Voglio dire, è un problema tipico di tutte le scuole. Ci sono insegnanti che sembrano adattarsi, in un primo momento, alle innovazioni che provengono dalla modernità. E permettono di utilizzare in classe tablet, laptop, penne con il riconoscimento calligrafico integrato. Poi qualcuno si porta la Playstation, e all’improvviso…Viene criticato. Assurdo! È impossibile pretendere di avere al mondo dei supereroi, se non gli si permette di far pratica nelle ore perse fra tre mura e una finestra, dinnanzi ad una cattedra mal messa. Se far roteare i pollici è un diritto, allora non vedo proprio perché dovrebbe essere proibito un blocco da 2 Kg e mezzo d’ottone, con i bordi frastagliati e la forma aerodinamica del pipistrello. Incredibile! Quell’arpia della prof. d’inglese me l’ha sequestrato. E adesso tiene nella borsa il mio fondamentale ausilio alla concentrazione roteante. Quando ci sono STUDI, sanciti da vere ISTITUZIONI sull’utilità di tenere occupate le mani mentre si libera il cervello per seguire la lezione. Eppure, di oggetti simili la storia della didattica è letteralmente colma! Si chiamano cappucci della penna, gomme da cancellare, temperamatite… E adesso, vorreste farmi credere che un fidget spinner merita minore considerazione? Soltanto perché è una cosa che si compra, come un “giocattolo”, ed ha un’aspetto più grazioso e in qualche modo divertente… Che male potrebbe mai esserci in tutto questo? E poi, qui si stanno facendo dei favoritismi. Non vedo perché proprio io, soltanto perché ce l’ho leggermente più grande. Quella gorgone è giunta scrivere sul mio diario “COSO vibra in aria il batarang.” Ah, ah, non credetegli. Lei affermerà che il dannato gingillo mi è sfuggito di mano. Per partire come un elicottero e piantarsi nel muro, scardinando l’interruttore della luce. Ma in verità vi dico, quella crepa già c’era. Se la compagna di classe ha gridato, mentre le volava il bianchetto ed andava a frantumarsi in una chiazza contro la lavagna, saranno chiaramente stati dei problemi solamente suoi. Io che non ho colpa, adesso non so più che cosa fare. E batto nervosamente il piede sotto il banco costellato di variopinti chewing-gums. Come, cosa, chi ha parlato?
Sarebbe certamente difficile confermare l’effettiva identità di PressTube, uno degli astri nascenti della nuova cultura dei makers/destroyers del Web, che consiste nel disporre in primo luogo di un’attrezzatissima officina, quindi usarla per fare cose folli sotto l’occhio appassionato della collettività. In questo, lui è un po’ come un cavaliere grigio-scuro, che perlustra Gotham City andando alla costante ricerca di guai. Mentre in effetti la scelta di questa particolare foggia per la sua ultima, riuscita creazione, non è altro che una risposta alle richieste del suo vasto pubblico, così come lo erano state le dozzine di altri loghi, forme e suggestive sagome impiegate in precedenza, con la finalità di dimostrare la maestria nella realizzazione di un processo che in effetti, ben pochi di noi hanno avuto modo di sperimentare in prima persona: la fusione fatta in casa di UN metallo. L’ottone, per essere più precisi, quello ricavato dallo squagliamento di copiose quantità di bossoli (a questo punto sarà chiaro che siamo in Freedom Country, U.S.A.) ricevuti in dono dal vicino poligono di tiro. Roba da mandare in visibilio il visitatore medio di YouTube, alla costante ricerca di quel fluido incomparabile che è l’intrattenimento di seconda mano. Acquisendo il merito necessario a sostituirsi, almeno in parte, a quell’attività che dava il nome al canale, sempre uguale e un po’ derivativa, di schiacciare cose con la pressa industriale. Perché cavalcare l’ultima fad è sempre in linea di principio, assai proficuo, e c’è della notevole soddisfazione, per una volta, nel produrre un qualche cosa di duraturo, invece di distruggere il lavoro d’altri. Così Anthany ha preso il fido pennarello nero Sharpie, e con una precisione che va parecchio oltre l’umano ha tracciato la figura del chirottero sopra il polistirolo. Quini, tra il silenzio collettivo che proviene dal profondo senso di stupore, ha acceso i fuochi dell’invenzione…
Joker, Pinguino, Due Facce, Mr. Frieza, Cell, Majin Buu: nessuno dei cattivi della nostra particolare storia ha mai davvero praticato questo tipo di hobby. Principalmente perché richiede notevoli calma, abilità e precisione. Non propriamente in linea coi valori del tipico super-criminale o essere immaginifico malevolo di vario tipo. In primo luogo, come dicevamo, occorre creare il modello desiderato in un materiale combustibile, che svolga il ruolo della cera nella prassi più tradizionalista di questo settore. L’uso del polistirolo, benché maleodorante in fase di cottura, presenta chiaramente un’ampia serie di vantaggi: perché è solido, facile da tagliare, mantiene bene la forma una volta piazzato nello stampo. Che dovrà essere, come di consueto, costituito da una cassetta in materiale refrattario piena di quel particolare materiale che è la cosiddetta sabbia verde, nient’altro che una miscela di bentonite (argilla) e silicati resa malleabile grazie all’umidità. Qualche volta, è presente anche una piccola percentuale di antracite. Quindi il tutto viene compattato, la forma di polistirolo immersa al suo interno e l’eccesso spazzato via con una paletta. Ma non prima di aver liquefatto, grazie all’estremo calore di una piccola fornace fai-da-te, i succitati bossoli, rimosso le scorie dalla superficie incandescente e quindi preparato il crogiolo. Che adesso, con estrema cura, dovrà essere spostato fino al suo bersaglio, e delicatamente versato in corrispondenza del candido bat-polistirolo. Il quale andrà ben presto a fuoco, lasciando il posto al liquido che in seguito s’indurirà. A questo punto, molti scelgono di aspettare pazientemente il buon esito dell’operazione, ma non lui, non PressuTube/Batman, che a tal fine dispone di un pratico boccione di nitrogeno liquido, prontamente versato per freddare immediatamente il pezzo pronto alla fase successiva della lavorazione. In questa fase, ovviamente, l’oggetto è tutt’altro che perfetto e poi naturalmente, gli mancano i buchi. Il futuro fidget spinner viene a questo punto rifilato, levigato e lucidato, quindi sottoposto al trattamento di un potente trapano a tazza, che ricaverà nell’ottone semi-perfetto le tre aperture, identiche, necessarie ad adattarlo verso la funzionalità sperata. Per altrettanti cuscinetti a sfera, perfetti per farlo roteare con le abili dita. Qui c’è un altro passaggio interessante, che di nuovo si fonda sull’impiego del più freddo fluido a disposizione degli amanti del fai-da-te: per ottenere un fissaggio idoneo dei cuscinetti (e prevenire incidenti come quello tratteggiato in apertura) questi vengono letteralmente fatti restringere, grazie a una copiosa dose di idrogeno. Quindi, una volta posizionati e ritornati a temperatura ambiente, essi si ritroveranno incastonati nell’emblema, senza più alcuna possibilità di fuggir di via. E la cosa sarà finalmente pronta, già…La cosa. Che cosa, esattamente?
Fidget Spinner è un termine che in questi ultimi tempi ha fatto la comparsa sui quotidiani di mezzo mondo, Italia inclusa, con il classico tono accondiscendente degli articolisti inclini all’indagine sociologica dei “tempi odierni” generalmente in associazione ad un qualcosa che non c’entra tantissimo, generando qualche grado di confusione. Sto parlando del Fidget Cube, il prodotto in plastica vinilica nato su Kickstarter a seguito di un “finanziamento pubblico” (in effetti, come di consueto, si tratta di un pre-ordine) per la cifra semplicemente impressionante di 6 milioni e mezzo di dollari. E tutto questo per nient’altro che un oggettino geometrico, pieno di interruttori e pulsanti di vario tipo, concepito per sfogare in modo cool l’ansia, possibilmente disturbando chi si trova intorno a noi. Soltanto che ecco, a voler essere brutalmente sinceri, non c’è assolutamente un minimo collegamento tra le due cose. Poiché il concetto di far roteare qualcosa tra le dita per passare il tempo, in effetti, è decisamente più antico, e trova almeno un’esimia riscoperta formale nel corso degli ultimi vent’anni, ad opera dell’inventrice americana Catherine Hettinger, che aveva creato, per far giocare sua figlia durante un proprio periodo di malattia negli anni ’90, una sorta di sombrero in gomma con una cupola centrale per tenerlo in equilibrio e farlo roteare. Ma di nuovo la connessione con l’aspetto odierno del giocattolo, molto più compatto e portatile, è alquanto tenue, nonostante il tentativo di molti autori di associare l’intera vicenda a quel dramma eternamente ripetuto di un brevetto sfortunatamente lasciato scadere, per mancanza di fondi, con l’idea subito sottratta da quei “soliti cinesi”. Certo, se il progetto di lanciare lo spinner classico con la Hasbro, inizialmente paventato all’epoca, fosse realmente andato in porto, oggi lo scenario degli anti-stress manuali sarebbe decisamente diverso. Ma così a quanto pare non doveva andare, e la nuova campagna lanciata su Kickstarter dalla Hettinger, per produrre finalmente in serie quello che lei chiama il “fidget spinner classico” si presenta con un obiettivo decisamente più realistico di appena 23.990 dollari di fondi necessari al Via.
Il futuro, dunque, resta incerto. E non è chiaro neanche, un domani, quale sia la forma che potrebbe assumere questa pratica valvola di sfogo, pronta all’uso quotidiano nello studio e sul lavoro. Forse piccola e leggera, oppure grande, possente, in grado di gettare lo sconforto dentro al cuore dei nemici della collettività. Di sicuro se dovessi trovarmi in un vicolo, circondato dai criminali, preferirei disporre del prezioso e sfavillante attrezzo roteante del giustiziere mascherato PressTube. Almeno potrei offrirlo loro in dono, lasciandoli immediatamente soddisfatti per tentare di salvaguardare il resto della mia difficile giornata.