualche grammo della polpa attentamente disidratata del miracolo vegetale in questione. Oppure rivolgersi ad una delle poche, esclusive piantagioni esistenti a settentrione dell’equatore, come quella di Curtis Mozie, agronomo operativo nella zona di Long Island e socio partecipativo, all’epoca, delle strane feste organizzate dal misterioso Supreme Commander sui tetti di New York. La cui realtà di business oggi, è tutt’altro che decaduta, essendo arrivata piuttosto ad evolversi nel completo portale di eCommerce noto col doppio nome di MiracleFruitMan/Dulciberry, si dice in grado di spedire le bacche in tutti gli Stati Uniti dietro lauto compenso e produce una vasta serie di prodotti, inclusi lecca-lecca ed integratori rivolti ai bambini: “Assicuratevi che il piccolo mangi la caramella prima ogni giorno prima del pasto. Quindi, potrete mandarlo a scuola con il cestino del pranzo più salutare che vi riuscirà di concepire, con insalata, agrumi, gallette di riso. Tutto gli sembrerà buonissimo, e non riuscirà ad averne mai abbastanza.” Segue tiritera classica sui rischi dell’obesità, l’epidemia della stessa tra le fasce giovanili statunitense e laude d’ordinanza all’amata e sportiva first lady Michelle Obama, che tanto si proponeva di fare per il benessere delle nuove generazioni di potenziali fast-food victims e/o finanziatori dell’industria dentistica internazionale. Che poi sia riuscita nel suo obiettivo è senz’altro opinabile, ma anche l’immagine, immancabilmente, richiede il suo.
Quale sia, dunque, lo stato normativo vigente della miracle berry è tutt’altro che chiaro. Formalmente essa viene classificata come novel food (cibo curiosità) e non è stato rilevato alcun effetto nocivo sulla salute dell’uomo, benché non siano neppure mai stati portati a termine i test obbligatori previsti dalla normativa della FDA. Da questa parte dell’Atlantico la situazione è ancor più complessa, vista la segnalazione intercorsa in Danimarca per vendita online non autorizzata e successivo sequestro del sito da parte della RASFF, il sistema di allerta rapido della Commissione Europea. In Italia, come nella maggior parte degli altri paesi limitrofi, la vendita di Synsepalum e prodotti derivati non ha mai ricevuto l’autorizzazione, né del resto sembrerebbero esistere leggi dirette espressamente a vietarla. Fatto sta che i principali siti online che ne effettuavano la vendita all’inizio degli anni 2010, attualmente risultano inaccessibili. E lo stesso Amazon, che ha negli USA dispone della versione liofilizzata, si è ben guardata dall’includerla nel catalogo nostrano. In Giappone, nel frattempo, la miracle berry è liberamente venduta ed esistono persino delle catene di ristoranti e pasticcerie che la servono come parte essenziale del loro menù. Il che risulta particolarmente attraente per un target di clientela che desidera ridurre la propria assunzione quotidiana di calorie.

In una valida rappresentazione di uno degli stereotipi più amati da YouTube, un gruppo di bambini viene sottoposto all’esperienza della Miracle Berry. La gioia con cui costoro trangugiano cavoletti di Bruxelles, caffè e caramelle super-aspre ha un che di marcatamente surreale.

Si ma come funziona, esattamente? La miracolina (MLC) contenuta nella polpa del frutto permea durante la consumazione la lingua e il palato, legandosi ai nostri organi di percezione del sapore. Nel momento in cui il loro pH inizia a tendere all’acidità, quindi, si lega ai protoni delle sostanze introdotte, sovraccaricando inerentemente la nostra percezione della dolcezza. A tal punto che il cervello, ricevendo segnali tanto intensi, incrementa notevolmente il senso dell’appetito. Una droga, dunque, in un certo senso. Ma niente di così diverso da ciò che assumiamo quotidianamente nella maniere più diverse, la bianca sostanza estratta dalle canne da zucchero e le barbabietole, una delle più potenti e potenzialmente lesìve sostanze introdotte liberamente nell’organismo umano, che un giorno potrebbe essere vista come il tabacco, l’alcol e altre sostanze “gradevoli ma nocive”. Il nostro organismo infatti, che ama e desidera lo zucchero sopra ogni altra cosa, poiché lo metabolizza nell’età della crescita e trasforma in purissima energia, non è assolutamente in grado di smaltirlo nelle quantità in cui esso è presente nella tipica dieta contemporanea, portando ad un’ampia serie di afflizioni e malattie di vario tipo. A rendere ulteriormente sinistra la situazione, un mondo del marketing e della pubblicità che offre i cibi che ne sono più ricchi ai bambini, vittime inconsapevoli di un giro d’affari dalle proporzioni immisurabili e spropositate. E noi, oggi, che cosa potremmo mai fare… Per eliminare una sostanza che permea ogni cosa, che risulta biologicamente e mentalmente desiderabile, anche quando nociva. Non si può cambiare il “Sistema del Mondo” come diceva qualcuno. Ma è invece possibile alterare la nostra percezione di esso. È per questo fondamentalmente, che il tema delle droghe ricorre in ogni controcultura della storia moderna, a partire dal movimento letterario Cyberpunk e la filosofia hacker che nel tempo, è giunta per dargli una forma fisica ed immanente. Per non parlare della serie di film Matrix, che ne furono il romanzo epico memorabile, sebbene sconclusionato.
Il che potrebbe portarci notevolmente fuori strada. Ecco quello che la Synsepalum, dunque, non è: una sostanza effettivamente psicotropica. Essa agisce, piuttosto, ad un livello meramente meccanico, come un gioco o un trucco, la cui durata si esaurisce nel giro di 30-40 minuti. Giusto il tempo per cui la saliva rimuova ogni traccia residua della miracolina (MLC) dalla bocca del consumatore. Eppure, essa costituisce in determinati contesti il dolcificante finale: la chiave, per pazienti affetti da diabete, persone a dieta o che per qualsivoglia altro motivo non vogliono o non possono assumere zucchero, al mondo del cibo “per bambini” (che poi sarebbe un eufemismo per definire in maniera generica, alcuni dei sapori più facili, gradevoli ed immediati). Qualcuno ricorderà, senz’altro, la lunga trafila fatta verso l’inizio degli anni 2000 attraverso gli enti internazionali per autorizzare il commercio e la lavorazione della Stevia Rebaudiana, altra pianta non-zuccherina che costituisce l’unica vera alternativa naturale all’aspartame. Una soluzione percepita tutt’ora come “alternativa” nonostante sia in effetti, molto più immediata e per di più preferibile a una sostanza denunciata da alcuni studi come potenzialmente tossica o cancerogena, sebbene in maniera mai confermata. Ma mantenere la linea, si sa, è importante. Come del resto risulta esserlo, mantenere lo status quo.

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