Da cui il detto: “Cosa ronza in pentola?” Oppure “Cosa bolle nello sciame?” O l’ancora più classico: “Non senti anche tu uno strano odore?” Certo che lo senti, baby, perché oggi è domenica e si mangia qualche cosa di speciale. Con cronometrica puntualità, come vuole la prassi della fine del mese, sopra le acque del grande Nyanza stamattina si è addensata una pesante foschia. Che non era, tuttavia, in alcun modo statica, bensì organizzata in mistiche volute che s’inseguono l’un l’altra, corroborate da un supremo senso di Caos. Come fossero degli esseri viventi. Perché lo erano davvero, viventi, per molti miliardi, triliardi di volte, nella frequentissima e ormai drammatica stagione del risveglio. C’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui un simile evento avrebbe avuto un’occorrenza rara. Soltanto una volta, oppure due, verso l’inizio della stagione delle piogge, lo sciame avrebbe ricoperto il cielo e poi le case, gli animali, le persone. Invece poi l’inquinamento, giunto assieme alla modernità dell’uomo bianco, ha eliminato dal sistema alcune specie chiave, particolari pesci, piccoli e vulnerabili uccelli, anfibi di vario tipo. Tutte le creature che mangiavano le larve… Delle mosche effimere di lago. E ora… È l’inferno sopra e sotto gli alberi della Rift Valley, in Africa Orientale. Ma sapete che vi dico… La sofferenza è per sua implicita natura, uno stato fondamentalmente passeggero. Così dopo aver dovuto tollerare, per molti mesi ed anni, la sofferenza degli insetti che ti coprono la pelle, ti riempiono i capelli ed ostruiscono le nari… Gli abitanti di un simile luogo hanno scoperto qualche cosa di fondamentale. Una massima senza confini, se vogliamo: “Quando non puoi batterli, mettili in padella. Fanne il tuo tesoro.”
Si tratta di uno di quei video che periodicamente, rispuntano su Internet, lasciandosi dietro un’ampia scia di senso d’incredulità. L’assenza di un commento o di un contesto, la musica orecchiabile, l’assurdità delle scene e della situazione mostrata… Eppure, a ben guardarlo, qui non c’è proprio nulla che possa essere frainteso: ciò che vede l’occhio, ma la mente stenta a elaborare, è un gruppo di allegri bambini africani, armati di pentole e tegami che sono stati appositamente inumiditi. I quali, senza alcun tipo d’esitazione, stanno in piedi in mezzo alla tempesta di creature, agitando a caso l’arma dentro cui esse finiscono per aderire. E in poco tempo, migliaia, milioni di mosche di lago, finiscono nella tela più pericolosa della loro breve e insulsa vita: quella del ragno umano. Per essere immediatamente, con approccio collaudato, prese tutte assieme ed impastate, dagli anziani, in una sorta di cupissima farina. Un fluido denso e nero, fatto delle loro ali, antenne, zampe ed organi residui, poi spalmato con la precisione tipica della Germania. Per creare un vero, gustosissimo (?) piatto degno del McDonald africano. Certo, se avessero avuto la possibilità di possedere mucche. Se ci fossero state galline. Se in qualche modo, la gente che vive sulle coste del lago Victoria potesse avvalersi dell’utile risorsa dell’importazione… Probabilmente, mai nessuno di costoro avrebbe concepito un tale metodo per acquisire proteine. Ma è troppo facile, del resto, liquidare l’intera faccenda come un evidente segno di fame e mera povertà. Gli insetti dopo tutto, in quanto tali, vengono consumati come una vera delizia alimentare in molti paesi del mondo, per lo più tropicali. Lo sapete perché? È soltanto in tali climi, che ce ne sono abbastanza. Nei secoli e millenni, le ragioni della convenienza si trasformano in tabù. Eppure, non c’è proprio niente di diverso, tra una grossa e succulenta cavalletta, e un pregiatissimo gambero da ristorante. Anzi, chi li ha assaggiati tutti e due, afferma addirittura che il sapore si assomigli molto, molto da vicino.
Si tratta unicamente di una questione di circostanze…E semplici opportunità.
Anche da un punto di vista scientifico ed ambientale, l’episodio risulta essere in effetti alquanto interessante. Le mosche di lago effimere o midge flies, come le chiamano negli Stati Uniti (dove pure risultano piuttosto diffuse) costituiscono un’intero gruppo d’insetti che ha risolto in modo molto pratico il problema del breve periodo di vulnerabilità, immediatamente successivo alla fuoriuscita dallo stato di pupa, poco prima dell’accoppiamento e successiva morte, una volta assolto al compito più importante della loro stessa vita. Semplicemente, sfarfallando tutte assieme, in una maniera attentamente calibrata, affinché i predatori uomo incluso, per quanto abili e voraci, non possano semplicemente divorarle tutte quante fino all’ultimo paio di zampe e d’ali. Ma in quanto a provarci, ah! Sapeste. È una vera festa per gli occhi e le papille gustative. Intere specie di uccelli migratori, percependo l’avvicinarsi di quell’attimo fondamentale, pianificano le loro peregrinazioni per sostare nei pressi del lago il giorno della verità. Trote, killifish e tritoni si risvegliano dalle profondità. Mentre piccoli mammiferi fuoriescono dai loro pertugi, mentre i carnivori si apprestano a ghermirli a loro volta, in quell’effetto domino che prende il nome di cascata trofica: io mangio te, che mangi lui, che mangia… In un vortice di vita e morte, sovrastato dal rombo incomparabile di coloro che hanno dato inizio questa danza belluina. La cui natura, a dire il vero, può variare. In origine le mosche del lago Victoria, in effetti, appartenevano prevalentemente alla famiglia dei Chironomidi, riconoscibili per le antenne piumose dei maschi e la colorazione piuttosto vivace tendente al rosso. Mentre in tempi più recenti, le acque sono state invase dalle larve dei Caoboridi, varietà più rara a volte detta delle “mosche fantasma” per la trasparenza pressoché completa delle loro larve, che permane nelle ali degli esemplari adulti. La loro caratteristica dominante ha per di più una precisa funzione evolutiva, relativa al metodo con cui esse traggono nutrimento in preparazione della metamorfosi finale: le loro antenne, infatti, hanno sperimentato un adattamento piuttosto raro nella classe degli insetti, assumendo caratteristiche simili a quelle delle zampe delle mantidi. Così esse scattano, non viste, colpendo insetti meno battaglieri o varie categorie di altri piccoli organismi.
Entrambi i gruppi di specie attestati nella regione degli hamburger di mosche, per fortuna, non sono in grado di pungere, altrimenti credo che la scena della loro entusiastica rinascita avrebbe avuto conseguenze ed un tenore decisamente più preoccupanti.
Sia i Chiromonidi che alcune specie di Caoboridi africani, inoltre, hanno una capacità molto utile nella secchezza dei loro climi di provenienza. Nel caso in cui le acque si ritirino temporaneamente da una zona in cui si trovano le loro larve, queste possono entrare in uno stato di sostanziale ibernazione, lasciando che il loro DNA si frammenti e cristallizzi, per essere successivamente riparato qualora l’umidità vitale dovesse fare il suo ritorno. Ciò gli dona tra l’altro, incidentalmente, la capacità di sopravvivere alle radiazioni, diventando sostanzialmente immuni a qualsivoglia tipo di mutazione genetica fino alla riattivazione dello stato vitale. Apparirà chiaro, a questo punto, che a seguito di un’ipotetica catastrofe o apocalisse in pieno stile guerra-non-più-tanto-fredda, sarebbero proprio loro a sopravvivere, tornare in vita e ripopolare il pianeta. Non c’è proprio niente di ignobile, dunque, in queste creature, e la loro consumazione non dovrebbe suscitare in noi alcun senso di orrore. Specie se preparate con tutti i crismi, secondo le ricette della tradizione…
Tutte le specie di mosche di lago, come dicevamo, sono un importante indicatore ecologico: la loro presenza, o assenza, può dire molto sullo stato della biodiversità di un’intera regione. Dunque in casi estremi come quello del lago Victoria, come potrete facilmente immaginare, il loro messaggio non è affatto positivo. Poiché le mosche, che non sono mai state a rischio d’estinzione, hanno superato di numero in maniera assoluta ogni loro potenziale predatore, e sono ormai da tempo la specie animale dominante dell’intera regione. O poco ci manca. E sarà molto difficile tornare indietro, dopo il raggiungimento di un simile traguardo epocale. Tutto quello che ci resta, a questo punto, è preparare la salsa, e la forchetta o il panino. Molto presto la nostra scelta potrebbe diventare quella tra il mangiarle anche noi… Oppure morire di fame. Una scelta non poi così difficile, tutto considerato!